Pagate con soldi pubblici per mandare in tilt il clima. Le fonti fossili ricevono 100 dollari di sussidi per ogni tonnellata di CO2
che rilasciano in atmosfera. Nel 2011, ultimo anno di cui si conoscono i
dati, carbone, petrolio e gas hanno ricevuto aiuti di Stato per 523 miliardi di dollari,
a tutte le rinnovabili ne sono andati solo 88. Il dato non è nuovo, ma
vale la pena di ricordarlo periodicamente, visto che nel dibattito
pubblico, specie in quello italiano, sono fotovoltaico, eolico e le
altre fonti pulite ad essere costantemente messe sul banco degli
imputati perché favorite da aiuti pubblici che peserebbero sulla
collettività distorcendo il mercato (si veda il recente attacco al FV sul Corriere della Sera).
A rilanciare la denuncia nei giorni scorsi, intervenendo ad una conferenza sull'eolico a Vienna, è stato Fatih Birol,
capo economista della International Energy Agency, agenzia non certo di
ispirazione ambientalista che però da anni sta predicando
l'eliminazione dei sussidi alle fossili. Mentre il prezzo della CO2 nel sistema ETS in questi giorni ha toccato i minimi storici, arrivando anche sotto i 4 euro,
cioè 5,4 dollari a tonnellata, colpisce molto il calcolo citato da
Birol, per cui quei 523 miliardi si possono tradurre in un sussidio
pubblico assurdo di 110 dollari a tonnellata emessa.
La questione ha infatti dimensioni allarmanti anche nei paesi industrializzati e anche in Italia: come QualEnergia.it ha denunciato di recente, da noi le fonti sporche ricevono 9,11 miliardi di euro di finanziamenti pubblici all'anno.
Aiuti dati in diverse forme: dagli sgravi fiscali ai petrolieri, agli
aiuti al trasporto su gomma, fino ai sussidi alle centrali a fonti
fossili e alle famigerate “assimilate”.
Come
ha sottolineato Birol: “Da una parte i paesi parlano di rinnovabili,
efficienza energetica e cambiamenti climatici, dall'altra sussidiano le
fonti fossili. Finché ci sono questi sussidi non abbiamo possibilità di
raggiungere gli obiettivi sul clima e far sì che le rinnovabili siano competitive con carbone, gas e petrolio, resi artificialmente economici dagli aiuti pubblici”.
Per permettere la transizione energetica necessaria occorre dunque creare un campo di gioco livellato e gestito con regole certe:
non è tanto la non prevedibilità della produzione da fonti come eolico e
fotovoltaico ad ostacolarne lo sviluppo – ha osservato l'economista IEA
– bensì la non prevedibilità delle politiche: “il mio messaggio ai
governi è che se le politiche di supporto fossero prevedibili quanto lo è
il vento la parità sarebbe già vinta”.
Nonostante gli appelli della IEA però c'è poco da essere ottimisti
riguardo all'eliminazione dei sussidi alle fossili: “Prima della
primavera araba in alcuni paesi del Medioriente c'era una certa volontà
di tagliare gli aiuti, ma è venuta a mancare con il seguente rialzo dei
prezzi del barile.”, ha spiegato l'economista rispondendo a domande
della stampa. “Alcuni paesi come Russia e India hanno fatto alcuni
progressi, ma in generale non c'è una grande spinta e non mi aspetto
grandi cambiamenti.”fonte: www.qualenergia.it