Ogm: nessun pericolo di contaminazione in Friuli?

Sono stati presentati lo scorso 11 Ottobre, a Vivaro, i dati scientifici raccolti sul primo campo di mais OGM coltivato in Italia e di proprietà di Silvano Dalla Libera, Vicepresidente di Futuragra, che ha vinto parte della sua battaglia portando a termine la sua prima trebbiatura. 

Dalle analisi svolte dal Professor Maggiore, già Docente Ordinario di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee dell'Università degli Studi di Milano, e dal Professor Defez, ricercatore presso il CNR, sarebbe emerso l'inesistente pericolo di inquinamento da polline per le colture dei campi circostanti.
"I risultati sono interessanti e confermano i valori già rilevati in Italia nel corso di diverse prove sperimentali. Come previsto, gli ibridi OGM non hanno presentato nessuna traccia di attacco di Ostrinia nubilalis, il lepidottero comunemente noto come piralide, che infesta le coltivazioni di mais tradizionale e genera micotossine estremamente tossiche per l'uomo", ha spiegato Maggiore.
Ancora più importante è quanto emerso sulla commistione da fecondazione: oltre i 15 metri dalla fonte di emissione lo studio non avrebbe riscontrato inquinamento da polline. Per il Professor Maggiore questo significa che "per ottenere la coesistenza è sufficiente bordare i campi di mais geneticamente modificato con un massimo di 20 metri di ibridi di mais non OGM, una superficie che va mantenuta anche per evitare di favorire lo sviluppo di resistenze nelle popolazioni di Ostrinia nubilalis. Dai campioni analizzati emerge quindi che non c'è stata commistione da fecondazione con campi di altri produttori". E' davvero così? 
Stefano Masini, responsabile ambiente Coldiretti e coordinatore Task force No Ogm. "Non credo che si possa parlare di analisi vere e proprie. Direi che si tratta, piuttosto, di memorie tecniche da parte di un imputato che dovrebbe essere chiamato a giudizio, visto che coltivare Ogm in Italia è vietato. Le analisi hanno valore solo se sono oggettive e affidate a soggetti terzi. Questa è una perizia di un consulente di parte e non ha alcun valore nel dibattito. Le determinazioni da prendere a riferimento sono i monitoraggi del Corpo Forestale dello Stato, che hanno già parlato di una contaminazione dei campi limitrofi a quelli seminati con mais Mon810. Stiamo recitando in un teatro tutto italiano e manca ancora chi tirerà le fila per riportare lo spettacolo alla realtà, salvaguardando l'ambiente".
Vincenzo Vizioli, Presidente Aiab. "La risposta è semplice: la convivenza tra agricoltura biologica e coltivazioni OGM è impossibile, anche perché il polline non si può fermare. Lo dimostra tutto il mais biologico spagnolo che è stato contaminato ed è andato distrutto. Mi viene spontaneo pensare, in merito alle analisi presentate da Futuragra, che tra i motivi per i quali è possibile o meno trovare una contaminazione c'è anche la contemporaneità di semina. Altro punto da capire è se le analisi siano state condotte anche sulle piante infestanti o meno. In generale, però, anche qualora venisse dimostrato, cosa alquanto improbabile, che la coesistenza sia possibile, resta la necessità di tutelare la biodiversità alimentare e il diritto alla sovranità alimentare".
Giuseppe Politi, Presidente Cia. "Al di là di quanto avvenuto in questi ultimi giorni Friuli e delle conclusioni (che sono tutte da confermare in modo scientifico) cui sono giunti alcuni ricercatori sulla possibile contaminazione, dico soltanto che noi siamo fermamente convinti che gli Ogm non servono alla nostra agricoltura diversificata e saldamente legata alla storia, alla cultura, alle tradizioni delle variegate realtà rurali. Ribadisco che il governo deve al più presto procedere all'attivazione della clausola della salvaguardia. La nostra contrarietà al biotech non scaturisce da una scelta ideologica, ma dalla consapevolezza che l'utilizzazione degli Organismi geneticamente modificati può annullare la nostra idea di agricoltura. Annullare, cioè, l'unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: quello della biodiversità. Non si tratta di una posizione oscurantista. Tutt'altro. Chiediamo alla scienza di continuare a contribuire alla crescita di questo tipo di agricoltura. E questo lo fare può senza ricorrere agli Ogm, come, del resto, è avvenuto fino ad oggi con risultati molto importanti. Non dobbiamo, inoltre, sottovalutare che nel nostro Paese c'è un fronte anti-Ogm molto più ampio. La sicurezza alimentare, il principio di precauzione, la qualità delle produzioni sono argomenti che stimolano gli interessi dei cittadini italiani, i quali hanno più volte ribadito la loro contrarietà al biotech e soprattutto l'intenzione di voler mangiare bene, sano e tipico".
Cinzia Scaffidi, direttrice del Centro Studi Slow Food Italia. "Affermare che non ci sia un rischio contaminazione mi pare quantomeno temerario. La problematica delle contaminazioni è il problema centrale relativo agli Ogm, e trovo che tutti abbiano molta fretta di dire che il problema non esiste. Il che fa il paio con la preoccupante rapidità con cui la Regione Friuli Venezia Giulia ha stilato regole per la coesistenza che sono, dal punto di vista normativo, un nodo cruciale che finora (proprio perché quello delle contaminazioni è un tema gravissimo) nessuna regione ha risolto. Non ho avuto modo di leggere la ricerca diffusa da Futuragra e quindi non so quali siano i parametri e i criteri che sono stati seguiti, ma resta comunque una perizia di parte. Ripongo maggior fiducia nei dati diffusi dal Corpo Forestale dello Stato – incaricato di portare avanti l'attività di monitoraggio delle piantagioni Ogm in provincia di Udine, proprio per riuscire a prevenire i danni all'ambiente e la diffusione a distanza del polline Ogm – secondo i quali è in atto una presunta contaminazione dei campi limitrofi a quelli seminati con mais Mon810. Dalle prime ricerche i campi di mais convenzionale in provincia di Pordenone adiacenti a quelli Ogm risultano infatti contaminati fino al 10% dal Dna transgenico. Non si capisce, dunque, cosa si aspetti a intervenire, sequestrando e mettendo in sicurezza i raccolti prima che il danno diventi irreparabile. Se non si prendono provvedimenti immediati i produttori biologici e convenzionali del Friuli Venezia Giulia saranno le vittime economiche e imprenditoriali di questa vicenda, mentre le vittime in termini di ambiente, democrazia, sovranità alimentare e mancanza di cautela saremo tutti noi consumatori".

FONTE: www.greenbiz.it