Si sa che la nostra civiltà industriale è
molto sprecona in fatto di energia. Per fare solo un esempio, quando
l’acqua veniva portata a mano nelle case e scaldata bruciando legna
tagliata faticosamente, la stessa acqua veniva usata per il bagno da più
persone e magari, prima che si raffreddasse, impiegata anche per lavare
per terra. Non rimpiangiamo certo quei tempi, ma ugualmente milioni di
docce ogni mattina, scaricano nelle fogne intere superpetroliere di petrolio equivalente, sotto forma di gigawattora di calore ottenuto bruciando combustibili fossili. Potrebbe essere possibile recuperare, almeno in parte, quell’energia termica, così come quella sprecata in mille altri modi, nelle nostre città?
Ci sta pensando un progetto europeo da 25 milioni di euro, chiamato Celsius (Combined Efficient Large-Scale Integrated Urban Systems), portato avanti dai ricercatori dell'Università di Aalborg in Danimarca, nel quadro della più vasta “Heat road map” europea, un insieme di iniziative volte a rendere più efficiente dell’11% l’uso del calore, risparmiando contemporaneamente 14 miliardi di euro annui in combustibili e creando 200.000 posti di lavoro.
Secondo i ricercatori del progetto Celsius, coordinati dall’ingegner Jonas Cognell, ogni anno l’UE spreca più energia termica nelle città, di quanta ne usi per scaldare le case.
Un primo esempio su come potremmo recuperare questo calore viene
dall’Inghilterra, dove Celsius cofinanzia con la municipalità di
Islington, a Londra, la utility Power Networks e la Transport for
London, un progetto di ampliamento della rete di teleriscaldamento, che
già oggi porta a 900 famiglie di Islington il calore residuo di una
entrale elettrica, in modo che accolga anche il calore sprecato da una
sottostazione elettrica e quello del Tube, la metropolitana di Londra, la cui Northern Line corre sotto Islington.
Le linee più vecchie della metropolitana londinese, infatti, hanno una ventilazione insufficiente a smaltire il calore prodotto dai milioni di passeggeri, dai motori elettrici e dai freni dei treni,
quindi si trasformano spesso in sgradevoli saune. L’idea è quella di
spendere 2,3 milioni di sterline per succhiare via questo calore,
concentrarlo con pompe di calore, e usarlo per produrre acqua calda da
distribuire ad almeno altre 500 case entro il 2016. Se l’esperimento di
Islington andrà bene, il sindaco di Londra Boris Johnson è più che
favorevole ad estenderlo ad altri quartieri, migliorando la vita dei
pendolari del Tube e facendo risparmiare energia fossile ed emissioni di
CO2 per il riscaldamento.
Ma l’uso
del calore residuo delle metropolitane è solo uno dei progetti che i
ricercatori di Celsius stanno valutando. Un altro riguarda le fogne,
fiumi di acqua tenuta a una temperatura costante di 20°C o più, dalla
decomposizione del materiale organico che contengono e dall’acqua calda
che da vasche, docce, lavatrici, lavastoviglie e lavelli, finisce negli
scarichi: un’ottima fonte di energia fino ad ora completamente sprecata.
Alcuni progetti di sfruttamento del calore delle acque fognarie sono
già stati realizzati negli Usa e in Cina, e ora Celsius li vuole importare anche in Europa. “Una pompa di calore - spiega Cognell - può usare l’acqua di fogna come sorgente termica,
e far salire la temperatura dell’acqua per il riscaldamento fino a 70°C
con enormi risparmi di energia, rispetto al riscaldarla direttamente
con elettricità o gas”.
Altra energia
termica sprecata nelle città si può recuperare negli inceneritori di
rifiuti, negli impianti di depurazione, nelle industrie o nei centri dati, zeppi di computer che producono calore da rimuovere continuamente. Nella “Celsius City” immaginata dai ricercatori di Aalborg, tutto questo calore sprecato verrebbe convogliato in accumulatori di calore a livello di quartiere,
cioè grandi vasche sotterranee termicamente isolate piene di acqua o
ampi volumi di roccia in profondità, scaldati da scambiatori di calore. A
questo calore recuperato, potrebbe aggiungersi anche quello prodotto con impianti termici solari, o quello prodotto sfruttando l’eccesso di elettricità proveniente in certi momenti da fonti rinnovabili non programmabili.
Nel deposito di calore di quartiere, tenuto a 70-90°C, pescano poi gli
impianti di riscaldamento e di acqua sanitaria delle abitazioni,
attingendo, tramite scambiatori o pompe di calore, il calore che serve,
eliminando o riducendo al minimo la necessità di usare combustibili
fossili.
Analogamente, dicono alla Celsius, si potrebbero costruire accumulatori di freddo,
che usano l’acqua profonda di laghi o mari, per mantenere un deposito
termico a 6 °C di temperatura o meno, e usarlo poi per rinfrescare gli
edifici per certe celle frigorifere. E si può andare anche oltre gli usi
domestici: nelle Celsius City, saranno connessi tramite gli accumulatori di calore di quartiere, gli impianti industriali che hanno calore in eccesso da smaltire, con quelli che ne hanno bisogno.
Un primo embrione di questo tipo di progetti è in corso di realizzazione a Rotterdam,
dove il calore in eccesso prodotto dall’impianto di depurazione di
Dokhaven è stato convogliato all’accumulatore termico del quartiere di
Warmtebedrijf, mentre da quest’ultimo, pesca ora l’industria molitoria
Meneba, che aveva bisogno di acqua calda per le sue caldaie a vapore.
Presto all’accumulatore di Warmtebedrijf, sarà connesso anche un grande
data center, che scaricherà lì calore emesso dai suoi computer.
A Copenhagen, invece, il calore di un accumulatore termico di quartiere, servirà a scaldare i traghetti quando sostano in porto,
così che non debbano tenere sempre accesi i motori. Insomma, come
nell’ambiente naturale ciò che è scarto per una specie, diventa
nutrimento per un’altra, così nella visione del progetto Celsius, gli
scambi di energia nell’ambiente urbano devono entrare a far parte di un'ecologia cittadina, eliminando il più possibile il concetto, questo sì innaturale, di spreco.fonte: qualenergia.it