#stopbiocidio nasce dappertutto

Da Casal Di Principe a Casale Monferrato
La Terra dei Fuochi è scesa di nuovo in piazza, un anno dopo la grande e sentita marcia dei 100.000, con un mese di intense mobilitazioni su tutto il territorio campano.
E lo fa perché poco o nulla è cambiato: i roghi bruciano ancora, quotidianamente; la Forestale scopre interramenti di rifiuti tossici, continuamente; la gente muore, inesorabilmente.
Vorrei poter dire che lo Stato fa finta di nulla, ma non è difficile leggere la malafede nei provvedimenti emanati e nelle parole dei nostri sedicenti Ministri: la Lorenzin è ritornata sul suo bestiario dell’anno scorso, riproponendo l’offensiva tiritera degli “stili di vita”, e il “decretino” 136/2013 (convertito in legge nel febbraio di quest’anno), già poca cosa in sé, ha trovato limitatissima applicazione.
Appiccare roghi ai rifiuti è, oggi, penalmente perseguibile, con reclusione da due a cinque anni: ma chi finisce in carcere per questi reati? Non sono i colletti bianchi a recarsi personalmente presso i cumuli di rifiuti, o i capi-clan, né gli imprenditori disonesti. Ci vanno i pesci piccoli, quelli che è facile comprare per trenta denari a incendio.
Avevano promesso che avrebbero inviato 850 militari per due anni: ne sono arrivati solo 100. Ma non possono che acciuffare gli esecutori materiali in flagranza di reato e non servono ad altro che a gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica.
La mappatura dei terreni agricoli è stata effettuata: ma come? Sulla base dei dati raccolti al solo novembre 2013 e con riferimento alle CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) previste dal D. lgs. N. 152/2006, il cui Regolamento non è mai stato emanato, per i “siti ad uso verde pubblico e residenziale”.
Si tratta quindi di parametri di indagine adatti ad aiuole e parchi, non a stabilire, in maniera certa e univoca, che su quei terreni si possa coltivare. Nella relazione presentata dal Gruppo di Lavoro nominato dalla legge per la Terra dei Fuochi, al termine delle ricerche, le parole più ripetute sono “…nelle more del Regolamento…” oppure “si raccomandano ulteriori indagini”.
Anche se soltanto il 2% dei terreni esaminati è risultato ad alto rischio (livello 5) per la produzione agricola, è nauseante e spaventoso guardare le immagini dei fanghi tossici trovati in molti dei fondi investigati[1]: il dubbio che ciò che cresce su quei terreni sia dannoso per la salute è legittimo. Se parliamo dell’alimentazione dei nostri figli, poi, è naturale continuare a porsi delle domande.  E credo che, nonostante le rassicurazioni degli enti preposti, non sia sbagliato appellarsi al Principio di Precauzione, sancito in tema di diritto ambientale a livello europeo, in base al quale, “pur senza disporre di certezze scientifiche assolute sui reali pericoli, si devono attuare senza indugio azioni di contrasto”[2].
L’eternit, e le vicende giuridiche ad esso legate, credo forniscano un eloquente precedente in materia.
E ci si chiede: “Chi è STATO?”
Il quadro normativo non è incoraggiante.
La questione delle CSC è complicata, si tende continuamente ad abbassarle. Il “Decreto Competitività”, ora L. 116/2014, 11 agosto, stabilisce  – tra le altre cose – soglie variabili a seconda dell’area (le zone non industrializzate, a minore densità antropica, saranno perciò mira più semplice per i soggetti inquinatori, perché, per un inquinante,  avranno limiti di legge più bassi); nomina un Commissario Straordinario per la gestione in Campania dell’ennesimo inceneritore (ma basta!) e per le bonifiche, intollerabili allo stato dal punto di vista economico, prevede l’autocertificazione dello stato di contaminazione del sito e il meccanismo del silenzio-assenso: un privato potrà dichiarare di aver bonificato il proprio terreno, inviare i dati all’ARPA regionale e in caso l’ARPA non risponda entro 45 gg, potrà ritenere approvato il piano di caratterizzazione[3].
Fin troppo facile capire chi beneficerà di queste nuove norme.
Screening, assistenza sanitaria, registro tumori: solo chiacchiere. Le attese per ricevere le terapie necessarie a curare i tumori così dilaganti sono bibliche e c’è sempre più gente che non può permettersi di guarire. Il diritto alla vita, qui, ci viene negato tutti i giorni e proprio dallo Stato, che tanto esige e così poco restituisce.
Cosa rimane? Noi.
Rimangono le associazioni territoriali, i privati cittadini, i medici che escono dai loro ambulatori, i giornalisti che ci danno ascolto, i preti di frontiera, gli agricoltori che difendono le proprie terre, le mamme che, nonostante i loro insuperabili lutti, ancora si riversano per le strade e bloccano gli inceneritori.
Sabato 29 novembre, a Casal di Principe, dove Don Peppe Diana diede la vita, c’eravamo noi. E c’era Casale Monferrato, di nuovo in piedi dopo la sentenza choc.
Ma Stop Biocidio nasce, ed è nato questo mese, dappertutto: ad Acerra, a Pomigliano D’Arco, a Bagnoli, a Giugliano.
Tanti focolai di resistenza, di consapevolezza, di buona volontà.
Ancora poco? Si, ancora troppo poco.
Ci vogliono indifferenti e superficiali ed è facilissimo farci diventare così.
Troppo lavoro e per troppo pochi, troppo consumismo da alimentare con sogni futili, troppo denaro sbandierato come l’obiettivo di una vita, troppa tecnologia mal indirizzata e poco, pochissimo, rispetto della terra e della vita umana.
Renzi ha detto che non si farà fermare da “quattro comitatini”.
Intanto, deve averne paura se li annovera pubblicamente tra i suoi nemici e se cerca di minarne l’autorità.
Non devo ricordare io le vicende dei NO TAV, che hanno di fatto arenato la costruzione dell’ennesimo ed inutile eco-mostro, oppure quelle dei No al Progetto Eleonora, che hanno sferrato un durissimo colpo alle trivellazioni della Saras in Sardegna.
La lotta è estenuante, lunga e irta di ostacoli. Faranno di tutto… darci contentini, prenderci per stanchezza, dividere le persone –  ricordava Padre Maurizio Patriciello dal palco di Casal di Principe – pur di spazzare via le contestazioni pacifiche di un popolo che non ne può più dello sterminio a cui assiste ogni giorno.
Perché di sterminio si tratta. Di inquinamento si muore. E non solo in Campania.
Ci sono mille altre Terre dei Fuochi. E quando lo Stato, nella migliore delle ipotesi, risulta assente, è dovere di tutti noi risvegliarsi e difendere le nostre vite.
[3] Procedura sperimentale per le bonifiche avviate entro il 31/12/2017

fonte: www.decrescita.com/