Decrescita è preferire la qualità alla quantità. Decrescita è cercare di conseguire il benessere anziché la ricchezza economica. Decrescita è migliorare la produzione dei beni e ridurre quella delle merci superflue. Decrescita è rinunciare a un’economia finalizzata alla crescita a ogni costo in favore di alternative concrete ed efficaci basate su nuovi paradigmi, come la sostenibilità e la solidarietà.
Maurizio
Pallante è fondatore
e presidente del Movimento per la Decrescita Felice, che dal 2007 sta
cercando di dare corpo e attuazione a questa visione del mondo. L’obiettivo di
questa esperienza, che prende ispirazione dal libro di Pallante “La
decrescita felice”, è ripensare la società e l’economia con un
approccio pratico e operativo, proponendo soluzioni ai problemi che emergono
dall’analisi. È questa la missione dei Circoli della Decrescita Felice,
una trentina di realtà disseminate su tutto il territorio nazionale che portano
avanti localmente le battaglie del Movimento.
«La causa
della crisi che stiamo vivendo – ci ha spiegato Maurizio quando l’abbiamo
incontrato a casa sua, a Chieri – è la crescita. E se la crescita è la causa,
non può essere la soluzione». La via d’uscita va quindi ricercata altrove.
Prima di tutto è necessario abbandonare la convinzione che il benessere
delle persone aumenti di pari passo con il Prodotto Interno Lordo del
paese, quindi con una crescita sempre maggiore di produzione e consumo di
merci. Tale crescita compulsiva è possibile solo grazie al meccanismo del
debito, «che consente di tenere alta la domanda e di assorbire tutta quanta
l’offerta». Tutto ciò a discapito delle tasche dei cittadini, a cui viene data
la possibilità di comprare prodotti di cui spesso non hanno necessità,
nonostante il loro reale potere d’acquisto non glielo permetta.
Ma quella
economica non è che una delle tante facce del modello consumista. Ci sono altre
fondamentali variabili che vengono regolarmente trascurate, come la
sostenibilità ambientale, i consumi energetici, le ineguaglianze sociali che
vengono prodotte, le ricadute sulla salute. È per questo che il Movimento
per la Decrescita Felice ha elaborato un insieme di linee guida
attinenti ai più disparati ambiti – amministrazione, mobilità, sanità, energia,
gestione dei rifiuti, educazione, agricoltura e così via – che ripensino un nuovo
modello di comunità più sano e sostenibile. Viene presentata una serie di proposte
politiche, di provvedimenti normativi da adottare per passare dalla teoria
alla pratica. Le infrastrutture energetiche sono carenti? Il Movimento
per la Decrescita Felice chiede di attuare una «Incentivazione alla
trasformazione della rete di distribuzione in rete di reti locali per favorire
lo scambio delle eccedenze tra autoproduttori». La raccolta differenziata
non raggiunge percentuali accettabili? Una delle proposte in tema di rifiuti
consiste nella «Abolizione della tassa raccolta rifiuti e applicazione in tempi
rigidamente definiti di una tariffa commisurata alle quantità di rifiuti
indifferenziati conferiti allo smaltimento». La cementificazione selvaggia
sta uccidendo il territorio? Allora è necessario attuare un «Blocco delle aree
di espansione edilizia nei piani regolatori delle aree urbane». Punto per
punto, una soluzione per ogni problema, un mattone sull’altro per costruire un
nuovo edificio sociale ed economico. Uno dei temi centrali è quello della tecnologia:
spesso si accomuna erroneamente la decrescita alla regressione, ma la ricerca e
lo sviluppo tecnologico sono centrali nel pensiero decrescitista, in
particolare se finalizzati al raggiungimento di traguardi come l’abbattimento
delle emissioni inquinanti, lo sfruttamento delle fonti energetiche
rinnovabili, la riduzione del digital divide.
L’azione del
movimento guidato da Pallante però non si limita alla critica del modello di
crescita: vengono studiate soluzioni teoriche e forniti strumenti pratici
per la costruzione delle alternative. A questo scopo, una delle istituzioni
più importanti è l’Università del Saper Fare, nata nella primavera del
2009 a Torino e portata avanti da alcuni Circoli territoriali.
L’esperimento è nato dalla volontà di responsabilizzare il singolo individuo,
facendogli capire che un cambiamento reale può essere innescato solo se
ciascuno di noi si attiva nella propria quotidianità e insegnandogli come
sostituire via via le pratiche insostenibili, energivore e malsane proprie
dello stile consumista con altre di segno opposto. Cosa possiamo imparare
dunque in questa speciale università? Autoproduzione, riciclaggio, riuso,
autocostruzione, ma anche come relazionarsi meglio con la comunità, per esempio
attraverso un corso di “Economia del dono”. Tutte le attività hanno un minimo
comune denominatore: rendere chi partecipa il più possibile autosufficiente.
Coltivare un orto, realizzare in casa dentifrici, saponi e detersivi,
effettuare la manutenzione della propria bicicletta, costruire e montare un
pannello solare, sono tutte piccole azioni che consentono di raggiungere un
grande obiettivo: la resilienza, ovvero la capacità di una comunità di
adattarsi al cambiamento.
Già, il cambiamento.
Il destino del modello attuale, che pretende di perseguire la crescita infinita
su un pianeta con delle risorse finite, è segnato. L’inversione di rotta è
l’unica soluzione ed essa può essere frutto di un’imposizione oppure di una
libera scelta. «Una persona che non mangia perché non ha da mangiare non fa una
scelta e sta peggio; una seconda persona che non mangia per fare una dieta fa
una scelta e la fa per stare meglio». Pallante utilizza questo semplice esempio
per spiegare la differenza fra recessione e decrescita, fra la modifica
forzata di uno stile di vita dovuta all’improvviso esaurimento delle risorse
necessarie per alimentarlo e la decisione consapevole di chi, rendendosi conto
di aver imboccato un vicolo cieco, ha il coraggio e la consapevolezza
sufficienti per tornare indietro e scegliere una strada diversa, sostenibile,
giusta.
Visita il sito
del Movimento per la Decrescita Felice.