Interi comuni a
rischio idrogeologico. Scuole che cadono a pezzi. Tubature dell’acqua
colabrodo. E 200mila morti per catastrofi naturali. In un libro il
racconto di un Paese nel fango, dove la parola manutenzione è stata
cancellata. Da tutti.
MANUTENZIONE E CURA DEL TERRITORIO IN ITALIA -
Viviamo in un Paese dove la parola manutenzione è stata cancellata. Dallo Stato, dalle amministrazioni locali, dagli organismi di controllo del territorio. L’81 per cento dei comuni sono a rischio idrogeologico, definizione che evochiamo con le solite grida manzoniane ogni volta che si verifica un disastro naturale. Circa 24mila scuole del Paese sono a rischio sismico. L’acqua che scorre nelle tubature, il famoso “bene comune”, nelle regioni meridionali viene sprecata quasi per la metà per l’obsolescenza di reti-colabordo. La contabilità della catastrofe, che in questo caso non ha nulla di naturale, è di circa 200mila morti dall’Unità d’Italia a oggi e 7 miliardi di spesa all’anno, dal dopoguerra, per affrontare l’emergenza di frane e alluvioni, ricostruire le opere distrutte, e risarcire le famiglie più colpite. Sette miliardi con i quali si potrebbe fare un’intelligente e utile lavoro di ordinaria e straordinaria manutenzione.MANUTENZIONE IDROGEOLOGICA DEL TERRITORIO -
Siamo, per dirla con il titolo di un libro scritto da Erasmo D’Angelis, Un Paese nel fango (edizioni Rizzoli) e colpe e colpevoli hanno nomi e cognomi. D’Angelis oggi è il direttore dell’Unità, ma è l’uomo che appena ieri ha creato Italia sicura, una struttura di Palazzo Chigi che sta provando a fare chiarezza sul dissesto, a riaprire i cantieri chiusi, ed a riportare la cura del territorio al centro dell’azione di governo. Vedremo quali saranno, già nel breve termine, i risultati di questa missione che però ha già un merito: restituire alla centralità dello Stato la regìa in una materia dove le regioni in particolare hanno dato la peggiore prova della loro inconsistenza. Se dovessimo guardarle attraverso la pagella in materia ambientale, infatti, le regioni andrebbero semplicemente chiuse, prima delle province. Una volta arrivato nella stanza dei bottoni, Matteo Renzi ha scoperto, anche grazie al lavoro della squadra di D’Angelis, che alla fine di giugno del 2014 erano disponibili per il dissesto idrogeologico 2,360 miliardi di euro non spesi. Soldi sprecati, persi. Con 2.600 cantieri bloccati da contenziosi giudiziari e 1.647 opere finanziate, per circa 2 miliardi di euro, dal ministero dell’Ambiente già nel 2009, con tanto di sbandieramento elettorale, delle quali appena il 6 per cento concluse nei tempi previsti. E con sette regioni che da 15 anni, tra un’alluvione e l’altra, non hanno speso un euro per la messa in sicurezza del territorio.ABUSIVISMO EDILIZIO IN ITALIA -
Se il federalismo ha fallito in questo campo, e lo Stato si è lavato le mani cedendo una competenza alla quale non avrebbe mai dovuto rinunciare, c’è da dire che l’abusivismo edilizio, piccolo e grande, nel frattempo ha dilagato, con responsabilità che chiamano in causa anche il senso civico dei cittadini. In Italia consumiamo, o meglio divoriamo 8 metri quadrati di territorio al secondo. Un ritmo impressionante, insostenibile, ma sappiamo che l’uso improprio del territorio è una filiera di interessi e di consensi (avete presente la popolarità che regala un condono edilizio?). Dunque, la prevenzione in Italia, anche per le fragili caratteristiche del nostro territorio, è davvero un’opera ciclopica. Qualcosa che ha bisogno di un Piano nazionale di prevenzione, come D’Angelis ha provato a scrivere. Speriamo che funzioni e che non sia troppo tardi.fonte: www.nonsprecare.it
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