Economia circolare e altruismo


RifiutiZero 
Può la parola altruismo essere abbinata alla parola economia? Apparentemente no! Ci siamo infatti abituati ad associare quest’ultima al termine profitto con la logica che spesso ne consegue di massimizzazione del proprio beneficio a svantaggio degli altri e in particolare di quello che avviene a monte e a valle del proprio benessere. Fortunatamente anche questi paradigmi stanno cambiando e dopo secoli di “economia lineare” (vedi video sottostante), dove lo sfruttamento delle risorse naturali si concludeva con tonnellate di rifiuti che non si sapeva dove smaltire, ora siamo giunti a elaborare il concetto di “economia circolare” dove anche i rifiuti possono diventare risorse e dove le materie prime da privilegiare sono quelle che possono essere riutilizzate a valle del ciclo di vita del prodotto. Questa nuova economia, che prende anche il nome di Blue Economy in quanto evoluzione della Green Economy dove l’obiettivo principale era la riduzione dell’emissione di CO2, si sta diffondendo in tutto il mondo grazie ad associazioni come Zero Waste che stimolano le amministrazioni pubbliche e i privati a premiare i prodotti che tutelano l’ambiente eliminando il concetto di rifiuto e, grazie al loro lavoro, forse un giorno potremo dire addio alle discariche e agli inceneritori!
I volontari di queste associazioni sono un perfetto esempio di altruismo in quanto non conosceranno mai gli uomini e le donne che beneficeranno del loro lavoro nel 2100 e nei secoli a venire ma hanno capito che salvaguardare il pianeta oggi, significa prendersi a cuore le persone di domanio. Il sistema capitalistico difficilmente potrà rallentare, ma grazie all’economia circolare i rifiuti potranno diventare risorse evitando di inquinare ulteriormente il nostro pianeta. L’economia circolare è già una realtà grazie a lungimiranti amministrazioni pubbliche (vedi associazione “Comuni virtuosi“), ad alcune aziende (come Funghi Espresso) e all’impegno dei tanti volontari di queste associazioni ma la svolta puoi darla solo tu quando deciderai di comprare prodotti che non generano rifiuti ma, al contrario, risorse! Ecco alcune buone pratiche e, per maggiore dettagli vedere il seguente link:
  • al ristorante preferisci bevande alla spina;
  • bevi l’acqua del rubinetto;
  • acquista cibo a peso e a banco (evitando confezioni in polistirolo e plastica).
Buona Blue Economy a tutti!



fonte: http://blog.melpyou.com

Ma l'accesso all'acqua è ancora un diritto in Italia?



Bengasi Battisti, da Corchiano (VT).

fonte: http://www.marcoboschini.it

Dopo le fabbriche. Le officine creative crescono nel segno dell’ecosostenibilità

http://www.greenews.info/wp-content/uploads/2015/05/izmade_team_2014.jpg
Cosa succede quando chiudono le fabbriche? Sono state scritte pagine e pagine su come nel bene (e, spesso, nel male) cambiano le città. E’ certo che, dalla Ruhr al Galles, prima o poi, dove chiudono le fabbriche, se il tessuto sociale ed economico non si sgretola, si avvia un ragionamento su come restituire spazi, aria, salute ai cittadini e su come costruire un’economia più verde e sostenibile.
A Torino, l’ex Manchester d’Italia, due esperienze tra le più interessanti hanno trovato casa a Porta Palazzo, nella zona che ospita quello che forse e il più grande mercato alimentare, e non solo, d’Europa.
La prima e’ il collettivo IZMADE; un gruppo di giovani designer  (Giuseppe Vinci, Pasquale Onofrio, Alberto Rudellat, Alessandro Grella e Andrea Pasquarelli) di quelli che ci si aspetterebbe di trovare a Berlino o a New York. IZMADE progetta, realizza i propri prodotti, che poi commercializza direttamente, utilizzando solo materiali di recupero, scarti di lavorazione industriale, materiali innovativi e certificati. Il grande mercato di Porta Palazzo e’ indubbiamente una fonte di ispirazione e così cassette della frutta diventano comodini, pallet tavoli e grandi latte di pelati lampade ed abat-jour. Un vero lavoro di ricerca, che ha permesso loro, in questi anni, oltre che diventare un riferimento nazionale sul tema, di entrare in contatto con alcuni tra i locali più trandy di Torino come Tomato il primo Backpackers Hotel (let. hotel per saccopelisti) d’Italia che, non a caso, ha scelto la sostenibilità come stile.
Il laboratorio di IZMADE e’ una grande officina e falegnameria che trova posto nei locali di una delle Case del Quartiere volute dal Comune. La stessa officina, non a caso, ospita Humake.it una startup davvero speciale. Per una strana deformazione dell’informazione, almeno in Italia, startup e’ diventato sinonimo di “soldi facili con il digitale”. Nulla di più’ sbagliato e Paolo Di Napoli, founder (come si dice oggi) di Humake.it questo lo sa. Lui e’ uno scienziato dei materiali e ha riprodotto in scala, in legno e a impatto (quasi) zero, le macchine che caratterizzano la catena di riciclo del HDPE (polietilene ad alta densità), quello con cui si fanno i tappi delle bottiglie di PET o i flaconi di detersivo. Ha realizzato uno sminuzzatore, per macinare tappi e contenitori; un “estrusore” per scaldare e pressare dentro piccoli stampi l’HDPE macinato. Tutto in legno, tutto a incastro, tutto alimentato a pedali, anche la fresatrice a controllo numerico con cui realizza gli stampi che danno nuova forma all’HDPE per farne dei piccoli oggetti. Per ora, l’obiettivo di Humake.it e’ la didattica: permettere alle persone di vivere un processo virtuoso di riciclo e riuso dei rifiuti. Un domani, pero’, gli strumenti predisposti da Humake.it potrebbero diventare una risorsa per la produzione in territori di frontiera e diventare kit di educazione ambientale. Un tema su cui il nostro paese ha un indubbio ritardo ed una enorme necessita’.
Carlo Boccazzi Varotto

fonte: http://www.greenews.info

II sindaco di Vernole in difesa delle api e degli insetti impollinatori: bandito l’uso di pesticidi


Luca De Carlo, primo cittadino del comune salentino, emette un’ordinanza che vieta l’utilizzo di prodotti fitosanitari durante tutto il periodo della fioritura: nessun trattamento su colture arboree, erbacee, ornamentali e spontanee col ricorso a insetticidi.
Un’ordinanza che bandisce i pesticidi, in difesa delle api e degli insetti pronubi. Il sindaco di Vernole, Luca De Carlo, mette al bando l’utilizzo insetticidi con uno specifico atto amministrativo nel segno della salvaguardia del territorio e dell’interesse per la conservazione dell’ambiente naturale, dell’ecosistema e dell’agricoltura.
Nel testo dell’ordinanza, si specifica il fondamentale ruolo a vantaggio della produzione agricola di insetti impollinatori e la rarefazione degli stessi, dando centralità ad un’idea di sviluppo sostenibile dell’apicoltura, come da legge regionale 45 del 2004.
Pertanto si ordina di non effettuare trattamenti su colture arboree, erbacee, ornamentali e spontanee a base di prodotti fitosanitari, inclusi gli erbicidi durante il periodo di fioritura; di eseguire, quindi, unicamente interventi agronomici di trinciatura delle infestanti o aratura del terreno nel caso di manti erbosi in fioritura. 

fonte: leccesette.it

Ai combustibili fossili 10 milioni al minuto!

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Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha stimato in 5,3 trilioni di dollari all’anno l’ammontare di sussidi dati ai produttori di combustibili fossili nel mondo. Sono 10 milioni di dollari al minuto! Una somma enorme, più di quella spesa da tutti i governi del mondo messi assieme per i sistemi sanitari nazionali.
Secondo il FMI questa cifra – che rappresenta circa il 6,5% del PIL globale è “scioccante”, e rivela il vero costo dei combustibili fossili.
Questa assurda quantità di denaro deriva anche dalle spese sostenute dai governi per riparare i danni causati proprio da fonti di energia sporche e inquinanti come carbone e petrolio: alle devastazioni provocate da siccità, inondazioni, tempeste dovute ai cambiamenti climatici si uniscono infatti le cure per gli enormi danni alla salute che quasi tutte le popolazioni del pianeta stanno subendo.
Il FMI, che è una delle istituzioni finanziarie più rispettate al mondo, attraverso le sue stime afferma inoltre che dando fine ai sussidi per i combustibili fossili si potrebbero tagliare le emissioni globali di CO2 del 20%. Il che, fa notare anche il Guardian in prima pagina, sarebbe “un passo da gigante nella lotta al riscaldamento globale, un tema su cui il mondo ha fatto ben pochi progressi fino a oggi”.
Ma non è tutto. Mettere fine a questi regali di soldi pubblici ai produttori di morte fossili potrebbe anche ridurre drasticamente il numero di decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico. Si parla addirittura del 50% – circa 1,6 milioni di vite ogni anno.
I sussidi ai combustibili fossili devono finire, e subito! Oltre a causare morte e devastazioni ambientali che paghiamo letteralmente tutti noi, non permettono il pieno sviluppo delle energie rinnovabili.
In un mercato drogato da sussidi dati a chi già controlla il sistema energetico, infatti, non si possono sviluppare tutte quelle nuove tecnologie che, oltre a permetterci di vivere in un pianeta più efficiente e pulito, potrebbero avviare dinamiche economiche e occupazionali virtuose di cui abbiamo tutti un urgente bisogno.
Dieci milioni di dollari al minuto… Uno schifo che, anche pensando a chi muore di stenti e di fame, dovrebbe provocare sollevazioni popolari in ogni angolo del pianeta! E di questo passo prima o poi lo farà.

fonte: http://mirkobusto.net

Life After Oil: quando il cinema diventa (inform)azione

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Cinquemila abitanti e il loro sindaco combattono trivelle e inquinamento a Martis, nel sassarese, impiegando un’arma non convenzionale: il cinema. “Life after oil”, sezione a tema ambiente del Sardinia Film Festival, è la creatura di un giovane regista di origine salentina, Massimiliano Mazzotta, che qualche anno fa con due film documentari – “Oil,” e “Oil, secondo tempo” – mise a nudo la realtà della Saras, una delle più imponenti raffinerie del Mediterraneo, di proprietà della famiglia Moratti. Un racconto, quello di Massimiliano Mazzotta, di profitti e di morte, disperazione e ingordigia in nome dell’oro nero.
Siamo nella Sardegna del sud, a Sarroch: venti chilometri da Cagliari e pochi di più dagli incantevoli paradisi naturali della costa meridionale. Anche Sarroch, come Martis, conta cinquemila abitanti. E moltissimi morti. E’ a ridosso di un vero e proprio distretto “nero”: meno di ottocento ettari, espropriati ai contadini della zona, dove c’è la Saras, la Sarlux (società controllata della Saras), centrale elettrica che sfrutta gli scarti tossici della lavorazione del petrolio, e la Versalis (ex Polimeri Europa), gruppo ENI fino alla fine del 2014 e ora acquisita quasi interamente dai Moratti.
sarroch di notte_gentedi sardegna 
Sembra quasi una città lunare, la Saras, nelle riprese di “Oil” (2009): a costeggiarla in auto, di notte, con le sue luci al neon disseminate in ogni punto della raffineria, si ha la sensazione di una base spaziale. Ma non suggerisce fascino, né meraviglia: solo inquietudine. Il funerale di un ragazzo di trent’anni, raccontato da un coetaneo in un piccolo bar, fa da contraltare alle parole pronunciate da Gianmarco Moratti in apertura di un convegno e del film. Tra “spigole diesel”, polipi neri e interiora di agnello allo zolfo, “sa (la) raffineria” diventa “sa rovineria” nella testimonianza vocale di un’altra sarrochese e il Golfo degli Angeli (coi suoi fondali adatti ad ospitare le petroliere) di angelico finisce per non avere più nulla. Molte generazioni di contadini sono stati costretti a barattare tutta la loro vita con quella tranquillità da fine mese che la Sardegna, terra economicamente depressa, non ha mai offerto. E così, funerale dopo funerale, Sarroch si spegne, mentre le luci della raffineria brillano ogni notte dal 1966.
Così, a seguito di un numero sempre più impressionante di decessi, si moltiplicano gli studi scientifici e tutti raggiungono gli stessi risultati: dal 2007 al 2013 si certifica a Sarroch l’elevata incidenza di malattie respiratorie e neoplasie di polmoni e pleura, tra Pula, Sarroch e Assemini (Cagliari ovest) si registra un alto rischio di leucemie nella popolazione maschile. Ma gelano il sangue i dati pubblicati nel febbraio 2013 da un’importante rivista internazionale di epidemiologia, Mutagenesis (Oxford University): a fronte di più alte concentrazioni di benzene, metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici nell’ambiente, corrispondono alterazioni del Dna nei bambini sarrochesi.
E le istituzioni? Sono due gli “Atti di Sindacato Ispettivo” sull’argomento depositati in Senato dal M5S, uno nel 2013, l’altro l’estate scorsa, mentre la Procura di Cagliari ha avviato un’indagine per verificare l’eventuale correlazione tra emissioni della raffineria e patologie tumorali. A proposito, ancora oggi manca un registro dei tumori che metta in luce quali siano le zone dell’isola in cui esplode il rischio di contrarre malattie.  Il dottor Vincenzo Migaleddu dell’Isde (Medici per l’Ambiente), in un’intervista a Sardinia Post, parla di “atteggiamento timoroso, se non omertoso, quando si parla di Saras: sudditanza psicologica nei confronti dei potenti che vengono da fuori (e che portano lavoro)”? O altro?
Sarroch, il distretto "nero"
Sarroch, il distretto “nero”
Secondo i legali della Saras, la raffineria “non inquina”. La famiglia Romanino è costretta a chiudere la propria azienda agricola di Sarroch e, nel 2013, fa causa ai Moratti per due milioni e mezzo di euro: le analisi sui pomodori rivelano la presenza di metalli pesanti in elevatissima concentrazione, al punto da doverle ripetere tre volte per essere certi che valori così vertiginosamente alti siano la realtà. La Saras “contesta con decisione l’attribuibilità di qualsiasi inquinamento ambientale all’attività produttiva del suo impianto di produzione”. Ritiene sia colpa del clima salmastro e della scarsa manutenzione delle serre dei Romanino, se le canalette di raccolta delle acque piovane sono corrose. Si risente anche delle riprese di Massimiliano Mazzotta e lo cita in giudizio per danno d’immagine. La vicenda legale intorno ad “Oil” darà poi ragione al regista, perché il garante della Privacy definisce “d’interesse pubblico nazionale” il suo lavoro.
Massimiliano Mazzotta
Massimiliano Mazzotta
Massimiliano, dopo un anno in India, a Goa, torna con grandi idee e con una visione della militanza da sublimare nell’arte. A Martis, non distante dal petrolchimico di Porto Torres e dove incombe la minaccia delle trivelle della Geoenergy, il giovane regista salentino ha organizzato alla fine dello scorso anno un laboratorio completamente gratuito di fotografia e cinema d’inchiesta, mettendo a disposizione dei partecipanti la propria esperienza e la propria attrezzatura: non tutti, infatti, possono permettersi una costosa videocamera. Ogni corsista ha perciò riciclato ciò che aveva in casa e ha avuto la possibilità di imparare un nuovo modo di intendere la lotta per l’ambiente. La mostra e il documentario che ne sono il diretto risultato saranno mostrati a quello che è il fiore all’occhiello della virtuosa militanza di Massimiliano: “Life after oil”, International Film festival, che nella sua seconda edizione si terrà a Martis dal 7 al 9 agosto prossimi. L’associazione culturale a cui fa capo e da cui prende il nome, vanta come presidente onorario Giuseppe Ferrara, regista di “Cento giorni a Palermo” e “Il caso Moro”. L’obiettivo principale della rassegna – si legge sul sito internet in italiano, inglese e sardo – è denunciare la devastazione ambientale provocata dalla ricerca e dall’impiego dei combustibili fossili, ma soprattutto, di ricercare sistemi di vita alternativi a quelli imposti dalla società del petrolio.
La Sardegna del resto è la regione dove si registra l’area inquinata più vasta d’Italia, triste primato condiviso con la Campania: oltre 445mila ettari nei quali si calcola che un sardo su tre viva in un territorio contaminato, a fronte di una media nazionale di 1 su 6. Ridotta ad altoforno, con discariche che si ingrandiscono esponenzialmente, possibile sito di stoccaggio per le scorie nucleari dell’intera nazione, l’isola non ne può più. E nemmeno i suoi abitanti, i quali si oppongono strenuamente allo svilimento della loro terra organizzandosi in numerosi comitati cittadini.
Mentre a Martis il sindaco Lasia difende il suo piccolo comune dagli attacchi dei giganti della trivellazione anche con operazioni culturali di grande respiro come una rassegna cinematografica, “sa raffineria”, a Sarroch, punta sul “Progetto Scuola Saras”: visite guidate negli stabilimenti e un fumetto in cui Gaby, un gabbiano, spiega ai bambini che la raffineria non è pericolosa. Queste iniziative che mirano a “educare” gli adulti del futuro, non sono isolate: a Marsico Nuovo, nella bersagliatissima Basilicata, l’Eni vara il progetto Eni Scuola lo scorso 25 marzo. “Al termine della presentazione – si legge sul sito del cane a sei zampe – alunni e famiglie hanno assistito allo spettacolo teatrale “Le insostenibili leggerezze di Ciccio”. Un’esperienza formativa e divertente per spiegare ai ragazzi la strettissima relazione che c’è tra i prodotti che quotidianamente consumiamo e l’energia che serve a produrli“ .
Sardegna, Campania, Basilicata: mille terre dei fuochi bruciano nel silenzio spesso connivente della politica,  mentre i colossi dell’energia puntano ad assicurarsi cifre da capogiro. La soluzione, come ha saggiamente compreso Massimiliano Mazzotta, risiede nella controinformazione e nella cultura ambientalista che ognuno di noi deve contribuire ad alimentare secondo le proprie inclinazioni e possibilità. Un regista contribuisce con le immagini; un film o una fotografia hanno un grandissimo valore non solo dal punto di vista documentale: presuppongono, in chi gira o in chi scatta, la tensione alla verità oggettiva e hanno il potere di suscitare consapevolezza in chi guarda.
„Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario“, diceva Primo Levi, ma sapere e rimanere seduti non ha senso. Amare la propria terra significa difenderla, dobbiamo venire a patti con il nostro coraggio e la nostra pigrizia. Dobbiamo agire. Ma soprattutto, dobbiamo comprendere che quando si parla di terra non c’è geopolitica che tenga: ce lo dimostra un regista salentino di adozione milanese  prestato alle lotte ambientali sarde. L’Appennino è poi così diverso dal Gennargentu? E‘ forse la Val d‘Agri così distante da Porto Torres? Ha importanza la provenienza geografica dei bimbi morti a causa dell‘inquinamento?
La terra è sempre la stessa ovunque la si calpesti e la devastazione ambientale ha le stesse caratteristiche in qualunque angolo del pianeta. Esiste un solo mondo da tenere in vita ed esiste una sola razza a condannarlo e a difenderlo: la razza umana, tutti noi.

fonte: http://www.decrescita.com

L'OMS calcola i costi delle morti premature da inquinamento atmosferico nel continente europeo, applicando la metodologia OCSE

Importante proseguire nella riduzione dell'inquinamento e orientare adeguatamente investimenti e incentivi nelle azioni più efficaci
104-15 - L'OMS calcola i costi delle morti premature da inquinamento atmosferico nel continente europeo, applicando la metodologia OCSE 
Secondo i calcoli dell’OMS, nel 2010 il costo economico delle circa 600.000 morti premature e delle malattie causate dall’inquinamento atmosferico, indoor e outdoor, nel continente europeo ha raggiunto i 1.600 miliardi dollari, un importo quasi equivalente a un decimo del prodotto interno lordo (PIL) di tutta l'Unione europea nel 2013.
In una decina di paesi dell’Europa dell’est, delle 53 nazioni studiate, questo costo stimato al 2010 è pari o superiore al 20% del PIL nazionale, mentre in solo quattro nazioni (Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda) è inferiore all’1%; in Italia il costo stimato è pari al 4,7% del PIL.
Questo è quanto emerge dal primo studio realizzato a livello europeo per quantificare i costi dell’inquinamento atmosferico, elaborato dall'OMS in collaborazione con l'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE), recentemente presentato al meeting tenutosi dal 28 al 30 aprile ad Haifa, dove sono stati discussi i progressi fatti in merito agli obiettivi fissati dalla Fifth Ministerial Conference on Viramento and Health (Parma 2010)
Nonostante gli alti numeri che ancora legano l'inquinamento atmosferico agli effetti sulla salute, le morti premature attribuibili sono comunque in netta diminuzione a partire dal 2005 per l’intera zona europea, grazie alla riduzione dell'inquinamento, tanto che solo in una mezza dozzina dei paesi che aderiscono all’OMS Europa si registra un leggero aumento

. auto in coda
Le stime economiche sono state elaborate utilizzando il metodo chiamato "Valore della vita statistica "(VSL) comunemente usato per la valutazione monetaria del rischio di mortalità da incidenti stradali. L'approccio usato basa il VSL principalmente sulle preferenze soggettive (disponibilità a pagare- WTP), valuta cioè il valore economico che un individuo attribuisce a una probabilità di riduzione del rischio di morte prematura. Si tratta di una metodologia già discussa anche da IRPET in Toscana e applicata nel 2005 nel report “Traffico e inquinamento: i danni per la salute dell'uomo e i costi sociali”.
In pratica il costo economico di un impatto di mortalità è dato dal valore VSL atmosferico
stimato, moltiplicato per il numero di morti premature e il beneficio economico di un'azione mitigatrice diventa lo stesso valore VSL moltiplicato per il numero morti premature evitate.
Grazie ad uno sforzo di ricerca pluriennale portato avanti dall’OCSE è stato individuato un valore VSL per morte prematura di un adulto medio insieme a un metodo per il calcolo dei valori VSL nazione specifici (in considerazione delle influenze sociali sul valore della vita), a partire dall'anno 2005. Non c'è ancora accordo su come valutare il costo della morbilità, ma vi sono i presupposti per utilizzare come migliore stima di questo costo addizionale indicativamente un valore pari al 10% di quello totale per morti premature.
Su questa base, al 2010 nei paesi della regione OMS Europa il costo economico per morti premature da inquinamento atmosferico va oltre 1.400 miliardi dollari, a cui si deve aggiungere un altro 10% per il costo di malattie dovute all’inquinamento, raggiungendo i 1.600 miliardi dollari.
Nel report si ricorda, inoltre, che oltre il 90% dei cittadini sono esposti a livelli annui di polveri sottili che sforano i valori consigliati dalle linee guida sulla qualità dell'aria dell'OMS e che questo ha causato, nel 2012, 482.000 morti premature dovute a malattie cardiovascolari e respiratorie, ictus e tumore polmonare. Nello stesso anno, l'inquinamento indoor ha provocato 117.200 morti premature, con valori cinque volte superiori
nei paesi a basso e medio reddito rispetto a quelli con alto reddito.

.ciminiere
Sulla base dei dati sull'inquinamento atmosferico nella regione OMS europa, gli autori del report “Economic cost of the health impact of air pollution in Europe: Clean air, health and wealth”
evidenziano che dovrebbero essere implementate politiche di riduzione delle emissioni in determinati settori. Nel mirino, per il loro contributo all’inquinamento atmosferico indoor e outdoor, e conseguentemente per i costi sociali indotti, sono il trasporto su strada, il riscaldamento domestico e le combustioni industriali e agricole a carbone.
Nell’Unione Europea si è dimostrata vincente, ancorché imperfetta, la normativa sulla qualità dell’aria che ha portato comunque a notevoli progressi in termini di impatto sulla salute e sui costi nel corso degli anni. Tuttavia, in considerazione della persistenza di questo problema in Europa è auspicabile che vengano colmate le lacune nelle conoscenze esistenti e fatti investimenti nei modelli di consumo più efficienti, correggendo eventuali distorsioni prodotte da imposte e/o sussidi, ad esempio sui combustibili o sui sistemi di produzione di energia e di riscaldamento..
Come affermato da Zsuzsanna Jakab, Direttrice dell'ufficio regionale europeo dell'OMS, frenare gli effetti sulla salute dell'inquinamento atmosferico procurerà enormi vantaggi non solo perché si salveranno vite umane, ma anche perchè si raggiungeranno risultati che valgono enormi somme di denaro.

fonte: http://www.arpat.toscana.it

Rifiuti: il partito trasversale delle terre da scavo e del Tav

Rifiuti: il partito trasversale delle terre da scavo e del Tav
Passano gli anni, cambiano i governi e le maggioranze, ma la musica è sempre la stessa. Con buona pace del dettato costituzionale le esigenze economiche della produzione e del profitto prevalgono sempre sul diritto all’ambiente ed alla salute.
Veramente emblematica è la storia delle cd. “terre da scavo” con particolare riferimento a quelle fortemente e pericolosamente contaminate per la realizzazione del Tav ovvero perché vengono scavate in aree fortemente antropizzate o dismesse, già di fatto sature di residui e rifiuti di ogni genere (quali tutte quelle dei grandi centri abitati; ad esempio, quelle per l’ampliamento del Gra di Roma). Secondo la normativa europea, le terre da scavo non naturali o contaminate sono, di regola, rifiuti e, quindi, sono sottoposte “dalla culla alla tomba” ad una rigorosa disciplina onde evitare che provochino pericoli ed inquinamenti. Il che, ovviamente, comporta notevoli costi e impegni per le imprese, nonché, per i loro titolari, l’eventualità di subire processi penali in caso di inosservanza (ad esempio, per discarica abusiva); circostanza spesso ricorrente nel nostro paese soprattutto in concomitanza, appunto, con i lavori per il Tav.
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Da ben 18 anni, la risposta dei nostri governanti è stata univoca: per questi poveri industriali occorre assicurare non il rispetto ma l’elusione della legge; e così, è dal 1997, con il decreto Ronchi, che l’Italia cerca di sancire che non si tratta di rifiuti ma di innocui prodotti naturali e, come tali, non soggetti ad alcun obbligo e “riutilizzabili” liberamente dovunque senza alcuna spesa e senza alcun controllo.
Per raggiungere questo scopo ha fatto di tutto: si è addirittura inventata, nel 2001, una “interpretazione autentica” all’italiana della normativa comunitaria che diceva esattamente il contrario di quanto diceva la stessa normativa comunitaria e che era smaccatamente riferita ai lavori per il Tav. Tanto da portare ad una sonora condanna della Corte Europea di giustizia (sentenza del 18 dicembre 2007), in quanto “è giocoforza constatare che tali disposizioni finiscono per sottrarre alla qualifica di rifiuto, ai sensi dell’ordinamento italiano, taluni residui che invece corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lett. a), della direttiva”. Ma intanto, numerosi industriali Tav erano stati assolti.
Era, peraltro, prevedibile che, con la crisi economica e la febbre delle grandi opere, il gioco sarebbe ricominciato. E così, nel 2012 il governo Monti ripiegava sulla tesi che le terre da scavo non sono rifiuti ma “sottoprodotti” da riutilizzare secondo una particolare disciplina di favore: di modo che nelle terre da scavo che, secondo la Ue, dovrebbero comprendere solo il “suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale“, possono esserci anche materiali del tutto estranei e contaminati che vengono pudicamente chiamati “matrici materiali di riporto”. In questo modo, nelle terre da scavo ci può essere di tutto (fra cui, ad esempio, calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (Pvc), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato) ed è un miracolo se ci rimane anche un po’ di terra. L’importante è consentirne, purché “economicamente sostenibile“, il riutilizzo in edilizia, così da poterle qualificare come “sottoprodotto” e non rifiuto, senza subire alcun costo.
Ma non finisce qui: nel 2013, si arriva all’apoteosi: una girandola di decreti legge, a volte anche fra di loro contrastanti o addirittura con nuove disposizioni che vengono subito dopo abrogate. Ma si arriva, così, a sancire, specie per l’evento Expo, che, in molti casi, la trasformazione magica da rifiuto a sottoprodotto possa avvenire con autocertificazione.
A questo punto, però, la situazione si è così ingarbugliata che nessuno ci capisce più niente, neppure il legislatore. E così il decreto “sblocca Italia” del 2014, con un po’ di vergogna, è costretto a riconoscere che questa normativa è incoerente ed il linguaggio è incomprensibile, tanto da prevedere la emanazione di un decreto apposito per il “coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo“; aggiungendo, però, che questo deve servire a “rendere più agevole la realizzazione degli interventi che comportano la gestione delle terre e rocce da scavo“.
Peccato che non prenda in considerazione l’unica strada seria e conforme ai dettami della Ue: prevedere, sì, che le terre da scavo siano riutilizzate invece che andare in discarica purché siano veramente terre da scavo e ciò avvenga con tutte le garanzie, i controlli e i trattamenti che la legge prevede per il recupero di rifiuti; e non certo attraverso l’espediente della loro liberalizzazione in quanto gabellate per “sottoprodotti”.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Il T-tip fa male alla salute

TTIP
La Rete Sostenibilità e Salute, insieme al Circolo per la Decrescita Felice di Torino ed in collaborazione con l’Assemblea Cavallerizza 14:45, il Comitato Stop T-tip di Torino, il Segretariato Italiano degli Studenti di Medicina (Torino) e il Collettivo Medici senza Bandiere, organizza a Torino per il 13 giugno 2015 alla Cavallerizza Reale (via Giuseppe Verdi 9, Torino) dalle ore 10 alle ore 18,30 la seconda Conferenza nazionale Decrescita, Sostenibilità e Salute: dalla Carta di Bologna al T-tip, la parola ai cittadini. L’iniziativa fa parte del Festival della Complessità.
È passato più di un anno dalla Conferenza alla Camera dei deputati, da cui è partita la costruzione della Rete Sostenibilità e Salute che conta ventidue associazioni attive nell’ambito di un fare critico nella salute. La Rete in questo tempo ha continuato a lavorare operosamente. Ora, per la prima volta, si presenta in pubblico per promuovere il suo manifesto – La Carta di Bologna per la Sostenibilità e la Salute - e alcune riflessioni sul T-tip, il terribile e ormai noto Trattato di libero commercio bilaterale attualmente in discussione tra Unione europea e Stati uniti che potrebbe cambiare drasticamente le basi da cui dipende la nostra salute.
La salute, per la Rete Sostenibilità e Salute, è non solo un diritto da tutelare, ma anche un bene comune, di cui prendersi cura in modo attivo, attraverso la partecipazione responsabile e diretta delle persone e delle comunità nella definizione e nell’attuazione delle politiche, così come nella costruzione di una società alternativa sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale. “Noi crediamo ciò sia possibile e sia ora di agire – dice Jean-Louis Aillon, della Rete – Per questo ne parleremo alla Cavallerizza Reale, bene comune in svendita e liberato dalla cittadinanza, ora laboratorio per una progettazione partecipata e sostenibile della città di Torino”.

fonte: http://comune-info.net

Premio Nazionale Comuni Virtuosi - Anno 2015

C’è tempo fino al 31 maggio 2015 per concorrere al Premio indetto dall’ “Associazione dei Comuni Virtuosi” per riconoscere e premiare le buone pratiche avviate dagli Enti Locali, con riferimento alla gestione del territorio, all’impronta ecologica della macchina comunale, ai gestione dei rifiuti, alla mobilità sostenibile e alla stimolazione di nuovi stili di vita della cittadinanza.

 comuni virtuosi   

L’Associazione dei Comuni Virtuosi, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e dell’ANCI, rilancia il “Premio Comuni Virtuosi”, nato con lo scopo di riconoscere, premiare e diffondere le buone pratiche sperimentate in campo ambientale dagli enti locali italiani: dai rifiuti alla mobilità, dall’energia ai beni comuni, dalle politiche partecipative alla gestione del territorio, passando attraverso la concretezza e il buon senso.
La IX edizione del Premio vuole essere anche un’opportunità per contribuire alla creazione di una maggiore sensibilità da parte dei cittadini e di un maggiore incoraggiamento ad altri soggetti pubblici al tema delle “buone pratiche”, attraverso la promozione di casi esemplari di esperienze avviate in quest’ultimo anno con successo.

Al Premio possono concorrere tutti gli Enti locali che abbiano avviato politiche (azioni, iniziative, progetti caratterizzati da concretezza ed una verificabile diminuzione dell’impronta ecologica) di sensibilizzazione e  di sostegno alle “buone pratiche locali” con particolare riferimento alle seguenti 5 categorie:
- gestione del territorio (opzione cementificazione zero, recupero aree dismesse, progettazione partecipata, bioedilizia, ecc.);
- impronta ecologica della macchina comunale (efficienza energetica, acquisti verdi, mense biologiche, ecc.);
- rifiuti (raccolta differenziata porta a porta spinta, progetti per la riduzione dei rifiuti e riuso, ecc);
- mobilità sostenibile (car sharing, car pooling, trasporto pubblico integrato, piedibus, scelta di carburanti alternativi al petrolio e meno inquinanti, ecc.);
- nuovi stili di vita (progetti per stimolare nella cittadinanza scelte quotidiane sobrie e sostenibili, quali: autoproduzione, filiera corta, cibo biologico e di stagione, sostegno alla costituzione di gruppi di acquisto, turismo ed ospitalità sostenibili, promozione della cultura della pace, cooperazione e solidarietà, disimballo dei territori, diffusione commercio equo e solidale, autoproduzione, finanza etica, ecc.).

Anche quest’anno, come nella precedente edizione, possono altresì avanzare candidature tutti quei soggetti di una comunità locale che in forma libera o associata (associazioni, comitati, cooperative) che intendano valorizzare esperienze e progettualità promosse dall’amministrazione comunale del Comune di residenza: importante segnale di cittadinanza attiva e attenta alle iniziative di sostenibilità ambientale.
In tal caso, il quantitativo minimo di cittadini residenti promotori della candidatura dovrà essere pari a 50 per i Comuni fino a 5.000 abitanti, pari a 100 per i Comuni con più di 5.000 abitanti, avallata dall’Amministrazione Comunale che dovrà coprire le spese di iscrizione (50 euro).

Gli enti locali interessati a partecipare dovranno far pervenire entro e non oltre il 31 maggio 2015 all’indirizzo email: info@comunivirtuosi.org (o tramite il servizio on line gratuito WeTransfer in caso di file pesanti) una scheda riassuntiva dell’iniziativa intrapresa che si vuole evidenziare la quale complessivamente indichi:
- l’Ente Locale Promotore;
- la Categoria dell’iniziativa e finalità della stessa;
- una sintetica Descrizione dell’iniziativa effettuata (sino ad un massimo di 4 cartelle eventualmente supportate da materiale fotografico, audio o video);
- i Tempi di realizzazione ed attuazione;
- i Soggetti coinvolti nella sua realizzazione;
- i Risultati conseguiti.

La Commissione Giudicatrice del Premio  è composta da: Alessio Maurizi, di “Radio 24”, media partner di questa edizione del Premio con il Programma “Si può fare”; Andrea Bertaglio (“La Stampa”), Maurizio Tira (Università di Brescia); Andrea Segré (Università di Bologna); Paolo Pileri (Politecnico di Milano), Luca Martinelli (“Altreconomia”); Massimo Buccilli (A.D. Velux Italia); Eliana Bruschera (Novamont); Silvia Ricci (Responsabile Campagne Comuni Virtuosi); Laura Guardini (Corriere della Sera).

La Commissione, ricevuta copia di tutte le schede di partecipazione pervenute, valuterà i contenuti di merito, proclamerà i vincitori e ne trasmetterà i nomi alla Segreteria del Premio per la comunicazione ufficiale.
Per ogni categoria potranno essere proclamati due vincitori, uno per i comuni sotto i 15.000 abitanti e uno per i comuni sopra i 15.000 abitanti (ammesso che vi siano almeno 10 comuni per ognuna delle quote fissate, in caso contrario verrà assegnato un unico premio per categoria).
Inoltre, verrà proclamato un vincitore assoluto del Premio “Comuni virtuosi”, e sarà il Comune che avrà evidenziato un’azione integrata trasversale alle 5 categorie del premio. Al vincitore assoluto spetterà un premio di 4.000 euro da spendere per iniziative di risparmio energetico o di educazione ambientale nelle scuole.
Il giudizio della Commissione è inappellabile e insindacabile. Le modalità di discussione interne alla Commissione per la scelta dei vincitori sono autonomamente decise dalla Commissione ed egualmente insindacabili.

La Cerimonia di Premiazione avverrà nel corso di un incontro pubblico che si terrà a Forlì nell’ambito della “Notte Verde del Buon Vivere”, sabato 19 settembre 2015.
In tale sede avverrà la proclamazione ufficiale e la  consegna dei Premi da parte dei membri della Commissione giudicatrice con relativo attestato di merito recante la motivazione della scelta. 

fonte: http://www.regionieambiente.it/



LA CAMPAGNA DI PROMOZIONE DEL SUGHERO PARTNER DI MOVIMENTO TURISMO VINO PER SENSIBILIZZARE SUL RICICLO DI QUESTO PREZIOSO PRODOTTO



Si parte con un’azione di recupero tappi nelle cantine socie MTV in Lombardia, Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Umbria, Molise e Puglia. Primo appuntamento il grande evento Cantine Aperte.



Milano, 21 maggio 2015Al via, in occasione di Cantine Aperte 2015 il 30 e 31 maggio, la collaborazione tra la Campagna di Promozione del Sughero e Movimento Turismo del Vino per sensibilizzare produttori e appassionati di vino sulle caratteristiche uniche di questo prodotto.

Partita nel 2014, la Campagna è sostenuta e finanziata da APCOR (Associazione Portoghese dei Produttori di Sughero), da Assoimballaggi/Federlegnoarredo, Rilegno e dalle aziende produttrici Amorim Cork Italia, Sugherificio Ganau, Sugherificio Molinas e Mureddu Sugheri ed è attiva in Italia e in altri 6 paesi europei ed extraeuropei, tra cui Cina e Stati Uniti.
Con un focus sulla sostenibilità e sul riciclo, insieme a Movimento Turismo del Vino la Campagna posizionerà, all’interno di 300 aziende socie in Lombardia, Valle d’Aosta, Toscana, Marche, Umbria, Molise e Puglia, dei contenitori in carta riciclata per la raccolta dei tappi di sughero. L’iniziativa partirà in occasione di Cantine Aperte e si estenderà fino alla fine dell’anno. I tappi raccolti verranno poi convogliati da Rilegno ai riciclatori di zona perché abbiano una nuova vita.

“Abbiamo deciso di affiancare il Movimento Turismo del Vino nelle sue diverse attività perché siamo certi che le cantine socie potranno offrire un prezioso contributo a sostegno di questo materiale, amplificandone i messaggi di qualità, unicità e sostenibilità” - afferma Mauro Ganau, Consigliere Incaricato Gruppo Sughero di Assoimballaggi di FederlegnoArredo per la campagna di promozione del sughero Intercork II - “Essere presenti per un anno laddove le bottiglie si incontrano con il sughero è per noi di fondamentale importanza. Sono anche certo che un contesto come quello della cantina raddoppierà la forza della nostra comunicazione”.

“Questa nuova partnership” - aggiunge Daniela Mastroberardino, Presidente del Movimento Turismo Vino – “ribadisce l’impegno delle nostre cantine verso la tutela della qualità del vino ma anche verso la salvaguardia dell’ambiente in cui operano ogni giorno. L’enoturismo deve infatti andare di pari passo con la difesa dei nostri territori che sono unici al mondo, perché questo conta sempre di più nel determinare le scelte dei viaggiatori”.

Con questa attività si vuole promuovere un utilizzo consapevole del sughero, un prodotto 100% naturale e riciclabile. Viene infatti estratto direttamente dalla corteccia delle querce da sughero, tramite la decortica, processo con il quale la pianta, ogni 10 anni, viene “spogliata” della sua parte più esterna, dalla quale si ricavano poi i tappi. Dopo il suo utilizzo il tappo può essere riciclato, sminuzzandolo in tanti piccoli pezzi, per andare a formare non solo tappi tecnici, ma anche scarpe, lampade, oggetti di arredo o pannelli isolanti utilizzati nell’edilizia.



Campagna di promozione del sughero 2014-2015

Per maggiori informazioni, visitare:

Per informazioni stampa: Noesis Comunicazione – 02 8310511 – 348 4918834 Laura Mazza, Maria Laura Varcaccio laura.mazza@noesis.net, marialaura.varcaccio@noesis.net