Si parte dai rom,
ultimo anello di una catena che alimenta una “terra dei fuochi” ad est
della Capitale, dove colletti bianchi e imprenditori senza scrupoli
muovono “scarti materiali” e “scarti umani” per trarre profitti. L’indagine prende spunto da loro, gli abitanti nelle baraccopoli romane che chi ha governato Roma ha chiamato senza vergogna «villaggi della solidarietà».
A Roma sono anni che
il tema dei roghi tossici appiccati in prossimità dei “campi nomadi”
riempie colonne di giornali sollevando la comprensibile indignazione di
comitati di quartiere. Sull’argomento si spendono commenti di ogni
genere, si organizzano riunioni e manifestazioni, si assiste a prese di
posizione di esponenti politici. Periodicamente la questione trova
sbocco in una interpellanza parlamentare.
E’ facile guardare
il dito, più difficile osservare la luna. Anzi, è proprio di chi non
vuole che si guardi la luna, focalizzare l’attenzione sul dito! E così,
mentre ci si preoccupa della diossina che scaturisce dal rogo tossico
appiccato nella baraccopoli di Salone o in quella di Salviati, a Roma
bruciano capannoni e la discarica dell’Inviolata o la Basf (ribattezzata
l’Ilva di Roma dagli autori del libro inchiesta) inquinano falde e vomitano veleni a ciclo continuo.
Emblematico è il caso dell’impianto Basf, inceneritore della multinazionale tedesca,
collocato proprio a ridosso della baraccopoli di Salone e non lontano
dal quartiere di Tor Sapienza dove la battaglia contro i roghi tossici
dei rom da parte di cittadini e di comitati di quartieri ha raggiunto i
livelli più alti. L’impianto vomita giornalmente nell’aria di Roma quasi
200.000 metri cubi di fumi inquinanti, saturi di
palladio e diossina, che contengono circa 30 chilogrammi di sostanze
tossiche. A pochi metri dall’impianto sorgono case e strutture per
bambini, anche se l’Asl di Roma lo ha classificato come “industria
insalubre di prima classe” vietando qualsiasi tipo di insediamento
abitativo nell’area limitrofa.
Perché allora
prendersela con i roghi tossici sprigionati nelle baraccopoli romane il
cui impatto è infinitesimamente meno grave dei fumi che escono dalle
ciminiere della Basf? Perché serve a distogliere l’attenzione provocando
una guerra tra poveri che solleva le istituzioni dalle loro
responsabilità. Perché alla fine, non dimentichiamolo, i primi a
respirare i veleni della Basf sono i mille rom che abitano a 500 metri dall’impianto.
Sono loro le principali vittime collaterali di una filiera che
imprigiona Roma nel fumo tossico, che si arricchisce e si autoalimenta
nello smaltimento illegale di rifiuti.
La Basf e la baraccopoli vicina condividono la medesima via di Salone ma anche un unico destino. Nella prima vengono inceneriti catalizzatori esausti, nella seconda viene annichilita un’umanità sfinita.
Nella cosiddetta “Ilva romana” viene trattato lo “scarto materiale”,
nella baraccopoli di Salone viene contenuto e compresso lo “scarto
umano”, quello in esubero, non produttivo e senza funzione utile. Come i
rifiuti tossici prima di essere inceneriti sono sigillati in
contenitori a tenuta stagna, così il ghetto per soli rom è il luogo da
cui non si può uscire, né fisicamente né mentalmente. Entrambi sono
presidiati da forme rigide di controllo poliziesco.
Entrambe rappresentano le istituzioni dove il “rifiuto materiale” e il
“rifiuto umano” vengono smaltiti e trasformati in qualcosa di diverso,
senza più alcuna sembianza rispetto alla forma originaria. I due
“rifiuti” generano paura e la paura alimenta l’odio e il disprezzo.
E allora, seguendo i segnali di fumo di A Ferro e Fuoco,
scopriamo che piuttosto che indicare i roghi tossici degli insediamenti
romani come il “problema dei problemi”, sarebbe più onesto individuare
altrove le responsabilità della diossina presente nell’aria romana.
La risposta non è dentro la baraccopoli ma al di fuori, nelle sale
degli amministratori incapaci di fare programmazione politica e negli
uffici di imprenditori senza scrupolo, gli stessi che attendono con
ansia le prossime elezioni amministrative per trasformare veleni in
euro. Lasciando che i cittadini della periferia continuino a prendersela
con i rom…
fonte: www.ilfattoquotidiano.it