Per
motivi di "opportunità economica", la multinazionale petrolifera
britannica ha deciso di non sostenere più il polo museale di Londra. In
realtà, le azioni dimostrative degli attivisti e contestatori sono state
decisive. Anche se l'intreccio tra grandi compagnie e istituti culturali resta molto forte. In 26 anni il colosso ha versato circa 5 milioni di euro
Anni e anni di
proteste hanno finalmente portato i loro frutti: dal 2017 la
multinazionale britannica del petrolio BP non sponsorizzerà più il polo
museale Tate, ponendo fine a una “relazione” che durava ormai da quasi tre decenni. Lo ha rivelato in prima battuta il quotidiano inglese The Independent,
ma la notizia è stata poi ripresa da vari quotidiani internazionali,
tra cui il New York Times. Tutti hanno riportato la versione ufficiale
della compagnia, che avrebbe preso la decisione in base a criteri di
mera opportunità economica e non a causa delle proteste di una nutrita
fetta della società civile inglese.
Le numerose azioni inscenate negli anni dai contestatori hanno infatti giocato un ruolo fondamentale nell'intera vicenda.
Azioni spettacolari, evocative e molto
artistiche, su questo è probabile che convengano anche i vertici della
BP. Solo per citarne alcune, nei vari musei londinesi della Tate si sono
tenuti un esorcismo di massa, per scacciare i demoni dell'olio nero,
una lunga sessione (25 ore) di scrittura sui pavimenti di messaggi
inerenti i cambiamenti climatici e degli attivisti si sono tatuati sul
corpo i dati sulle emissioni di CO2 rilasciate nell'atmosfera dall'anno
della loro nascita.
La lotta di realtà come il collettivo
Liberate Tate e l'organizzazione londinese Platform ha riguardato
inoltre le cifre del contributo economico fornito dalla BP alla Tate. Ci
è voluta una causa in tribunale per sapere che in totale in 26 anni la
multinazionale petrolifera aveva versato 3,8 milioni di sterline (circa 5
milioni di euro) per avere il suo logo in bella mostra in alcuni degli
spazi espositivi più famosi e visitati di Londra. Il direttore della
Tate Nicholas Serota ha ringraziato pubblicamente la compagnia, lodando
il suo grande sostegno per ogni forma d'arte, mentre il ministro della
Cultura Ed Vaizey si è detto ben contento che la BP continui a
finanziare altri musei di primissimo piano, quali il British Museum e la
National Portrait Gallery.
La società civile inglese invece ha
giustamente cantato vittoria, ben sapendo che sono ancora tante le
campagne da vincere per spezzare l'intreccio tra cultura e combustibili
fossili.
fonte: www.altraeconomia.it