A Fukushima da qualche parte sotto la centrale, in punti non identificati, ci sono tre “blob” di roba tremendamente radioattiva: il corium, il frutto della fusione del nocciolo di tre reattori nucleari.
Quante persone ne sono consapevoli? A Chernobyl il “blob” fu uno solo,
prontamente localizzato e isolato dall’ambiente circostante con il
famoso sarcofago, mentre in Giappone non é stato ancora possibile farlo: la tragedia prosegue e ogni giorno genera 500 tonnellate
di acqua fortemente radioattiva. C’é il sospetto fondato che l’acqua
radioattiva raggiunga l’oceano Pacifico, sulla cui riva sorge la
centrale nucleare devastata dal terremoto e dallo tsunami nel marzo
2011. Ne abbiamo parlato il 22 marzo qui al Parlamento Europeo, insieme a Nuclear Transparency Watch, durante un evento destinato all’anniversario e alle lezioni che l’Europa (non) ne ha tratto. Mentre arrivavano le notizie degli attentati in città non ci siamo fermati perché ci è sembrato un dovere civico rimanere per quanto possibile al proprio posto e portare avanti le normali attività.
Nel 2011 a Fukushima il terremoto
impedì l’arrivo dell’energia elettrica alla centrale e lo tsunami
mise fuori uso i generatori diesel di emergenza. Le centrali nucleari
infatti producono energia, ma paradossalmente devono sempre a loro volta
essere alimentate di elettricità quando vanno fuori uso, altrimenti é
impossibile raffreddare il reattore e le reazioni nucleari vanno fuori controllo.
Il nostro intervento si é concentrato
sulla situazione della centrale nucleare, perché comunemente si crede
che l’incidente sia stato grave, ma non gravissimo, dal momento che la Tepco (l’operatore dell’impianto) ha fatto filtrare le informazioni nel corso degli anni, quando Fukushima era scomparsa dalle prime pagine dei giornali.
In molti siamo rimasti alla prima versione della Tepco con la sua prima, tranquillizzante stima
secondo la quale era “danneggiato” (danneggiato, non fuso…) il 70% del
combustibile nucleare nel reattore 1, il 33% nel reattore 2 e
possibilità di “danni” anche al combustibile del reattore 3.
Adesso invece é generalmente riconosciuto che nei tre reattori di Fukushima é avvenuto un “melt through”:
il combustibile nucleare si é fuso insieme all’acciaio dell’involucro
di contenimento entro il quale avvengono le reazioni nucleari ed é uscito dai reattori.
Lo ha scritto
ad esempio la prudentissima e attentissima agenzia Reuters in occasione
di questo quinto anniversario della tragedia. La Tepco ha iniziato le prime ammissioni
solo nel novembre 2011 – otto mesi di ritardo – parlando di possibili
“danni” all’integrità dell’involucro di contenimento del reattore 1. Il
resto é arrivato goccia a goccia e talvolta per vie indirette:
alla luce di questo, é ragionevole chiedersi se, e fino a che punto, la
Tepco ammetta la gravità dei problemi attuali e se le informazioni di
pubblico dominio siano sufficienti a tratteggiare il quadro della
situazione.
Come si é arrivati alla consapevolezza del triplice “melt through”? Nel 2015 sono iniziate le ricerche dei resti del combustibile nucleare, per rimuoverli o almeno per isolarli in qualche modo come a Chernobyl. Grazie alla scansione a muoni è emerso che non c’é più combustibile nucleare nel reattore 1 (la fonte é un articolo sulla rivista scientifica Science, riservato agli abbonati) e che ben poco ne sarebbe rimasto nel reattore 2 (per verificarlo bisognerebbe leggere il giapponese). Se il combustibile nucleare non é nel reattore ne consegue che ne é fuoriuscito e
che per farlo deve aver fuso l’acciaio dell’involucro di contenimento. E
anche il reattore 3 ha affrontato la stessa mancanza di raffreddamento.
Ma dove sono i “blob”, il risultato della fusione del combustibile e del reattore? Non si sa. La zona é troppo radioattiva per essere esplorata dagli umani e perfino dai robot.
I “blob”, ovunque si trovino, devono essere continuamente raffreddati. Infatti migliaia di persone ogni giorno lavorano a Fukushima: lottano contro la radioattività e contro l’acqua radioattiva. Si versa acqua su quel che resta dei reattori, con lo scopo di impedire che il “blob” si riscaldi. Si pompa via l’acqua per 500 tonnellate al giorno della falda sotterranea, che si infiltra negli scantinati e diventa altamente radioattiva.
Nessuno sa bene cosa farne: pur se
viene decontaminata, dato che non é possibile però rimuoverne
completamente la radioattività, viene stoccata in serbatoi. Attualmente
attorno alla centrale ci sono già circa mille serbatoi, ciascuno dei quali contiene 1000 tonnellate di acqua e continuamente ne vengono costruiti di nuovi.
Si ritiene che l’acqua di falda radioattiva raggiunga l’oceano Pacifico,
sulla cui riva si trova Fukushima, ma la Tepco sostiene che il suo
impatto sia limitato all’interno del porto sul quale si affaccia la
centrale nucleare e che il problema dell’acqua verrà risolto con la
costruzione di un muro di ghiaccio sotterraneo attorno alla centrale nucleare. Il progetto tuttavia é stato bloccato
dall’autorità nipponica di regolamentazione nucleare che ha obiettato
che una volta realizzato il muro sotterraneo, l’acqua radioattiva nelle
cantine raggiungerebbe il livello del suolo, traboccherebbe fuori dall’edificio, e prenderebbe comunque una strada verso il mare.
In poche parole nessuno sa cosa fare…
fonte: http://www.dariotamburrano.it