Un anno e mezzo fa il ministro dell’Ambiente italiano: «Introdurre Iva agevolata al 4% per prodotti riciclati». Poi più nulla
In Europa, complessivamente l’evasione dell’Iva vale qualcosa come
170 miliardi di euro su 1.000 raccolti (il 7% del Pil Ue). È questa, per
la precisione, la cifra che – secondo gli ultimi dati in possesso della
Commissione Ue, aggiornati al 2013 – separa la differenza tra le
entrate Iva previste e quelle effettivamente riscosse negli Stati
membri: un ammontare che in Italia pesa in particolar modo. Si tratta di
cifre assai piccole se confrontate con quelle che girano attorno ai
grandi capitali, messi da ultimo nel mirino con l’inchiesta Panama papers. Come ricordato dal Manifesto, nei paradisi fiscali secondo il Tax Justice Network
si nascondono «tra i 21mila e i 32mila miliardi. Di questi, minimo
7.600 sarebbero di proprietà di soli individui ricchi, quelli
principalmente sbugiardati dalle ultime rivelazioni». I 170 miliardi di
euro individuati dalla Commissione sono però altrettanto scomodi in
quanto vicini. Hanno a che fare col commercio di tutti, dei comuni
cittadini.
«Si tratta di un enorme spreco di risorse – ha dichiarato Pierre
Moscovici, Commissario per gli Affari economici e finanziari – che
potrebbero essere investite per la crescita e l’occupazione. È ora di
riappropriarsi di queste risorse. Vorremmo inoltre offrire agli Stati
membri maggior autonomia per la definizione delle aliquote Iva ridotte.
Il nostro piano d’azione permetterà di ottenere risultati su tutta
la linea».
Per ridurre il divario dell’Iva, l’Europa ha preferito muoversi alla
radice, e proporre una revisione complessiva dell’imposta sul valore
aggiunto. Un piano d’azione presentato oggi, che si muove lungo due
pilastri. Il primo rivede l’attuale sistema dell’Iva per il commercio
transfrontaliero, entrato in vigore nel 1993 (quando l’e-commerce, ad
esempio, praticamente non esisteva) e ormai soggetto a frodi
sistematiche – pari a 50 miliardi di euro l’anno – che sfruttano le
diverse normative nazionali di riferimento. Il secondo pilastro prevede
invece una riforma più generale dell’Iva, che porti a una maggiore
autonomia per gli Stati membri nella scelta delle aliquote agevolate. Si
tratta di un cambio passo molto importante, potenzialmente decisivo per
garantire in Europa maggiore slancio all’economia circolare e al
mercato dei beni riciclati. Peccato che quest’aspetto, che arriva al
cuore della più volte annunciata riforma fiscale ecologica, non sia oggi
mai stato toccato direttamente a Bruxelles.
Per individuare quale via intraprendere, la Commissione chiederà ora
al Parlamento europeo e al Consiglio, con il sostegno del Comitato
economico e sociale europeo, di fornire un chiaro orientamento politico,
per poi presentare in quest’anno e nel prossimo «proposte su tutte le
questioni sollevate». L’Italia da che parte sta in questa partita?
Ormai un anno e mezzo fa l’attuale ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, dichiarò chiaramente:
«Nei mille giorni che abbiamo davanti mi piacerebbe introdurre l’Iva
agevolata al 4% per certi prodotti riciclati». Si tratta di puro buon
senso (oltre che una storica proposta della nostra redazione), «semplicemente perché – come è stato ribadito dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa
– se un prodotto è fatto con materiale riciclato, quel prodotto l’Iva
l’ha già pagata, e non ha senso fargliela pagare due volte per intero».
Oltre ad una mirata politica industriale sulla rinnovabilità della materia, occorre adoperare
(sia per gli scarti produttivi che per quelli post consumo) la stessa
leva adoperata per la rinnovabilità dell’energia. Basterebbe azzerare (o
ridurre drasticamente) l’Iva per rendere competitiva materia e prodotti
derivati da riciclo di materia: sugli incentivi la via più semplice
sarebbe proprio quella di agire sull’Iva. Con l’Iva al 5%, o anche al
10%, tutti i prodotti e/o manufatti realizzati con materiale riciclato
diventerebbero immediatamente appetibili al consumatore, alle
amministrazioni e alle imprese.
Eppure i mille giorni citati da Galletti si stanno avvicinando a
chiusura senza esito. Mille giorni erano il tempo che, a settembre 2014,
il governo Renzi si era dato per «cambiare alla radice». Mille giorni
che scadono tra un anno, a maggio 2017. Da quella dichiarazione
estemporanea di Galletti, però, dell’Iva agevolata sui prodotti
riciclati non se n’è però saputo più nulla.
L’ipotesi lanciata da Galletti non è rientrata nelle leggi di Stabilità, come pure non si è concretizzata all’interno del Collegato ambientale,
che per il riciclo prevede solo sparuti quanto vaghi incentivi. Anche
la Commissione europea, nel celebrato pacchetto per l’economia
circolare, rimane indietro. Adesso la riforma dell’Iva su tutto il
territorio europeo torna a riaprire una possibilità: speriamo che dalla
retorica sull’economia circolare si passi finalmente ai fatti.
fonte: http://www.greenreport.it/