Sono trascorsi alcuni mesi dalla Cop 21 di Parigi ma le preoccupazioni sugli effetti devastanti dei cambiamenti climatici continuano a crescere. I giudizi severi sul vertice francese non erano frutto di pessimismo ma di rigorose letture critiche rispetto alla comunicazione irresponsabile favorita dai governi e dai media non si sa se più incompetenti o più compiacenti. Forse entrambe le cose. Alluvioni e siccità cominciano a delineare delle fasce di territori che più risentono del riscaldamento globale. I danni all’ambiente e a tutti gli esseri viventi fanno risaltare la spietata e criminale ragione economica che li determina. Le poche notizie relative ad attività di base e a movimenti popolari che tentano di realizzare processi positivi dovrebbero moltiplicarsi per incidere ma sono una via, forse la sola, percorribile
Ancora una raccolta di notizie sulla situazione ambientale causata dal mutamento climatico in rapido aggravamento. Il periodo in esame si riferisce ai primi mesi dopo la COP 21 di Parigi, che non sembra aver avuto effetti anche minimi sulla situazione del pianeta, anche quando gli eventi narrati hanno carattere positivo. Colpisce invece l’aumento di fenomeni di uguale gravità ma di segno opposto in paesi apparentemente lontani: alluvioni e siccità cominciano a delineare delle fasce di territori che più risentono del riscaldamento globale. I danni al mondo animale e alla natura continuano a presentarsi con una costanza che evidenzia la forte spinta economica che li determina e che deve avere un suo ruolo importante nel sistema economico dominante e globale. Le poche notizie relative ad attività di base e a movimenti popolari che tentano di realizzare processi positivi dovrebbero moltiplicarsi molte volte per incidere sulle dinamiche climatiche e al momento costituiscono l’unica via percorribile malgrado le tante difficoltà da superare.
- India, un paese illuminato a Led. “Siamo riusciti a spuntare un prezzo di 73 rupie (un euro), per ogni lampadina, il 76% in meno rispetto alle 310 (4,2 euro) del febbraio 2014. Ne abbiamo cambiate già 45,9 milioni, dovremo arrivare presto ai 710 totali, potremo così abbattere i consumi. E i costi: in particolare la domanda di energia per illuminare le strade di 100 città – 35 milioni di lampadine – passerà da 3400 Mw a 1400, con un risparmio di 5,5 miliardi di euro all’anno. Anche l’emissione di anidride carbonica, fonte di inquinamento atmosferico che vede l’India al terzo posto fra i responsabili mondiali verrà –in questo ambito – abbattuta del 50-70% . Il piano del primo ministro Narendra Modi per i nuovi lampioni procede anche più rapidamente del previsto. Un buon abbrivio anche per l’altro, ambizioso piano energetico annunciato dal governo: quello della diffusione dell’energia solare, che dovrebbe generare 100 GW entro aprile 2022. (Sette, pag.3, 22 gennaio 2016)
- Se il condominio è eco. Il miglior esempio di sostenibilità per il nuovo anno? Lo offre l’esperienza delle Eco Courts, progetto partito da una scommessa: dimostrare che i condomini e gli insiemi di cittadini possono essere il luogo ideale in cui avviare iniziative di condivisione e riduzione dello spreco di risorse. Per questo, nel 2011, sono stati selezionati quattro condomini pilota (a Milano, Cinisello Balsamo, Roma e Rogoredo) intorno ai quali è cresciuta una comunità virtuale di oltre 5000 persone interessate ad avere eco-consigli. Fra riunioni di condominio e laboratori tematici, in tre anni, le Eco-Courts hanno realizzato dalla più classica raccolta di oli da cucina, pile, farmaci, toner e lampadine, al bike sharing (recuperando vecchie bici); da una casa dell’acqua nel cortile (per dire basta alle bottiglie di plastica) fino a un parco elettrodomestici a disposizione di tutti, un orto condominiale, un laboratorio per il fai-da-te, persino una palestra. Ma oltre alle soluzioni creative, in termini di risparmi effettivi, il bilancio conclusivo del progetto (replicabile) ha confermato la sua portata innovativa: si è evitata la emissione di 2579 tonnellate di C02 nell’atmosfera, con una riduzione di oltre il 20% nei consumi di acqua, di oltre il 30% di energia termica/riscaldamento, del 35% di energia elettrica. Tutorial e materiali conclusivi dell’esperienza sono a disposizione su life-ecocourts.it (Io Donna, pag. 99, 10 gennaio 2015)
- Francia, Renault sotto inchiesta. Il 19 gennaio la casa automobilistica francese Renault ha richiamato 15.000 auto sospettate di produrre emissioni di gas di scarico superiori ai livelli consentiti dalle norme. La decisione, spiega la Bbc, è arrivata dopo l’apertura di un inchiesta e la perquisizione di tre impianti dell’azienda. Il caso ha fatto crollare le azioni della Renault: infatti gli investitori temono che possa ripetersi uno scandalo simile a quello della Volkswagen. La ministra francese dell’energia Ségolène Royal ha detto che la Renault non è l’unica casa automobilistica a violare i limiti, ma non ha rivelato i nomi delle altre aziende che sarebbero coinvolte. (Internazionale n.1137, pag.103, 22 gennaio 2016).
- Il 14 gennaio la banca d’affari Goldman Sachs ha annunciato un accordo con le autorità statunitensi per mettere fine a una serie di azioni legali collegate alla crisi dei mutui spazzatura del 2008.L’istituto ha accettato di pagare un totale di cinque miliardi di dollari tra multe e risarcimenti. (Internazionale n.1137, pag. 103, 22 gennaio 2016)
- La ricchezza dell’élite. Secondo la ong britannica Oxfam, le 62 persone più ricche del mondo possiedono un patrimonio pari a quello del 50% più povero della popolazione mondiale (circa 3,6 miliardi di persone), che dal 2010 si è impoverito del 41%. Cinque anni fa ci volevano 388 miliardari per raggiungere un patrimonio equivalente. “Le disuguaglianze continuano ad aumentare”, scrive Die Tageszeitung. (Internazionale n. 1137, pag.103, 22 gennaio 2016)
- Alex, l’uragano fuori stagione. Quest’anno gli uragani sono arrivati presto nell’emisfero nord. Subito dopo Pali, il primissimo ciclone tropicale del Pacifico centrale, anche l’Atlantico orientale ha sfornato un’insolita tempesta: il 14 gennaio una depressione tropicale si è trasformata in Alex, il primo uragano della zona dal 1938 e il quarto nel mese di gennaio in 150 anni. Alle 11 ora delle Azzorre, il satellite Terra ha scattato questa foto di Alex. Due ore dopo, i venti soffiavano a 140 chilometri all’ora. Alex non è insolito solo perché è un uragano invernale, ma anche perché è il secondo a formarsi in quel tratto di Atlantico del Nord (a nord del 30°parallelo nord e a est del 30° meridiano ovest) da quando sono cominciate le registrazioni nel 1851. In genere quando la temperatura della superficie marina è inferiore ai 26 gradi gli uragani non si formano, per cui è sembrato strano che Alex si formasse con un’acqua a circa 22 gradi. Scott Braun, meteorologo della Nasa, ha spigato però che questa temperatura dell’acqua è superiore alla norma (di mezzo grado o un grado) e, soprattutto, che una sacca di bassa pressione nell’alta atmosfera ha fatto sì che la temperatura dell’aria fosse abbastanza fredda rispetto all’acqua. “ La differenza di temperatura tra superficie e strati superiori era sufficientemente forte da creare una instabilità convettiva. L’attività temporalesca ha gradualmente scaldato lo strato superiore dell’acqua fino a trasformare il ciclone extratropicale in un ciclone tropicale”. Il primo uragano dell’Atlantico a cui viene dato un nome si forma in media il 9 luglio, scrive il Washington Post. E solo lo 0,5 per cento delle tempeste tropicali si registra prima del 1 giugno. (Mike Karlowicz (Nasa), Internazionale n. 1137, pag. 99, 22 gennaio 2016, con foto)
- Il ciclo glaciale saltato. L’accumulo di emissioni di anidride carbonica passate e future potrebbe rinviare di centomila anni l’inizio della prossima glaciazione. E’ quanto prevede l’Istituto per le ricerche sull’impatto climatico di Potsdam, che ha ricostruito le otto glaciazioni avvenute nella storia climatica della Terra individuando i principali fattori che hanno preceduto ogni ciclo glaciale. Un indicatore dell’inizio della crescita delle calotte glaciali sembra essere il rapporto tra insolazione e stiva e concentrazione atmosferica di anidride carbonica. Considerata la bassa radiazione solare attuale, la glaciazione dovrebbe essere già cominciata, ma non è così. I ricercatori hanno calcolato che, anche escludendo gli effetti dell’attività umana, non comincerà prima di altri 50mila anni e che un aumento minimo di anidride carbonica sarebbe sufficiente a posticipare l’evento di altri 50mila anni. “Stiamo saltando un intero ciclo glaciale, un fatto senza precedenti”, scrive Nature. (Internazionale n.1137, pag.97, 22 gennaio 2016.
- Siccità. Quattrocentomila bambini sono a rischio di malnutrizione in Etiopia a causa della più grave siccità che ha colpito il paese negli ultimi trenta anni. Dieci milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari. L’allarme è stato lanciato dalle Nazioni Unite. In Sudafrica la siccità ha spinto il governo ad importare sei milioni di tonnellate di mais. (Internazionale n. 1137, pag.98, 22 gennaio 2016)
- Il 30% del pescato non viene dichiarato. Le statistiche ufficiali, denuncia uno studio su Nature Communication, spesso non tengono conto della pesca artigianale e di sussistenza, di quella illegale e del pesce scartato. Ogni anno nel mondo si pescano 109 milioni di tonnellate di pesce e non 77 come dichiarato nel 2010 da più di 200 paesi o territori. (Internazionale n. 1137, pag.98, 22 gennaio 2016)
- Cetacei. In Europa i cetacei sono intossicati da alti livelli di inquinanti, scrive Scientific Reports. Le orche e varie specie di delfini, tutti ai vertici della catena alimentare, hanno una forte concentrazione di pcb, sostanze chimiche tossiche usate in Europa fino al 1987. I Pcb, che rimangono a lungo nell’ambiente, sembrano essere presenti soprattutto nel Mediterraneo occidentale e a sudovest della penisola iberica. (Internazionale n. 1137, pag.98, 22 gennaio 2016)
- Guiane, Foresta troppo “dorata”. La corsa dei minatori ha distrutto dal 2000 ad oggi, 1300 km di verde. In quattro aree del Sudamerica si concentra il 90% della distruzione di foresta provocata dalla corsa illegale all’oro. La più estesa, di gran lunga, è nelle tre Guiane (Guiana, Guiana Francese e Suriname) e nell’area limitrofa che appartiene al Venezuela. Seguono la regione di Madre de Dios nell’Amazzonia peruviana, l’area tra i fiumi Xingu e Tapajos in Brasile e infine la regione del Rio Magdalena in Colombia, quella che ispirò a Garcia Marquez i suoi racconti fantastici. Lo sostiene uno studio dell’Università del Portorico pubblicato di recente sulla rivista Environmental Research Letters. Era da anni che il fenomeno della corsa all’oro e dei suoi effetti sull’ambiente non era studiato nei dettagli, dando forse per scontato che appartenesse al passato. Invece nulla riesce a fermare i sogni di ricchezza di migliaia di mineros (o garimpeiros in portoghese) non appena si sparge la voce di un nuovo Eldorado. L’aumento dei prezzi del metallo giallo e la domanda dai paesi emergenti hanno contribuito al nuovo boom. Lo studio calcola che dal 2007 ad oggi oltre 1300 chilometri quadrati di foresta sono stati distrutti in Sudamerica a causa dell’attività mineraria illegale. A Guacamayo, in Perù, soltanto nel 2010 arrivarono dodicimila avventurieri, la maggior parte a bordo di bulldozer per aprirsi varchi nella foresta. Ne sparirono 400 chilometri quadrati , in una regione considerata tra le più ricche in biodiversità del mondo. La corsa all’oro non provoca soltanto l’abbattimento di alberi, ma ma la contaminazione dei corsi d’acqua a causa del mercurio impiegato per separare l’oro dalla roccia. Il fenomeno più impressionante negli ultimi anni è quello della migrazione di migliaia di garimpeiros brasiliani verso la Guiana francese. Si ritiene che metà dell’economia del territorio d’oltremare sia legata ai cercatori d’oro. (Sette, pag.49, 23 gennaio 2016)
- Stati Uniti. La città di Flint avvelenata e abbandonata. Dopo che nell’aprile del 2014 il comune aveva deciso di sganciarsi dal sistema idrico di Detroit e di prendere l’acqua dal fiume Flint per risparmiare, nella città di Flint i sono moltiplicati i casi di persone con bruciore alla pelle, tremori alle mani, perdita di capelli e perfino convulsioni. Ai bambini sono state diagnosticate anemie. I genitori trovavano strane chiazze rosse sulle loro mani e sul viso. Nonostante questo, per quasi diciannove mesi i funzionari pubblici hanno continuato a ripetere che l’acqua non aveva nessun problema. Il sindaco di Flint ne ha mandato giù un bicchiere di fronte alle telecamere. (…) Poi, alla fine di settembre del 2015, un gruppo di ricercatori dello Hurley Medical Center di Flint ha pubblicato i risultati di uno studio secondo cui il numero di bambini di meno di cinque anni con alti livelli di piombo nel sangue era raddoppiato dopo l’adozione del nuovo sistema idrico. . Solo in quel momento le autorità hanno riconosciuto la gravità della crisi. E una emergenza a lungo insabbiata si è trasformata in un caso nazionale. (Internazionale n. 1138, pag. 20 e 21, 29 gennaio 2016)
- Ancora su Flint. Nel frattempo si scopre che il governatore del Michigan si è messo d’accordo con la Nestlè, autorizzandola a prelevare 200 galloni di acqua pulita al minuto dalle riserve dello Stato. “Nestlè è il maggiore proprietario di risorse idriche del Michigan – l’acqua di cui gli abitanti di Flint hanno un bisogno estremo – e questa multinazionale avida di acqua ha stretti rapporti con l’ufficio del governatore Rick Snyder, cioè lo stesso ufficio che non ha esitato a smontare un sistema pubblico che si supponeva potesse mantenere sana la popolazione della città. In effetti, Deb Muchmore , portavoce capo per la Nestlè Michigan, è sposata con il capo dello staff del governatore Snyder. Come ha scritto di recente Michael Moore, “I Muchmore hanno degli interessi personali nel cercare di ottenere che la Nestlè riesca a sfruttare quanta più acqua pulita del Michigan sia possibile”. L’impresa è stata più volte citata in giudizio per le sue aggressive acquisizioni di riserve idriche private e l’allarmante quantità d’acqua che drena dal territorio del Michigan. Questa multinazionale è stata messa sotto accusa nel Michigan a partire dal 2003, quando un giudice ordinò alla Nestlè di bloccare le sue operazioni a causa della grave situazione ecologica e della massicci riduzione dei livelli idrici a seguito delle sue attività. Più recentemente, l’anno scorso, l’amministratore delegato della Nestlè Waters, Tim Brown, ha affermato che se fosse stato possibile imbottigliare una maggiore quantità di acqua nella California duramente colpita dalla siccità, per ottenere dei profitti, egli lo avrebbe fatto”. (Tratto da us@ SumOfUs.org , petizione del 9 febbraio 2016, con bibliografia; cfr. anche M.Gaggi, Corriere della Sera, pag.53, 12 febbraio 2016)
- Soldi in cambio di antibiotici. Entro il 2050 la resistenza agli antibiotici potrebbe causare dieci milioni di morti con un costo di centomila miliardi di dollari per la perdita di produzione economica, scrive la Bbc. Servirebbero nuovi farmaci, ma oggi all’industria farmaceutica non conviene investire nel settore. Al World economic forum 85 aziende farmaceutiche , biotecnologiche e di strumenti diagnostici, insieme a nove associazioni industriali di18 paesi, hanno quindi chiesto ai governi incentivi finanziari e nuovi modelli economici. Secondo l’economista Jim O’Neill i governi dovrebbero investire in ricerca e sviluppo tra i 16 e i 37 miliardi di dollari in dieci anni. Intanto, per frenare l’abuso di antibiotici che alimenta la resistenza , alla Duke University è stato messo a punto un test genetico, basato su semplici campioni di sangue, che riconosce con una precisione dell’87% se l’infezione respiratoria di un paziente è di origine batterica o virale. Solo nel primo caso serve l’antibiotico. Per ora il test richiede 10 ore, spiega New Scientist, ma i ricercatori puntano a ridurre il tempo di attesa ad un’ora. (Internazionale n. 1138, pag.97, 29 gennaio 2016)
- L’anno più caldo. Il 2015 è stato l’anno più caldo da quando si raccolgono i dati sul clima, cioè da 1880, annunciano la Nasa e la National oceanic and atmospheric administration. La temperatura media è stata do 0,9 gradi superiore alla media del nvecento. L’aumento è stato registrato sia sulla terraferma sia sulla superficie marina. Si pensa che al record abbia contribuito, oltre al riscaldamento globale, anche El Nino, il fenpmeno climatico periodico che nel 2015 è stato particolarmente intenso. (Internazionale n. 1138, pag. 98, 29 gennaio 2016, con mappa di tutti i continenti e andamento temperatura nel 2015 rispetto alla media registrata tra il 1981 e il 2010)
- Venticinque persone sono morte durante una enorme tempesta di neve che ha colpito la costa orientale degli Stati Uniti. A New York sono caduti 67centimetri di neve in un giorno. (Internazionale n.1138, pag.98, 29 gennaio 2016)
- Nel 2015 in Africa sono stati uccisi illegalmente almeno 1312 rinoceronti,una cifra record, scive Nature. Gran parte degli animali sono stati abbattuti in Sudafrica, dove però il bracconaggio è in leggero calo. Cresce invece in in Namibia e in Zimbabwe. (Internazionale n.1138, pag. 98, 29 gennaio 2016)
- I roghi minacciano le foreste ancestrali della Tasmania, patrimonio dell’umanità. Per molte foreste australiane il fuoco è una parte naturale della loro ecologia. Ma sull’altopiano tasmano gli incendi sono molto rari e ci sono alberi millenari che non si sono evoluti per resistergli. I roghi sono stati segnalati in 34 riserve naturali. (Internazionale n. 1138, pag. 98, 29 gennaio 2016).
- The Economist, Regno Unito. La febbre di zika preoccupa le Americhe. Il virus zika, trasmesso dalle zanzare e arrivato in Brasile nel maggio del 2015, ha ormai raggiunto altri 17 paesi delle Americhe. Fino a ottobre non era ritenuto una grande minaccia: solo un quinto delle persone colpite si ammalava e in genere provocava solo un po’ di febbre, eruzioni cutanee, dolori articolari e arrossamento degli occhi. Dopo, però, sono cominciate ad emergere prove di possibili malformazioni nei feti e problemi neurologici negli adulti. Il 15 gennaio i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) negli Stati Uniti hanno consigliato alle donne incinte di non andare nei paesi in cui ci sono focolai d’infezione.Il virus, per cui non esiste un vaccino, è stato isolato per la prima volta nel 1947 in una scimmia della foresta di Zika, in Uganda. Da allora si sa che ha provocato piccole epidemie sporadiche in alcune regioni africane e del sudest asiatico. Invece in Brasile, per motivi ancora oscuri, subito dopo il suo arrivo avrebbe contagiato un milione e mezzo di persone. L’allarme è scattato a dicembre, quando dei medici di Pernambuco, uno degli Stati nordorientali del paese, hanno notato un forte aumento di neonati con microcefalia, una malformazione in cui il cranio è eccessivamente piccolo e che spesso è associata a danni cerebrali. Nei successivi quattro mesi i casi di microcefalia sono stati più di 3500, mentre tra il 2009 e il 2014 erano in media meno di duecento all’anno. . Nessuna delle cause note del disturbo – anomalie genetiche, farmaci, alcool, rosolia, esposizione a sostanze tossiche durante la gravidanza – sembrava esserne responsabile. A metà gennaio, gli scienziati dei Cdc hanno diffuso la prova finora più convincente che lo zika si trasmette da madre a figlio. Hanno trovato il virus in quattro casi: feti o di neonati con microcefalia morti in utero o poco dopo la nascita. Alcuni ricercatori brasiliani l’avevano già trovato nel liquido amniotico di donne con feti microcefali. C’è anche un altro timore: Dopo l’arrivo della Zika in Brasile e Salvador c’è stato un netto aumento di gravi disturbi neurologici e autoimmuni, tra cui la sindrome di Guillain-Barrè, che può causare paralisi. L’aumento si è verificato anche nella Polinesia francese dopo l’arrivo del virus nel 2013. Non è facile capire fino a che punto lo zika, da solo o insieme ad altri fattori, sia responsabile di questa situazione. La febbre dengue e la chikungunya – causate da virus trasmessi dalle zanzare con sintomi simili – sono comuni dove è comparso lo zika. I test per individuarlo, sostiene Scott Weawer dell’Università del Texas, funzionano solo durante la fase infettiva,che dura pochi giorni. Dopo sono spesso inutili se il paziente ha avuto la dengue o è stato vaccinato contro la febbre gialla. E, soprattutto, solo pochi laboratori sono in grado di eseguire i sofisticati test molecolari per isolarlo. In sostanza, quindi, la maggio parte dei casi di zika non viene individuata o è confusa con altro. Dati più solidi emergeranno dagli studi prospettici avviati di recente, che seguono le donne incinte in Brasile. Lotta alle zanzare. La diffusione del virus rende sempre più urgente eliminare le zanzare che lo trasmettono. Lo zika è diffuso soprattutto dall’Aedes aegipty, che è il vettore anche della dengue e della febbre gialla e vive in clima tropicali. Tuttavia lo diffonde anche la Aedes albopictus,(zanzara tigre), anche se non si sa ancora con quanta efficacia. A dicembre il Brasile ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria e ha rimosso gli ostacoli burocratici per l’acquisto di materiali come gli insetticidi e le attrezzature per gli operatori sanitari, suscitando un dibattito sull’utilità di questa burocrazia. Ha inoltre autorizzato l’impiego dell’esercito per aiutare i 310.000 operatoti occupati nella disinfestazione dalle zanzare. (Internazionale n. 1138, pag. 96, 29 gennaio 2016).
- Gli Ogm tentano i contadini contro il “no” di Morales. Il no del governo alle sementi modificate geneticamente sta creando un forte malumore tra gli agricoltori in Bolivia, che chiedono di poter aumentare la produttività delle loro colture per competere sui mercati internazionali. Al momento, il governo di Evo Morales permette in Bolivia solo una qualità di soia Ogm, resistente ad un erbicida. Gli agricoltori vorrebbero invece nuove sementi per altri tipi di cereali, senza i quali –dicono – è impossibile per i prodotti boliviani competere con quelli di Argentina, Paraguay e Brasile nei mercati stranieri. I critici degli Ogm sostengono che i piccoli agricoltori verrebbero spazzati via dalle grandi imprese agroindustriali o resi dipendenti dai produttori di semi. I fautori sostengono che il mercato boliviano è già invaso da prodotti importati da Paesi dove non esistono le proibizioni sugli Ogm. (Sette n.04, pag.42, 29 gennaio 2016)
- Migliaia di pozzi per combattere la siccità. Ne hanno già scavati 1250, ma è solo l’inizio. La siccità non da tregua. Siamo in Thailandia, e la situazione non è migliore rispetto a Sudafrica ed Etiopia. Anzi. Il governo se l’aspettava, così ha annunciato che una soluzione d’emergenza sarebbe stata trovata con l’escavazione di pozzi. A 80-100 metri di profondità in tutto il paese, ma nel nordovest anche a 300 metri. Per bere, lavarsi e lavare i panni. Solo che il dramma non finisce così. Suphot Tovichakchaikul, segretario del Consiglio nazionale dell’acqua, ha ora deciso che ne verranno aggiunti altri 4300 per le necessità più urgenti, con un investimento di 85 milioni di euro. Ai contadini era stato richiesto di passare a colture meno bisognose di irrigazioni. L’emergenza, però, durerà ancora quattro mesi: e chissà se resistere fino ad allora prendendo acqua con i secchi, basterà. (Sette, n.04, pag. 44, 29 gennaio 2016).
- Salvate il gorilla di montagna. Tra i titoli più interessanti del catalogo italiano di Netflix c’è “Virunga”, (2014), il documentario diretto da Orlando von Einsiedel e prodotto dall’attore Leonardo Di Caprio. Nel 2012, Einsiedel parte per il Congo con l’obiettivo di raccontare l’attività dei 400 ranger impegnati nella salvaguardia del Parco Nazionale di Virunga. Giunto nel paese africano, si trova però di fronte a un’altra realtà, scopre che il parco – abitato dai rari gorilla di montagna – è il terreno di una contesa tra gruppi guerriglieri e compagnie petrolifere occidentali. Contro gli speculatori si batte un gruppo di ambientalisti , fra cui la giornalista francese Mélanie Gouby. Grazie all’aiuto di quest’ultima e all’uso di telecamere nascoste, il regista porta alla luce la complessa trama di corruzione che minaccia il futuro della preziosa riserva naturale. Un doveroso atto di denuncia costruito con il meccanismo a orologeria di un thriller. (F.Bottiglione, Sette n.04, pag.84, 29 gennaio 2016).
- L’alligatore diventa vegetariano. Difficile immaginare un alligatore vegetariano. Ma gli allevatori americani, per renderne l’allevamento più sostenibile, stanno provando a modificare la dieta di questi predatori che in natura si cibano di pesce, tartarughe e piccoli mammiferi. Tradizionalmente gli alligatori di allevamento sono nutriti con mangimi ricavati da pesce azzurro come sardine o acciughe. Pesci a basso costo, che cominciano a scarseggiare proprio a causa dell’uso intensivo come materia prima per i mangimi usati in acquacoltura. Proprio per questo i ricercatori della Louisiana State University stanno testando una dieta a base di proteine di soia e germe di grano, che i grandi rettili sembrano gradire: “Abbiamo applicato l’esperienza fatta con i pesci”, spiegano i responsabili del progetto, i primi a sperimentare sugli alligatori i mangimi già utilizzati per pesci carnivori come salmoni e trote. Se un decennio fa servivano tre o quattro chili di mangime di pesce per produrre un chilo di salmone, oggi se ne usa solo un chilo, integrando la loro dieta con mangimi vegetali che riproducono il mix di aminoacidi minerali e acidi grassi di cui questi pesci hanno bisogno. E se il progetto dei ricercatori della LSU andrà in porto, i prossimi a cambiare dieta potrebbero essere gli alligatori. (P.E. Cicerone, L’Espresso, pag.79, 4 febbraio 2016).
- Polmoni, dopo il fumo il nemico è il radon. Dopo il fumo, è il gas radon la seconda causa di tumori ai polmoni in Italia, secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità. Presente nell’aria in diverse misure, il radon diventa pericoloso soprattutto se concentrato negli ambienti chiusi e non ventilati., compresi uffici e abitazioni. (L’Espresso, pag. 79, 4 febbraio 2016)
- Alluvioni. Il riscaldamento globale ha avuto una influenza diretta sulla serie di tempeste e alluvioni che hanno colpito l’Inghilterra meridionale a cavallo tra il 2013 e il 2014, scrive Nature Climate Change. L’aumento delle temperature ha reso più probabili le piogge intense, l’aumento della portata del Tamigi e il rischio di alluvione in alcune aree vicino al fiume. (Internazionale n. 1139, pag.90, 5 febbraio 2016)
- New Scientist. Il drone con licenza di uccidere. Nelle acque cristalline della Grande barriera corallina si aggira un assassino. Non è la cubomedusa, che pure è presente insieme a squali e trigoni. Ma un predatore dotato di un veleno molto più potente, che può nuotare per otto ore di fila e colpire anche 200 bersagli: è uno dei droni assassini più avanzati al mondo. Per fortuna nel suo mirino non ci sono gli esseri umani ma le stelle marine, e neanche tutte, solo quelle che minacciano l’esistenza stessa della barriera. La missione del robot è proteggerla. Il drone, però supera un confine che molti trovano discutibile. Prende la decisione di uccidere, infatti, in totale autonomia, senza input umani. Vale la pena di correre questo rischio per salvare la barriera? La stella corona di spine è tra le stelle marine più grandi e può avere fino a 21 braccia ricoperte da aculei. In una barriera sana è una forza positiva, perché si ciba dei coralli più dilaganti tenendoli sotto controllo e permettendo la crescita delle specie più lente. Il problema insorge quando si riproduce in maniera sfrenata. In base a una stima approssimativa una barriera sana ne ha una per ettaro, che è circa un campo di calcio e mezzo. Superate le 15 unità per ettaro la situazione diventa insostenibile.
- Veleno di bile. Una delle cause della proliferazione è il deflusso dei fertilizzanti agricoli, che si riversano nei fiumi e in mare favorendo la nascita delle alghe. <s la fioritura avviene a ottobre, cioè la stagione riproduttiva delle stelle corone di spine, le larve prosperano. ”Questi animali possono produrre 65 milioni di uova”, spiega Jairo Rivera Posada della James Cook University del Queensland. In condizioni ottimali la popolazione può esplodere causando danni ingenti. Nel 2011 il governo australiano ha lanciato una campagna per contenere le stelle marine: dei sommozzatori hanno scandagliato la barriera armati di lunghe aste con cui iniettargli il veleno. Ma per ucciderne una occorrevano venti o più iniezioni e i sommozzatori potevano coprire solo un tratto di mare limitato. Ecco spiegato l’intervento del drone. Progettato da una equipe della Queensland University of Technology coordinata da matthew Dunbabin, il Catsbot (composto da cots, acronimo inglese del nome della stella marina e robot), perlustra la barriera, individua la stella e le inietta il veleno. E’ molto bravo nel suo lavoro. Grazie all’apprendimento automatico, , “ci stiamo avvicinando al 99,9% di precisione”dice Dunbabin.”All’inizio abbiamo usato stelle marine create con la stampante 3d”spiega. Ora però il drone capisce che non sono vere e non le colpisce. Così a ottobre Dunbabin ha testato per la prima volta il robot su una barriera con stelle marine vere. Restano da verificare gli effetti dell’intervento, ammesso che ce ne siano, sull’ecosistema della barriera. Il veleno usato è a base di bile, la sostanza prodotta dal fegato per assorbire i grassi. La producono quasi tutti i vertebrati, ma no gli invertebraticome le stelle marine, per le quali è mortale. ( Internazionale n. 1139, pag. 88, 5 febbraio 2016, con foto).
- Ogni giorno il mondo perde 70 elefanti. In Africa, all’inizio del ‘900 erano tra-cinque milioni. Ora sono solo 470.000. A causa dell’avorio (venduto anche a tremila dollari al chilo), ogni anno vengono uccisi 30.000 elefanti africani. Una perdita insostenibile per la Convenzione sul commercio di specie minacciate di estinzione, che sollecita sforzi contro il commercio illegale. (Io Donna, pag. 24, 6 febbraio 2016)
- Quanto valgono vegetariani e vegani. Gli italiani vegetariani e vegani ? Aumentano al ritmo di 1600 al giorno. Erano il 6% nel 2913. Sono diventati il7,1 nel 2014. E l’8% nel 2015. Lo dice il rapporto annuale Eurispes. “Bistecca? No grazie”. Segue ampia analisi del nuovo mercato e dei produttori in entrata. (R.Querzè, Corriere della Sera, pag.21, 7 febbraio 2016)
- Infanzia a rischio. Circa 250 milioni di bambini vivono in paesi dove sono in corsi conflitti. I bambini rappresentano il 52% dei 59,5 milioni di persone costrette a lasciare le loro case a causa della guerra e delle persecuzioni. Sono trenta milioni in tutto il mondo. Provengono soprattutto dalla Siria, dall’Afghanistan e dalla Somalia. I bambini che non frequentano la scuola sono 58 milioni in tutto il mondo. Nel 36% dei casi si tratta di bambini che vivono in zone di conflitto. Degli oltre 3500 migranti morti nella traversata del Mediterraneo nel 2015 il 30% erano bambini. La maggior parte di loro proveniva dalla Siria, dall’Afghanistan, e dall’Iraq e aveva meno di dodici anni. Nello stesso anno è stato calcolato che del milione di profughi arrivati in Europa, 270.000 erano minori, pari al 27% . I paesi di origine sono Siria (25% dei minori), Afghanistan (18%), Kosovo (10%), Albania (8%) e Iraq (6%). In Italia nel 2015(fino a novembre) sono arrivati via mare 15.000 bambini, in Grecia 180.000. Secondo l’Europol diecimila minori non accompagnati entrati in Europa nel 2015 sono scomparsi dopo il loro arrivo. Fonte: Unicef, Unhacr, Oim, Eurostat (Internazionale n. 1140, pag.61, 12 febbraio 2016)
- In Africa il deserto avanza e le foreste si riducono dell’1% all’anno. Una barriera di alberi larga 15 e lunga 7400 chilometri, promossa dall’Unione Africana, potrebbe entro il 2025 riconquistare al verde 50 milioni di ettari. In Italia, secondo il Cnr, è a rischio desertificazione quasi il 21’ del territorio italiano, il 41% del quale si trova al Sud. Mauro Centritto, direttore dell’Istituto perla valorizzazione del legno e delle specie arboree del Cnr: “In Sicilia le aree che potrebbero essere interessate da desertificazione sono il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58%, in Basilicata il 55%, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%”. (Sette n.06, pag.30, 12 febbraio 2016).
- Siccità. Lo Zimbabwe ha proclamato lo stato di calamità naturale in alcune regioni colpite da una grave siccità, dove vivono circa due milioni e mezzo di persone. Le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme per 58mila bambini minacciati dalla siccità in Somalia. (Internazionale n.1140, pag.98, 12 febbraio 2016)
- Il minisatellite dell’Esa Proba V ha registrato il prosciugamento del Lago Poopò in Bolivia, il secondo più grande del paese. Già nel 1994 era evaporato del tutto. Il lago salato è molto sensibile alle fluttuazioni del clima perché è poco profondo. Tra le cause del prosciugamento ci sono l’uso delle acque che alimentano il lago per l’industria mineraria e l’agricoltura, la siccità dovuta al Nino e il cambiamento climatico. (Internazionale n.1140, pag. 98, 12 febbraio 2016)
- Gas naturale. Nel 2012 sono stati bruciati a cielo aperto 143 miliardi di metri cubi del gas naturale che esce insieme al petrolio nei giacimenti, pari al 3,5 % della produzione mondiale di gas. La pratica del cosiddetto gas flaring è diffusa nelle aree dove mancano i gasdotti e dove non c’è un mercato redditizio del gas. (Internazionale n.1140, pag.98, 12 febbraio 2016, con paesi in ordine di emissioni).
- L’incendio in una discarica, Mumbai, India. A gennaio, nella più grande discarica di Mumbai è scoppiato un enorme incendio. La discarica di Deonar, che si trova in un quartiere nella parte orientale della città, occupa un’area di 132 ettari vicino all’insenatura di Thane Creek. Riceve più di 3700 tonnellate di rifiuti al giorno, circa un terzo di quelli dell’intera città. I cumuli, alti anche trenta metri, come palazzi di nove piani, hanno trasformato la discarica in una vera e propria montagna di immondizia. Il 27 gennaio 2016 i sensori dei satelliti Terra, Aqua e Suomi Npp hanno individuato la presenza di fumo e fiamme. Il fuoco ha imperversato per quattro giorni e il fumo ha raggiunto anche alcuni quartieri densamente popolati. Secondo il quotidiano Hindustan Times, in alcune zone i livelli di inquinamento sono stati i più alti mai registrati dall’inizio del monitoraggio della qualità dell’aria nel giugno del 2015. Per quattro giorni più di settanta scuole sono rimaste chiuse. Non si sa come o perché sia scoppiato l’incendio, anche se alcuni mezzi di informazione ipotizzano l’origine dolosa. Spesso gli incendi nelle discariche sono difficili da domare per la presenza di metano, Plastica e altre sostanze altamente infiammabili. (Internazionale n. 1140, pag. 99, 12 febbraio 2016, con foto da satellite)
- Il futuro dell’Ebro. Il governo catalano ha annunciato che presenterà alla corte suprema spagnola e alla Commissione Europea un ricorso contro il piano per la gestione del bacino dell’Ebro, che nel suo tratto finale scorre nel sud della regione. Un nuovo contenzioso tra Barcellona e il governo centrale in una fase di grandi tensioni politiche. Secondo la generalitat, il piano di Madrid rischia di prosciugare il delta del fiume, una delle zone umide più importanti d’Europa. Il progetto prevede infatti la costruzione 52 invasi e nuovi prelievi d’acqua per l’irrigazionedi terreni agricoli, spiega Publico. Il 7 febbraio più di cinquantamila persone hanno manifestato ad Amposta, vicino al delta dell’Ebro, per chiedere il ritiro del piano. (Internazionale n. 1140, pag.23, 12 febbraio 2016, con cartina)
- In Italia sono 11400. Nel mondo, quasi 36 milioni (solo in India 14
milioni. Muovono un giro di affari di 150 miliardi di dollari l’anno.
Nel 2014 l’Ong australiana Walk Free Foundation (Wff) analizzando 167
paesi ha calcolato che nel mondo sono quasi 36 milioni le persone
vittime della schiavitù. Lo schiavo moderno è una persona cui viene
tolta la libertà per essere sfruttata. Una definizione generica che
raccoglie diversi e a volte distanti tipi di abuso. Dai matrimoni
imposti alla tratta di esseri umani, dal lavoro forzato alla servitù per
debiti. Ad aggiudicarsi il primato di capitale mondiale della schiavitù
è l’India, con 14 milioni di persone senza libertà. In seconda
posizione la Cina con 3,24 milioni, seguita da Pakistan (2 milioni),
Uzbekistan (1,2), e Russia (1,05). Secondo l’Organizzazione
internazionale del Lavoro, oggi il giro d’affari intorno alla schiavitù
si avvicino a 150 miliardi di dollari l’anno (più o meno il Pil del
Vietnam nel 2014). (Sette, n. 07, pag.72, 19 febbraio 2016)
Alberto Castagnola