Fanno bene all’ambiente e migliorano anche la performance economica delle aziende
Le innovazioni ambientali rappresentano un fattore chiave per il
conseguimento di un’economia più verde e competitiva, e sono già molti
gli studi che si sono soffermati sui fattori che ne favoriscono la
realizzazione. Curiosamente, però, è ancora molto lacunosa l’indagine
sui motori a scala locale e geografica che possono innescare uno
sviluppo sostenibile. Non è una mancanza da poco – anche se esistono
eccezioni positive come l’Amsterdam economic board, istituito dall’area metropolitana olandese – soprattutto per il contesto industriale italiano.
Notoriamente le piccole e medie imprese (Pmi) e i distretti
industriali svolgono infatti un ruolo chiave all’interno di molti Paesi
dell’Unione, in primis il nostro, ma è principalmente il comportamento
delle grandi imprese a essere stato spesso al centro dell’attenzione:
poche sono le conoscenze sulle modalità di diffusione e adozione delle
innovazioni ambientali nei contesti economici caratterizzati dalla
massiccia presenza di piccole e medie imprese. Un vuoto che tre
accademici italiani – Davide Antonioli, Simone Borghesi e Massimiliano Mazzanti, tutti membri attivi del Centro interuniversitario Seeds (Sustainability environmental economics and dynamics studies) – hanno contribuito a colmare con il loro studio
“Are regional systems greening the economy? Local spillovers, green innovations and firms’ economic performances”, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Economics of Innovation and New Technology.
Il loro lavoro parte dalla constatazione «dell’impressionante
successo dei distretti industriali italiani» ed evidenzia la «loro
capacità di imporsi come leader globali nella produzione di beni di alta
qualità hanno attirato l’attenzione di numerosi esperti». L’analisi
prende ad esempio in particolare il territorio dell’Emilia-Romagna, che
rappresenta sia «una macroregione industriale della Ue caratterizzata da
una spiccata propensione all’innovazione» sia una Regione italiana che
«si classifica ai primi posti per quanto concerne il senso civico e i
risultati istituzionali». Due elementi che non a caso compaiono insieme.
Analizzando dati raccolti a livello delle imprese (aziende
manifatturiere con più di 20 dipendenti), lo studio approfondisce «il
ruolo svolto dalle economie di agglomerazione, ossia la trasmissione di
conoscenze/innovazioni, intese come un potenziale motore in grado di
trainare l’adozione delle innovazioni ambientali».
Lo studio «dimostra che la produttività delle aziende aderenti alle
innovazioni ambientali tende ad aumentare», ma non indugia in
conclusioni affrettate. Si ammette anzi che i dati raccolti «non
consentono di distinguere nettamente il ruolo» svolto da una concorrenza
di fattori: «La natura delle innovazioni medesime, le quali non hanno
lo scopo di incrementare la produttività per unità di produzione, ma
bensì di contrastare i mali pubblici (inquinamento ed emissioni); il
breve lasso di tempo che intercorre tra l’adozione delle innovazioni
ambientali e la misurazione delle prestazioni economiche; la grave
recessione del 2009 che esercita tuttora un influsso negativo a fronte
del rapporto tra innovazione e prestazioni economiche delle aziende». È
lecito e opportuno indagare più a fondo, e gli stessi autori
incoraggiano la possibilità di ulteriori ricerche future.
In ogni caso, quanto emerso finora è stato sufficiente ad appurare
un’importante realtà: «Quando si tratta di implementare le innovazioni
ambientali – osservano Antonioli, Borghesi e Mazzanti – le imprese
traggono beneficio dalla posizione geografica in un determinate
territorio comunale. Tutto ciò è in linea con l’importanza storica dei
“comuni” nello sviluppo economico del Nord Italia, la vera e proprio
spina dorsale di un modello di capitalismo basato sui “distretti”. La
diffusione a livello comunale tende a essere predominante rispetto agli
altri fattori geografici e al settore di appartenenza. Infatti,
l’adozione di innovazioni ambientali si verifica principalmente
all’interno del territorio comunale».
fonte: www.greenreport.it