Il World Social Forum è andato a Montreal. Per la prima volta nel Nord del mondo. «In nome di Dio, in nome della nazione o in nome del profitto», questi i tre mantra da sconfiggere per continuare sulla la via della ricerca di un altro mondo possibile, ha detto Riccardo Petrella, un mondo abitato da popoli che le elite vogliono condannare alla guerra e alla distruzione
«Il 72 percento dei
geni dell’uomo è identico a quello dei maiali. Ma noi a differenza dei
maiali siamo la specie vivente che ha la coscienza di essere
responsabile della vita sul pianeta. Facciamo parte della vita, siamo il
prodotto della storia della vita. Per questo possiamo coltivare la
possibilità di un’alternativa», così Riccardo Petrella in una delle
letture di apertura del Forum Sociale Mondiale che si è aperto ufficialmente il 10 agosto con una marcia per il centro di Montreal. Un Forum che potrebbe rappresentare uno spartiacque nella storia di un appuntamento che da tempo appare avvitato su se stesso.
È la prima volta che un Forum si tiene in un paese del Nord del mondo.
Ed è la prima volta che, non appoggiandosi a partiti o sindacati
locali, un gruppo di persone a titolo individuale ha formulato la
proposta al Comitato internazionale che ha accettato. Ad oggi questo
Forum è stato caratterizzato da una serie di problemi organizzativi che
in parte costituiscono un tema politico. È il caso della scarsa
partecipazione di rappresentanti del cosiddetto «Sud del Mondo»
inficiata da una rigida politica di concessione di visti da parte del
governo canadese.
Il Forum potrebbe
comunque vivere l’inizio di una nuova fase, centrata sulle metodologie
di lavoro, workshop autogestiti, assemblee di convergenza su temi quali
la militarizzazione, il clima, i diritti umani e la democrazia, i
migranti, e cosiddette «Grand Conferences», dibattiti di alto livello su
questioni «chiave». Un incontro assembleare definirà poi il calendario
di attività ed iniziative future. Altra
innovazione quella di «decentrare» il forum con collegamenti con varie
città e realtà in ogni parte del mondo, a significarne il carattere
orizzontale globale. Che lo spirito di Nuit Debout e
degli Indignados sia arrivato anche qua? Un tema ricorrente, non a caso
essendo in Quebec terra attraversata dalla questione nazionale ed
identitaria, è quello delle lotte per l’autodeterminazione dei popoli,
dai Sahrawi, alla Siria, alla Palestina (un tema di polemica pre-Forum è
stato quello del sostegno o meno alla campagna Boycott Disinvestments
Sanctions) il confederalismo democratico in Rojava, i movimenti per la
democrazia in Egitto, la resistenza alle multinazionali. Eppoi i temi
ambientali, della giustizia climatica, della resistenza alla liberalizzazione del commercio.
Una delle principali
assemblee di convergenza dei primi giorni dedicata al tema della guerra
ha prodotto proposte di mobilitazione a sostegno del Forum Sociale
Iracheno che si terrà a fine settembre a Baghdad, terzo appuntamento
dedicato alla Pace ed a Diritti dei Popoli. Sempre nei prossimi mesi si terrà il primo Forum Sociale Kurdo, mentre a
Berlino a fine settembre sarà la volta della conferenza pacifista
contro il commercio di armi e le spese militari dell’International Peace
Bureau.
A rappresentare il
Forum Sociale Iracheno Yassim al-Helfi, presidente del Information
Center for Research and Development, accompagnato da Un Ponte Per, ed
intervenuto alla Grand Conference sulla Siria, per portare la
solidarietà ai movimenti della società civile siriana che tentano di
resistere alla logica delle armi, e praticando mutualismo ed
autogestione lavorano per la Siria del futuro. Un paese oggi teatro di
uno scontro tra due «mostri» armati, attori di un conflitto ormai
internazionale. Prima la testimonianza della scrittrice siriana Samar
Zazbek e poi le parole di Gilbert Achcar docente al Soas di Londra sono
chiare. In Siria la rivoluzione
pacifica contro il regime di Assad ed alimentata – sulla scia delle
primavere arabe – da una situazione socio-economica disastrosa è stata
repressa in maniera brutale ed ha lasciato il passo ad uno scontro
armato, ad un’involuzione di tipo islamista. Una guerra per procura contro il popolo siriano, dalla quale si deve uscire solo con la forza della politica, oggi assente colpevole.
Parla anche Leo
Gabriel, promotore assieme ad un gruppo di grandi padri del Fsm, da
Ignacio Ramonet a Francois Houtart, a Adolfo Perez Esquivel, di
un’iniziativa per una soluzione politica al conflitto siriano,
attraverso il dialogo tra i vari rappresentanti della società civile
siriana. La Siria qua a Montreal è
vista come uno dei casi estremi della logica pervasiva della guerra e
delle conseguenze nefaste del neoliberismo. «In nome di Dio, in nome
della nazione o in nome del profitto», per parafrasare le parole di
Petrella. Questi i tre mantra da sconfiggere per
continuare sulla la via dell’alternativa, di un altro mondo possibile,
della solidarietà internazionale con popoli che oggi sembrano condannati
alla guerra ed alla distruzione.
fonte: http://comune-info.net