Cibo e natura in classe

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I bambini che ai tempi della lira si divertivano a maneggiare spiccioli, conoscevano bene le immagini che, nei piccoli tagli, accompagnavano la scritta maiuscola Repubblica italiana. Sulle cinque lire c’erano il delfino e il timone, sulle dieci lire le spighe di grano e l’aratro, sulle venti lire un ramo di quercia e un viso di donna con due spighe tra i capelli. Interpretare quei simboli non era difficile. Il mare e la navigazione, la terra e l’agricoltura, la natura selvatica e quella donna – che non aveva in testa corone d’alloro bensì i frutti della terra – erano lì per indicare le radici di una identità nazionale. Sulle 5, 10 e 20 lire non c’erano eroi, scienziati, pensatori o generali. C’era solo il rapporto dell’uomo con gli elementi naturali.
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Come sarebbe stato semplice, per un’insegnante di allora, utilizzare quel materiale della vita quotidiana per avviare in classe una riflessione sulla nostra identità, sul significato più autentico della parola ‘ricchezza’, sul nostro rapporto con la natura, sul cibo che non è solo una somma di nutrienti ma è sapienza, cultura e relazione. E come è più difficile farlo oggi.
Negli ultimi anni la scuola si è interessata spesso ai temi dell’educazione alimentare, con finalità diverse, la principale delle quali è stata quella di analizzare il rapporto tra il cibo e la salute. Sulla scia delle preoccupazioni per l’elevata percentuale di bambini in sovrappeso, insegnanti e dirigenti si sono sentiti in dovere di proporre alle classi almeno un’esperienza sul cibo ogni anno, con visite alle fattorie didattiche, orti, attività di approfondimento in classe, laboratori e così via: tanti frammenti di cultura alimentare incastrati a fatica tra le mille cose da fare, come il maglione in più da infilare nella valigia già piena, come se una gita in fattoria potesse davvero cambiare le abitudini dei bambini.
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Ben inteso, le scuole dove l’educazione alimentare si fa per davvero, esistono. Non c’è solo chi propone gli intramontabili collage di ortaggi ritagliati e incollati in “stile Arcimboldo”; ci sono scuole dove i laboratori, gli approfondimenti in classe e le attività all’aperto sono pratica quotidiana, dove i genitori sono coinvolti nei processi di cambiamento, dove il cibo non è trattato come un farmaco per la prevenzione delle malattie ma come vero e proprio materiale didattico, utile per conoscere, sperimentare, collegare e capire.

L’educazione alimentare è un ambito sempre più complesso. Oggi il cibo non è più soltanto una risorsa o un prodotto ma è diventato anche un linguaggio che usiamo per definire noi stessi e dialogare col mondo esterno, è un abito che indossiamo per sentirci uguali ad alcuni e diversi da altri, per comunicare i nostri valori, per sentirci parte dei cicli naturali, per ribellarci e gridare che la complessità del mondo ci spaventa, come fanno i bambini iperselettivi quando rifiutano l’assaggio (attenzione, non si tratta di capricci).
La nostra lente d’ingrandimento puntata su nutrienti, allergie e peso corporeo, le nostre troppe parole che sostituiscono l’esperienza manuale, la nostra idealizzazione romantica dell’alimentazione del passato, la nostra abitudine di non coinvolgere i bambini ogni giorno nei gesti del cucinare e del riordinare, gli argomenti poco coinvolgenti che impoveriscono la conversazione a tavola: tutto sembra allontanare i bambini dalla possibilità di lasciarsi sedurre dall’educazione alimentare, grazie alla quale potrebbero scoprire che il buon cibo non è merce commestibile, ma è relazione con l’altro, esperienza sensoriale, competenza, artigianato, storia, scienza, risorsa di base e soprattutto espressione di un rapporto armonioso con gli elementi naturali, come sapevano bene le persone che tanti anni fa scelsero il cibo e la natura per simboleggiare l’identità di un popolo sulle sue monete.

Federica Buglioni
autrice e fondatrice dell’associazione Bambini in Cucina. Questo testo sarà pubblicato anche sulla rivista Bambini, edizioni Junior
fonte: http://comune-info.net/ 

Di tutto questo si parlerà anche il 22 e il 23 ottobre a Negrar in occasione del VI incontro nazionale C’è speranza se accade @, un appuntamento aperto a insegnanti, educatori, professionisti e semplici appassionati, per discutere, confrontarsi, scambiare esperienze, condividere passioni e insieme dare radici alla vita educativa (leggi anche Seminare il futuro. C’è speranza… ).