Il Clima è (già) cambiato, l’ultimo libro di Stefano Caserini,
ingegnere ambientale e dottore di ricerca in Ingegneria sanitaria e
titolare del corso di Mitigazione dei cambiamenti climatici al
Politecnico di Milano, ci guida attraverso un excursus scientifico in
dieci capitoli che, già dal titolo, rappresentano dieci buone notizie.
Soprattutto, si tratta di un libro sulla speranza.
Nonostante la nostra inerzia e il nostro
ostinato rifiuto a riconoscere i segnali di un problema così complesso e
grave, la storia del nostro caotico rapporto col clima che è (già)
cambiato, è ancora da scrivere.
Tra vantaggi e impegni, conoscenza ed
opportunità, Stefano Caserini trova nell’Uomo il perno su cui fare
ruotare lo svilupparsi del testo. Proprio quell’Uomo che sta affrontando
la più grande sfida della sua Storia, fa i conti con un nemico che lui
stesso ha creato e non con un ipotetico meteorite proveniente dallo
spazio: “Siamo noi l’asteroide, ed è un vantaggio non da poco”.
Fin dall’analisi dei passaggi storici
che hanno portato alla situazione attuale, semplicità, chiarezza e
ironia si confermano i tratti distintivi di un divulgatore esperto che
riesce a rendere la sua indagine adatta a chi è alla ricerca di
un’analisi che sia tanto approfondita quanto di facile comprensione.
Caserini ci aggiorna sullo stato del negazionismo che aveva già analizzato in “A qualcuno piace caldo” nel 2008. Le teorie antiscientifiche hanno perso e giova ricordarlo: “La scienza ha scartato le loro teorie, i dati hanno avuto la meglio sulle aspirazioni, le incomprensioni, le bugie”.
Così, in un mondo sempre più consapevole, possiamo trarre fiducia dai successi delle energie alternative e della green economy. Il processo di transizione energetica
viene studiato approfonditamente e viene effettuato un focus
soprattutto sulla molteplicità degli approcci possibili senza
dimenticare nessuna delle implicazioni sociali, politiche e legislative.
Certo non vengono taciute le difficoltà di un’azione globale che dovrà
coinvolgere i Paesi in via di sviluppo non meno di quelli cosiddetti
ricchi, ma la speranza trova spazio nelle numerose opportunità future.
Caserini non perde mai lucidità e ci
mette di fronte a vantaggi difficili da ottenersi in fretta; mutamenti
complessi ma sicuri portatori di risultati “sempre molto concreti”.
Particolarmente interessante è l’analisi delle giustificazioni: “i nostri sensi ci ingannano” ci
redarguisce l’autore mentre ci introduce ad un insolito ma
riuscitissimo excursus -anche- filosofico, mostrandoci i condizionamenti
della nostra morale comune che ci rende tanto incapaci di affrontare
problemi che riguardano tempistiche troppo distanti nel futuro.
I nostri padri hanno costruito gli agi
del nostro tempo e non si sono posti il problema del depredamento del
Pianeta; altrettanto le nostre menti di uomini del presente non sono in
grado di comprendere i danni per le generazioni che verranno.
Non c’è mai niente di assolutamente
facile da realizzarsi nel percorso che l’Uomo ha di fronte a sé. Ogni
cosa ha il suo peso in uno scacchiere così immenso: e non sono certo
esclusi tutti quei convegni che, fin dalla Convenzione di Rio del ’92,
hanno faticosamente portato a quel “fallimento di successo” che è l’Accordo di Parigi arrivato a coinvolgere più di 100 Paesi.
Le scelte individuali, che da sole non
possono fare la differenza, dovranno così trovare una rispondenza negli
impegni politici e nelle scelte economiche globali. Dovremo cominciare a
considerare “la crisi climatica non come un incidente di percorso
dell’attuale modello di sviluppo, ma come una sua intrinseca e
inevitabile conseguenza”.
Permane forte l’evidenza di un modello
di sviluppo giunto al capolinea che sta costringendo la società umana a
ridefinire i propri obiettivi per scoprire che “questa trasformazione porta ad una vita più dignitosa ed appagante”.
Nello scenario economico attuale, così
sbilanciato e diseguale, Caserini arriva anche a confrontare le teorie
di Naomi Klein e l’enciclica Laudato Si’, restituendoci ancora
di più la globale trasversalità del tema trattato. Tra punti in comune e
duri scontri con la realtà dei fatti, la speranza che il libro racconta
non viene però mai meno e, inevitabilmente, si trova sempre a muoversi
per mano con gli impegni che dobbiamo affrontare nel prenderci cura
della nostra ‘casa comune’.
Le conclusioni paiono -probabilmente non
a caso- il termine di un percorso terapeutico: siamo invitati a
ripercorrere i passi fondamentali del riconoscimento del problema, dell’accettazione dello stesso e siamo spronati all’adattamento, per tendere a quelle pratiche di resilienza che consentiranno agli uomini di adattarsi senza spezzarsi, “anzi magari rafforzandosi”.
Certo, l’imprevisto è pure sempre dietro
l’angolo. C’è sempre qualcosa pronto a sconvolgere repentinamente lo
svolgersi degli eventi sia in positivo che in negativo e se è vero che
la Storia è costellata di improvvise accelerazioni e baratri, è
altrettanto vero che negli uomini vive da sempre, innata, la forza di
prendere per mano il proprio destino: “la capacità di stupire e di stupirsi”.
Il Clima è (già) cambiato è soprattutto un’ottima testimonianza di come la comunicazione ambientale e il giornalismo scientifico
siano in salute soprattutto grazie a comunicatori come Stefano Caserini
che mettono a disposizione di tutti i lettori professionalità e
chiarezza.
fonte: http://nonsoloambiente.it/