L’uscita dal carbone è possibile già nel 2025-2030. Lo ha detto il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, davanti alle Commissioni Ambiente e Attività produttive, riunite oggi a Montecitorio per seguire la presentazione della bozza di Strategia energetica nazionale (SEN). Al documento, di cui sono state proiettate alcune slides insieme al Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, dovranno ispirarsi le politiche energetiche e climatiche dell’Italia dal 2020 al 2030.
La notizia da prima pagina è dunque la
scelta dei tempi per uscire dal carbone: nei prossimi anni gli impianti
del nord Italia moriranno di morte naturale, ma restano pur sempre delle
macchie nere al centro-sud. Rispetto allo scenario business as usual,
il MiSE ha immaginato due possibilità di intervento: una che prevede
anche il phase out della centrale di Brindisi, l’altro l’addio a questo combustibile inquinante,
compresa la Sardegna, che pure ha due centrali – in particolare il
Sulcis – collegate a investimenti produttivi sul territorio.
«Prima di prendere questa decisione,
dobbiamo sapere che l’uscita totale dal carbone tra il 2025 e il 2030 è
possibile – ha detto Calenda – Costerà circa 3 miliardi di euro in più rispetto allo scenario base, e dovrà essere affrontato il tema delle tempistiche autorizzative per nuove centrali e nuove infrastrutture».
Una affermazione contestata da Stella
Bianchi, Pd, che al termine dell’esposizione ha chiesto: «Siamo davvero
sicuri che abbiamo bisogno di nuove centrali a gas? Ci sono molti impianti sottoutilizzati che potrebbero compensare il phase out del carbone».
I grandi inquinatori, comunque sarà, cascheranno sul morbido: la SEN prevede il lancio del capacity market,
che sarà pronto nel 2018. «Lo riteniamo un meccanismo fondamentale in
entrambi gli scenari», ha detto l’inquilino del MiSE. Così sarà
possibile finanziare impianti obsoleti e sporchi per non produrre
elettricità, chiamandoli ad intervenire solo nei momenti di picco
negativo delle rinnovabili.
Per quanto riguarda le energie pulite,
la proposta dei ministri è appena tiepida: non si scosta dai target
europei nonostante le soglie previste per il 2020 siano state già
raggiunte.
Su questo aspetto è critico Edoardo
Zanchini, vice presidente di Legambiente: «Gli obiettivi di penetrazione
delle rinnovabili al 2030 si limitano a recepire gli obiettivi europei,
quando l’Italia potrebbe, per le risorse che ha, e dovrebbe fare molto
di più. Se non innalziamo almeno al 35% gli obiettivi, non riusciremo mai a dare il contributo a livello europeo previsto per stare dentro gli obiettivi dell’Accordo di Parigi».
Nessun incentivo inoltre sembra profilarsi per le energie pulite, in particolare il fotovoltaico,
se non tramite la partecipazione a gare, che dovrebbero assicurare
contratti di lungo termine e avvantaggiare gli impianti più grandi. Gli
annunci sull’efficienza energetica, invece vanno dalla
revisione del meccanismo delle detrazioni fiscali all’introduzione del
Fondo di garanzia per l’eco-prestito, oltre che di «misure specifiche
per la riqualificazione edilizia ed efficienza energetica anche nel
social housing, per prevenire la povertà energetica».
Il capitolo fonti pulite ed efficienza
non è stato accolto positivamente dagli ambientalisti. Come spiega
Zanchini, infatti, «per le rinnovabili e l’efficienza quanto previsto
non consentirebbe di raggiungere in alcun modo gli obiettivi. Oggi gli
investimenti sono ridotti all’osso le proposte non riusciranno a
smuovere gli investimenti, in particolare nel settore edilizio, nei
trasporti e nelle fonti rinnovabili, anche per la vaghezza dei contenuti
e il ruolo limitato previsto per l’autoproduzione e la generazione distribuita».
Per il resto, vi è l’intenzione di
tentare un approccio più sistemico al rinnovo del parco automobilistico
tramite le infrastrutture per i veicoli elettrici. I progressi
tecnologici nel comparto delle batterie, uniti ad investimenti nelle
infrastrutture, secondo il MiSE permetteranno una penetrazione delle auto elettriche e ibride superiore al 10% entro il 2030. Nessun cenno alle trivellazioni, sul cui futuro nella produzione energetica nazionale Calenda e Galletti hanno glissato, e neppure ai sussidi per le fonti fossili, sui quali gli ambientalisti promettono battaglia ai tavoli di discussione.
Infine, il Ministro dello Sviluppo ha lanciato un assist all’ANEV,
associazione dei produttori di energia dal vento, che in mattinata
aveva chiesto al governo una SEN che prevedesse semplificazione
burocratica e amministrativa, oltre che risorse economiche per il
rinnovamento del parco eolico italiano:
«Occorre puntare sulla promozione dei nuovi impianti e il repowering,
semplificando l’iter autorizzativo con procedure ad-hoc».
fonte: www.rinnovabili.it