Ripartire dalle Comunità di distretto


















Grande soddisfazione al Forum dei beni comuni del Friuli Venezia Giulia. Il 14 marzo il Consiglio regionale ha approvato la legge numero 4 dal titolo “Norme per la valorizzazione e la promozione dell’economia solidale” (con 27 voti a favore di Pd, M5S e Sel, dieci astensioni di Lega e destre e nessun voto contrario). Una legge decisamente innovativa e destinata a fare scuola. L’economia solidale esce dalla nebulosa delle buone pratiche, conquista una definizione giuridica di primo livello, si dà un sistema di autogoverno.
Ma andiamo con ordine. Già il Brasile, la Francia, alcune regioni della Spagna e le stesse agenzie delle Nazioni Unite hanno da tempo riconosciuto che esistono forme di relazioni economiche bastate su principi cooperativistici e solidali che generano maggiori benefici alle comunità locali rispetto all’economia di mercato convenzionale. Ciò che fa la differenza non è tanto la forma giuridica dell’impresa, ma le sue motivazioni e i suoi scopi: produrre beni e servizi con valori d’uso e di scambio pattuiti con i fruitori, attenti agli impatti ambientali, capaci di remunerare e soddisfare professionalmente chi vi lavora. La legge è il frutto di cinque anni di elaborazioni di quaranta associazioni riunite attorno al Forum, tra cui il Cevi di Udine, Bioest, Cvcs di Gorizia, l’Associazione delle Proprietà collettive Vicinia, Legambiente, Wwf, numerosi Gruppi di acquisto solidale. Sono già stati realizzati anche alcuni corsi per la formazione di promotori di reti e avviate alcune sperimentazioni di distretto coinvolgendo varie amministrazioni comunali a Dolegana del Collio nell’Alto Isontino, nei comuni del Medio Friuli, nell’Aquileiese.

La legge disegna un sistema centrato su diciotto “Comunità di distretto” che coincidono con le Unioni territoriali intercomunali amministrative già funzionanti nella Regione. Le Assemblee delle Comunità dell’economia solidale sono aperte a tutti/e i/le cittadini/e e hanno il compito di individuare quelle buone pratiche economiche che consentono di creare filiere produttive locali (il più corte e sostenibili possibili), tali da rispondere alle domande delle popolazioni in tutti – tendenzialmente – i campi: alimentazione, energia, servizi alle persone, edilizia, mobilità, vestiario… Le risposte potranno venire attraverso l’organizzazione di svariate modalità d’azione: dall’educazione al consumo all’autoproduzione, da una avveduta pianificazione urbanistica alla cura dei beni comuni, dal commercio equo e solidale ai sistemi di scambio non monetari e, soprattutto, dalla creazione di reti di imprese integrate tra loro capaci di produrre beni e servizi che i cittadini individuano e decidono di creare assieme ai produttori locali.
Per ora i progetti in fase più avanzata di realizzazione riguardano le filiere agroalimentari dei cereali (farine, pane, pasticceria), la canapa per il tessile, il riciclo e riuso di oggettistica, i sistemi informatici con condivisione dei data-base, i sistemi distributivi. Un nuovo modo di fare economia è possibile.

Paolo Cacciari

fonte: http://comune-info.net