Antonello Ciotti, presidente Corepla: "Per Corepla la sfida è quella di
essere da catalizzatore nella ricerca e nello sviluppo di nuove
applicazioni nella direzione di un equilibrio tra le esigenze di
performance e riciclabilità dell’imballaggio"
Partiamo dalle osservazioni fatte da Assobioplastiche.
Secondo Lei occorrerebbe diversificare ulteriormente il CAC tenendo
conto della riciclabilità organica degli imballaggi in plastica
compostabile?
Vorrei ricordare come siamo arrivati alla
definizione di diversificazione del Contributo ambientale. Abbiamo
stabilito come criteri la selezionabilità e la riciclabilità di un
prodotto. Per evitare di avere scontri sui polimeri (materie plastiche NdA)
abbiamo individuato gli imballaggi attraverso un’operazione di
valutazione della riciclabilità e della facilità di selezione. Questa
operazione ci ha portato ad individuare circa 60 tipologie di
imballaggi. Si è poi tenuto conto del circuito in cui questi prodotti
confluiscono ed è stato assegnato un diverso valore a seconda se fosse
circuito “Domestico” oppure “Commercio & Industria”. Tutto ciò ha
quindi portato alla differente classificazione in tre fasce.
Avete guardato al prodotto e non al polimero…
Sì, proprio per evitare questioni di interpolymer substitution (sostituzione di una materia plastica con un'altra NdA). Parliamo di imballi, lo sottolineo, altrimenti saremmo entrati in una discussione senza fine.
Parlando
invece di riciclo meccanico, secondo Lei, la diversificazione
contributiva per gli imballaggi in plastica potrà essere da stimolo per i
produttori affinché si orientino verso packaging più riciclabili?
Qui
abbiamo di fronte un grosso dilemma. L’intera filiera dovrà fare uno
sforzo. Parto da un’astrazione per rispondere alla domanda. Nel 2050
saremo nove miliardi di persone sulla Terra. Due in più degli abitanti
attuali che dovranno essere sfamati. Il tema della conservazione del
cibo è enorme. Dovremo quindi avere degli imballaggi che consentano agli
alimenti di non perdersi per strada e di arrivare al consumatore che ne
ha bisogno.
Da un lato chiediamo al packaging di essere sempre
più performante, dall’altra però di essere sempre più riciclabile.
Dobbiamo fare attenzione affinché la riciclabilità non sia un blocco
all’innovazione degli imballaggi. La sfida è quindi, nell’introduzione
di un nuovo packaging, che si considerino non solo le caratteristiche
tecnico-prestazionali che vengono richieste ma anche la riciclabilità
dell’imballo stesso.
È un equilibrio complicato. Se da un lato un
packaging più performante richiede cinque strati, dall’altro, la
riciclabilità ne richiederebbe uno solo. La ricerca e lo sviluppo
dovranno quindi operare in modo da raggiungere un obiettivo comune, un
punto mediano tra le due esigenze.
A questo proposito, in un’intervista ad Eco dalle Città dello scorso novembre Lei ha parlato di “aumento delle risorse dedicato alla ricerca e allo sviluppo”. Vi state muovendo in questa direzione?
Confermo
quanto detto. È uno dei punti fondamentali di Corepla nei prossimi
anni. Dallo scorso febbraio, abbiamo una direzione “Ricerca e Sviluppo”
che è già al lavoro per raccogliere informazioni e progetti. Corepla ha
dotato questa direzione di un certo budget che dovrà servire a stimolare
la ricerca: dalle startup alla piccola idea, a qualunque cosa possa
servire per ridurre i tempi di realizzazione di un certo prodotto
innovativo. Abbiamo già identificato cinque progetti e uno di questi
riguarda la depolimerizzazione. Stiamo inoltre guardando con
attenzione a tutto quello che il mondo industriale italiano ci propone.
La sfida per noi è quella di essere da catalizzatore nella ricerca e
nello sviluppo di nuove applicazioni nella direzione di un equilibrio
tra le esigenze di performance e riciclabilità dell’imballaggio.
Un’ultima
domanda sul pacchetto “Economia circolare” approvato
dall’Europarlamento, che se venisse confermato anche in sede di
negoziato con il Consiglio europeo, pone obiettivi di riciclo molto
sfidanti (per i materiali di imballaggio si propone l’80% come obiettivo
per il 2030). Secondo Lei è un traguardo raggiungibile anche per la
plastica?
Arrivare all’80% è certamente un traguardo sfidante.
C’è però da tener presente le attuali performance di alcuni Paesi UE
(con percentuali sotto il 20%), molto lontane da questi obiettivi. Come
faranno queste nazioni a passare in un lasso di tempo relativamente
breve dal 20 all’80%?
C’è infine il tema della misurazione di
questi obiettivi che deve essere uguale per tutti. La Germania, ad
esempio, pur essendo molto avanti, sul metodo di calcolo presta il
fianco ad alcune osservazioni. Occorre quindi un’armonizzazione generale
a livello europeo su metodi di calcolo e obiettivi effettivamente
raggiunti da tutti.
fonte: www.ecodallecitta.it