Anche quando le amministrazioni pubbliche
riescono a investire in arredi urbani, a essere snobbati sono i beni
prodotti con materiali riciclati. Con tanti saluti all’economia
circolare
Ci risiamo. Anche quando si prende la giusta strada si fanno le
cose a metà, guarda caso dimenticandosi sempre la stessa metà: il
riciclo.
Prendiamo ad esempio il comune di Livorno (solo perché la notizia è
di questi giorni e perché è la città che ospita la nostra redazione). L’incipit del comunicato stampa è euforico:
“Aumentano gli spazi gioco disponibili in città dove i bambini potranno
divertirsi in totale sicurezza, godendo delle giornate all’aria aperta
specialmente nella bella stagione. L’Amministrazione comunale ha deciso
infatti di investire complessivamente 445 mila euro in progetti che
riguardano la manutenzione del verde delle scuole e la riqualificazioni
di parchi urbani, con predisposizione in entrambi i casi di attrezzature
gioco da esterno”. Benissimo, tanto di capello al Comune, che al giorno
d’oggi riesce a trovare quasi mezzo milione da spendere per i parchi
giochi e le aree verdi.
Anche se il bravi è solo a metà perché, incredibilmente, il Comune
che in appena un paio d’anni punta a passare interamente il proprio
territorio alla raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti
fregiandosi sul petto la stelletta di Comune a “rifiuti zero”, dimentica
che senza il riciclo (e senza qualcuno che riacquista prodotti in
materiale riciclato) la raccolta differenziata non serve a nulla.
Bastava inserire nel bando per i nuovi arredi un obbligo (o anche
solo una premialità) per chi avesse proposto arredi urbani e giochi in
materiale riciclato. Come fanno tantissimi comuni in Italia e come a
maggior ragione avrebbe potuto fare il Comune di Livorno, che controlla
al 100% il gestore dei servizi di igiene urbana Aamps, che è cliente e
addirittura socio – seppur con una percentuale irrisoria – di una delle
pochissime aziende italiane che riciclano il plasmix, producendo profili
in plastica riciclata con cui si fanno gli arredi urbani (Revet).
Roba da teatro dell’assurdo. Eppure c’è anche di peggio: eh sì,
perché la Revet (una trentina di chilometri da Livorno) ha il suo
stabilimento nel Comune di Pontedera. Il quale un anno fa non solo non
ha inserito alcun cenno all’utilizzo di materiali riciclati nel suo
ultimo bando per arredi urbani e parchi giochi, ma ha addirittura
richiesto esplicitamente che gli arredi fossero in acciaio: un po’ come
se il comune di Siena offrisse il dolce ai suoi cittadini e invece di
dargli il panforte gli servisse solo cassatine siciliane.
Per dovere di cronaca, ricordiamo che l’attuale giunta comunale di
Livorno a cui sta tanto a cuore la strategia “rifiuti zero” ma – a
quanto pare – non il riciclo è targata 5 Stelle, mentre il Comune di
Pontedera è a guida Pd. Ma il problema non è certo circoscritto ai due
Comuni o al territorio della Toscana, che anzi spesso esercita un
ruolo-guida a livello nazionale in fatto di politiche ambientali. Il
problema è di tutto il Paese, come mostrano Assorecuperi e Fise Unire,
che recentemente hanno sottolineato come in Italia la domanda di prodotti riciclati cresca più lentamente dell’offerta;
una parte consistente di questo deficit è attribuibile proprio alle
amministrazioni pubbliche, che dovrebbero attuare quanto previsto dalla normativa sul Green public procurement (Gpp) realizzando “acquisti verdi”.
Così non è, purtroppo. A testimonianza di come ogni schieramento
politico possa e debba migliorare ancora molto nella concreta promozione
del riciclo e dell’economia circolare, a partire dai territori dove
esercitano forza di governo; la recentissima introduzione in legge di Bilancio di incentivi
– seppur dall’importo modesto – per l’acquisto di prodotti e arredi
derivanti dal riciclo del plasmix potrebbe essere un buon modo per
iniziare a fare sul serio.
fonte: www.greenreport.it