Con 350 voti a favore, 236 contrari e 35 astenuti, il governo a guida M5S-Lega ha ottenuto la fiducia alla Camera – dopo aver già incassato il risultato al Senato – ed è dunque entrato in carica con pieni poteri. Durante il suo intervento a Montecitorio, il premier Conte ha dedicato anche un piccolo spazio allo sviluppo sostenibile, difendendosi dagli attacchi ricevuti nel merito: «Sul fronte dell’ambiente ho ricevuto critiche ingiuste: ci sarà forte attenzione su questo argomento. La green economy non è per noi solo uno slogan, ma il futuro per i nostri figli: faremo di tutto per orientare il nostro Paese in questa direzione».
Dunque, che fare? Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), in un appello appena rivolto «al nuovo Parlamento, al nuovo Governo e al nuovo ministro dell’Ambiente» suggerisce innanzitutto «di avviare un percorso, un confronto serio e partecipato, in primis con le Regioni, per immaginare una nuova governance ambientale del Paese». È il direttore generale Arpa Friuli Venezia-Giulia e vicepresidente del Snpa, Luca Marchesi, a dettagliare la proposta: «Sto pensando – spiega – ad una sorta di “Stati generali dell’ambiente” in cui mettere a confronto aspettative ed esigenze, provando ad individuare traiettorie innovative e condivise».
Guardando alla legislatura appena conclusa, Marchesi la descrive come «estremamente importante e quanto mai ricca di novità, dal punto di vista della protezione dell’ambiente», citando a favore di questa lettura la legge n. 68 del 2015 sugli ecoreati, il Collegato ambientale, l’incorporazione del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei carabinieri, l’istituzione dell’Agenzia Italia meteo e l’istituzione stessa del Snpa, che oggi conta 11mila operatori sul territorio nazionale; una stagione di riforme che secondo Marchesi presenta comunque «luci ed ombre», anche se «non può essere messo in discussione che molto sia stato fatto, dopo anni di relativa stasi». Si tratta ora di capire e indirizzare le priorità di lavoro in questa nuova legislatura.
«L’attuale governance ambientale del Paese – evidenzia il vicepresidente Snpa – è molto datata e certamente non più attuale, non essendo più per questo in grado di offrire al decisore pubblico e alle Istituzioni gli strumenti necessari per comprendere, affrontare e risolvere le sfide dell’oggi e del domani. Parliamo infatti di un assetto istituzionale e di un ventaglio di competenze e di funzioni che sono disciplinate da un complesso di norme molto datate, nate tra il 1986 (anno di costituzione del Ministero dell’Ambiente) e il 1994 (anno di nascita dell’Anpa e di avvio del processo che ha generato le Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente). Quello che dobbiamo attenderci è che nella Legislatura appena iniziata si possa porre mano in maniera organica ad un grande momento collettivo di riflessione sulla governance ambientale italiana, per farne oggetto di un progetto di riforma complessiva che vada a ridisegnare ruoli, funzioni e competenze, collocandole in un quadro di responsabilità più aderenti ai tempi».
Si tratta insomma di provare ad immaginare una nuova governance ambientale del Paese, ed è a questo fine che il Snpa chiede di convocare gli “Stati generali dell’ambiente”, una necessità già manifestata in Parlamento dal presidente Stefano Laporta e dallo stesso Marchesi sul finire della scorsa legislatura: si chiede in sostanza «un confronto serio e partecipato», in primis con le Regioni e con le tecnostrutture e i centri di competenza, nonché con tutti i ministeri, ma anche con tutti i portatori di interesse: imprese, associazioni (ambientaliste, professionali, gli Ordini, le società scientifiche).
«Le parole guida – argomenta Marchesi – devono essere: lotta al cambiamento climatico, economia circolare, green economy, rete, valorizzazione delle competenze, sussidiarietà, rigore scientifico, autorevolezza del Pubblico, formazione, informazione, premialità dei comportamenti virtuosi, valorizzazione dell’autocontrollo, trasparenza, accountability, semplificazione, rigore nei controlli ispettivi, certezza delle sanzioni. La partita è indubbiamente ampia e complessa ed eccede il tema della pura protezione dell’ambiente e della natura o della repressione dei comportamenti ambientalmente scorretti (come recentemente evidenziato anche dal primo firmatario della legge sugli ecoreati, Ermete Realacci, ndr). Interessa invece temi più ampi e trasversali, quali quelli dello sviluppo economico, della gestione del territorio, della modifica degli stili di vita e degli stessi paradigmi di crescita della nostra società. Dobbiamo pensare ad un approccio molto ampio, perché Ambiente vuol dire sviluppo, economia circolare, fonti rinnovabili, uso razionale dell’energia, cambiamento climatico, salute e soprattutto conoscenza finalizzata ad orientare le politiche di settore della Repubblica, oltre che, naturalmente, controlli e lotta ai reati».
fonte: www.greenreport.it