Come migliorare? Fluttero: «Iva agevolata, diffusione del Gpp e corretta informazione dei consumatori»
L’Ispra informa
che nel 2016 per i rifiuti urbani in Italia «la percentuale di
preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 47,7%»,
mentre per i rifiuti speciali
il recupero di materia è al 65%. Eppure per Eurostat (2014) il
“circular material use rate” è ancora al 18,5%. Cosa significa, e come
si spiega quest’ampio divario?
«Si tratta di indicatori diversi, anche se in qualche modo collegati.
Il tasso di circolarità nell’uso di materia elaborato da Eurostat
misura la quota di materiale recuperato e reimmesso nell’economia ed è
parametrato all’uso complessivo della materia. Esso, quindi, misura
l’impiego di materiale riciclato, che va a sostituire la materia prima
vergine o naturale, rispetto a tutta la materia impiegata. In alcuni
settori, ad esempio quelli della produzione di imballaggi in carta,
vetro o alluminio, tale tasso è molto alto, e può raggiungere picchi
dell’80/90%, ma evidentemente ci sono altri settori in cui è molto basso
o quasi nullo.
Diverso è invece il tasso di riciclaggio o di preparazione per il
riutilizzo, calcolati sul peso complessivo dei rifiuti raccolti. Essi
misurano le quote di rifiuti avviati a riciclo o preparazione per il
riutilizzo; la nuova metodologia europea appena adottata precisa che
occorre considerare i rifiuti che entrano nell’impianto di riciclo o che
hanno subito una prima selezione».
Secondo l’ultimo sondaggio
condotto da Lorien Consulting per Legambiente e Conou il 58% degli
italiani si ritiene ben informato su “la raccolta differenziata e il
riciclo dei rifiuti”, eppure solo per il 46% dello stesso campione
intervistato il rifiuto differenziato dovrebbe essere avviato a riciclo.
Come pensa sia nata questa percezione distorta, e quali i possibili
interventi per sanarla?
«Considero più preoccupante che il 42% degli intervistati non si
ritenga ben informato sulla raccolta differenziata perché questa e la
parte del ciclo di gestione dei rifiuti che riguarda direttamente i
cittadini. La percezione legata all’avvio al riciclo è importante ma
l’operatività riguarda maggiormente istituzioni pubbliche e settore
della imprese private».
Su quali strumenti economici e fiscali crede sarebbe più
opportuno fare leva per favorire in Italia l’effettiva applicazione
della gerarchia per un corretto ciclo integrato dei rifiuti, e dunque
anche una più efficiente economia circolare?
«In primis, IVA agevolata per prodotti che contengono una quota
minima di riciclato, in modo da rendere competitivo il costo tra questi
ultimi rispetto ai prodotti realizzati esclusivamente con materiale
vergine; poi contributi ambientali differenziati per i prodotti più
facilmente riciclabili, o che contengono materiale riciclato, o che sono
riparabili, o facilmente disassemblabili in parti costituite da uno o
più materiali, in modo da facilitare il riciclo. Occorrerebbe comunque
eliminare i sussidi ambientalmente dannosi, che ammontano, secondo le
stime contenute nel catalogo del Ministero dell’ambiente, a 16,2
miliardi di euro (a fronte dei 15,7 miliardi di euro dei sussidi
ambientalmente favorevoli). Un ruolo importante lo gioca anche la
diffusione del GPP e l’applicazione dei CAM, ovvero dei criteri minimi
ambientali negli appalti e negli acquisti pubblici. Più in generale,
occorre favorire una corretta informazione di utenti e consumatori anche
attraverso la certificazione ambientale di prodotto, che ha lo scopo di
verificare specifiche caratteristiche di sostenibilità, ad es. la
durabilità oppure il contenuto di materiale riciclato».
E per quanto riguarda invece gli strumenti normativi?
«La definizione di criteri End of Waste per i principali flussi di
rifiuti recuperabili; l’introduzione di percentuali minime obbligatorie
di materiale riciclato, ove tecnicamente fattibile, nei beni o manufatti
acquistati dalle stazioni appaltanti. In generale, la semplificazione
amministrativa degli adempimenti a carico delle imprese “circolari”,
soprattutto quelle piccole e medie».
fonte: www.greenreport.it