Amsterdam, i turisti pagano per pescare plastica nei canali

Amsterdam, i turisti pagano per pescare plastica nei canali















A ripulire le acque di Amsterdam dalla plastica ci pensano i turisti. E per farlo pagano. «Sembra incredibile, ma la gente lo adora», spiega Marius Smit, 45 anni, fondatore di Plastic Whale, «la prima compagnia professionale di pescatori di plastica»: un’impresa sociale che ha l’ambiziosa missione di ridurre l’inquinamento, fondendo l’utile al dilettevole. Un’idea che fino ad oggi ha attirato 15mila persone. Sono salite su una colorata barca elettrica che le ha accompagnate per i chilometri di canali su cui è costruita la città olandese. Ma non si sono limitate ad apprezzarne storia e panorama come in un qualsiasi tour per visitatori. Hanno calato giù un retino per acciuffare sacchi, tappi e bottiglie. «Un bottino da cui ricaviamo nuovi prodotti dimostrando che la plastica non è solo un rifiuto, può diventare un’ottima materia prima». Plastic Whale da poco la sfrutta per costruire mobili da ufficio. La prima collezione è stata inaugurata lo scorso febbraio e si compone di tavolo, sedie, lampada e un pannello acustico.

È un piovoso pomeriggio d’inizio autunno, Smit guarda rientrare l’ultima battuta di pesca del giorno da una finestra che si specchia nell’acqua e ricorda la strada fatta per arrivare fin qui. Tutto è partito da un viaggio intorno al mondo: «Avevo 30 anni e ho visto gli angoli più belli del pianeta inquinati. Ho pensato di dover fare qualcosa», racconta. Nel 2011 ha trovato il coraggio di rimboccarsi le mani. Ma è grazie ai social network che è riuscito a trasformare l’impossibile in realtà. «Prima ho lanciato una sfida, chiedendo aiuto per costruire una barca. Poi ho iniziato a ripulire i canali, trascorrendo le giornate a mollo e coinvolgendo gli amici».

Un’iniziativa che dopo sei anni è diventata il percorso preferito dai turisti di Amsterdam con il cuore verde. Arrivano da ogni parte del pianeta e hanno ogni età. Sono diversi, ma li accomuna la voglia di risolvere un problema: gli otto milioni di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono negli oceani. Il biglietto per un giro di due ore a caccia di immondizia costa 25 euro, include bevande e spuntino, più la guida agli angoli meno noti della capitale dei Paesi Bassi. L’esperienza piace. «Ci siamo divertiti un sacco, facendo del bene all’ambiente», scrive Madalina nelle recensioni su Google. «Meraviglioso», fa eco Aleen su TripAdivsor.

«Riuscire a coinvolgere tutti» è il segreto del successo secondo Smit. «A bordo sentono di fare qualcosa di utile perché chi osserva dalla riva spesso li gratifica applaudendo e ringraziando». Così dal 2011 i pescatori di plastica sono riusciti a recuperare 146mila bottiglie e tremila buste che sono servite a costruire nove nuove imbarcazioni. Oggi Plastic Whale conta 12 dipendenti e 40 skipper. Ha aperto una sezione distaccata a Rotterdam e ha in cantiere investimenti a Bangalore, in India, dove «povertà e rifiuti vanno a braccetto».
Parte dei profitti viene investita in una fondazione che organizza progetti educativi per scuole e università. Smit sorride, soddisfatto. Non è stato facile con due bimbi e un mutuo da pagare, ma il fallimento non lo preoccupa. Anzi, lo auspica: «Esistiamo per risolvere un problema e se non dovesse esserci più bisogno di noi vuol dire che siamo riusciti a raggiungere l’obiettivo: un mondo libero dalla plastica».

fonte: https://www.repubblica.it