«In assenza di qualsiasi azione, il rischio 
sempre più vicino è che si blocchi il riciclo della carta e, 
conseguentemente, la raccolta differenziata della carta su suolo 
pubblico (e su quello privato) in Italia. Né il Paese né l'industria 
della carta vogliono questo, ma l'inerzia può andare oltre le peggiori 
aspettative»
Commentando le recenti vicende
 che hanno portato all’accantonamento, nel decreto Semplificazioni, di 
ogni intervento sull’end of waste – ovvero l’attesa normativa necessaria
 per stabilire quando un rifiuto può tornare sul mercato come prodotto 
al termine di un processo di recupero – il direttore generale di 
Assocarta parla di «un cattivo servizio all’economia circolare del 
nostro Paese. Nel dl Semplificazioni si introduce un nuovo registro 
sulla tracciabilità dei rifiuti (al posto del Sistri, ndr) e 
relativo contributo, ma non una disciplina che semplifichi e sblocchi le
 attività’degli impianti regionali in materia di end of waste. E questo 
in un contesto in cui mancano le infrastrutture per la gestione dei 
rifiuti e quindi aumentano i costi, a cui si aggiungono gli incrementi 
delle tasse regionali per il conferimento in discarica a partire dal 1 
gennaio».
Ad oggi in Italia vengono riciclate circa 10 tonnellate di carta ogni
 minuto, ovvero circa 5 milioni di tonnellate all’anno: un processo 
industriale circolare dal quale esitano – documenta Assocarta – 300 mila
 tonnellate di scarti di riciclo, che non trovano però adeguata 
allocazione, in quanto ad oggi per questi rifiuti speciali «c’è solo un 
impianto di termovalorizzazione dedicato, in Umbria, mentre un secondo 
impianto in Lombardia non è utilizzato in maniera costante».
Come sottolineano infatti dall’associazione, dal processo di riciclo 
della carta si genera uno scarto «il cui recupero energetico è una Best available technique (Bat)
 a livello Ue: ma nel nostro Paese uno degli ostacoli al riciclo (oltre 
che all’aumento della capacità di riciclo) è proprio la difficoltà di 
gestione di questi scarti che, seppur ricchi di energia, continuano a 
finire nelle discariche, che sono sempre meno, per l’impossibilità da 
parte imprese italiane di installare questo tipo di impianti all’interno
 dei propri siti produttivi, e per la mancanza, all’esterno dei siti 
produttivi, di infrastrutture sufficienti per recuperare energeticamente
 le quantità di scarto di pulper generate dall’industria del riciclo. Un
 evidente limite alla “circolarità” e un enorme spreco di risorse e di 
energia che i nostri concorrenti europei non fanno».
Questo a sua volta comporta sia uno svantaggio competitivo per le 
cartiere italiane – che rappresentano di fatto veri e propri impianti di
 riciclo –, sia un’efficiente gestione dell’intera filiera, con ricadute
 anche in termini di igiene urbana: «In assenza di qualsiasi azione, il 
rischio sempre più vicino è che si blocchi la produzione, quindi il 
riciclo della carta e, conseguentemente, la raccolta differenziata della
 carta su suolo pubblico (e su quello privato) in Italia. Né il Paese né
 l’industria della carta vogliono questo, ma l’inerzia può andare oltre 
le peggiori aspettative».
Che fare dunque per evitare l’emergenza? Da Assocarta avanzano tre 
proposte, oltre a sottolineare l’urgente necessità di passi avanti sul 
fronte end of waste: «Accesso prioritario agli scarti di riciclo della 
carta negli impianti esistenti; avviare gli impianti industriali già 
completati, inclusi gli impianti di recupero degli scarti del riciclo 
asserviti alla produzione (che non graverebbero in questo modo sul 
sistema di gestione regionale dei rifiuti); considerare in maniera 
strutturale, nella pianificazione regionale in materia di rifiuti, il 
recupero degli scarti del riciclo».
fonte: www.greenreport.it

