Il buongiorno non si vede dal mattino? Colpa del glifosato nel caffè
















Nestlè è finita sotto accusa a causa della presenza di glifosato nei suoi caffè. Nonostante gli allarmi della comunità scientifica mondiale circa la pericolosità dell’erbicida, il governo brasiliano continua a promuovere l’utilizzo del glifosato in agricoltura.
Recentemente ha destato grande scalpore e preoccupazione un articolo di Bloomberg che mette sotto accusa un grande colosso dell’industria alimentareAl centro dell’inchiesta questa volta è il caffè, o meglio il glifosato che sarebbe stato rinvenuto dentro ad alcuni prodotti del gruppo Nestlè. Secondo Bloomberg, i prodotti a marchio Nescafè e Nespresso sugli scaffali dei negozi di tutto il mondo conterrebbero quantità di glifosato superiori a quanto concesso dalle normative.
Il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo e da tempo gli effetti collaterali provocati dal principio attivo sono ben noti, tuttavia aziende come Monsanto, Syngenta e Bayer continuano a produrne 800mila tonnellate l’anno, respingendo le accuse e promuovendone l’utilizzo. Per decenni il glifosato è stato utilizzato in agricoltura su scala mondiale, conseguentemente tracce dell’erbicida sono state rilevate praticamente in qualunque tipo di prodotto agroalimentare. Considerata la vasta scala di utilizzo, logicamente i danni non potevano finire qui: test effettuati hanno dimostrato la presenza di glifosato anche nella carne degli animali e negli uomini.
Gli studi condotti dalla comunità scientifica non hanno potuto che confermare la tesi della pericolosità del glifosato riscontrando che ad una sola settimana di somministrazione corrispondevano aumenti dei livelli di obesità, alterazioni nell'apparato riproduttivo femminile, del funzionamento della prostata, dei reni e pubertà precoce. Non solo, questi test hanno inoltre dimostrato che l’assunzione del principio attivo può provocare una predisposizione a pluripatologie e delle mutazioni che sarebbero causa dello sviluppo di tumori nelle 2/3 generazioni successive. In seguito alla recente polemica che ha travolto i prodotti Nescafè e Nespresso, l’azienda madre Nestlè ha dichiarato: “Monitoriamo attivamente i residui chimici, incluso il glifosato, nel caffè verde che acquistiamo. Questo programma di monitoraggio ha dimostrato che in alcune forniture i livelli di residui chimici sono vicini ai limiti definiti dalle normative. Stiamo rafforzando i nostri controlli in collaborazione con i fornitori per garantire che il nostro caffè continui a soddisfare le normative in tutto il mondo”.


Le reazioni del mondo al problema del glifosato sono purtroppo eterogenee e lasciano molti spunti sui quali riflettere. Da una parte troviamo paesi come l’Austria dove l’utilizzo del glifosato è severamente vietato, oppure altri Stati Europei, la Malesia e l’Australia dove esistono delle soglie limite di impiego molto restrittive. Sull'altro piatto della bilancia però si posizionano paesi come il Brasile - non a caso il luogo d’origine dei chicchi di caffè dai quali si ricavano i due prodotti sotto accusa – che, incuranti degli allarmi lanciati dalla comunità scientifica, non solo non accennano a fare alcun passo verso la limitazione del glifosato, ma ne incentivano l’utilizzo. Il governo brasiliano ha introdotto per giunta la possibilità di utilizzare in agricoltura anche una serie di altri prodotti chimici dalla comprovata tossicità.
Ovviamente la politica interna di Nestlè viaggia sulla stessa lunghezza d’onda del governo del paese sudamericano. L’azienda, infatti, alle sue dichiarazioni ha aggiunto: “I nostri agronomi continueranno a lavorare con i coltivatori di caffè per aiutarli a migliorare le loro pratiche di gestione delle infestanti, compreso l’uso appropriato degli erbicidi e l’adozione di altri metodi di diserbo”. Nessun passo indietro quindi, né tanto meno nessun cambio di rotta annunciato: ora l’ultima parola sta ai consumatori.

fonte: https://www.nonsoloambiente.it/