Quando si parla di microplastiche, una delle questioni più problematiche riguarda non solo /*/la nostra capacità di eliminarle dall’ambiente ma, prima ancora, la stessa possibilità di riuscire a vedere e individuare questi minuscoli materiali inquinanti. Per questo motivo, un’enorme importanza assume la ricerca condotta dall’Università di Catania, che ha permesso di brevettare un metodo per scovare e quantificare, per quasi tutte le tipologie di plastica, le microparticelle inferiori a 10 micrometri.
Il brevetto, dal titolo “Metodo per l’estrazione e la determinazione di microplastiche in campioni a matrici organiche e inorganiche”, è frutto del lavoro del Laboratorio di Igiene Ambientale e degli Alimenti (LIAA) dell’ateneo catanese, che ha recentemente visto accettate tutte le 10 rivendicazioni avanzate in fase di deposito (inerenti alla novità del metodo, all’inventiva e all’applicabilità industriale), vale a dire le richieste che consentono di ottenere una tutela su specifici aspetti di un prodotto (sia esso uno strumento e un metodo).
Nello specifico, l’originalità di questa metodologia consiste nell’aver superato le attuali tecniche di individuazione delle microplastiche, che mostrano dei limiti proprio nell’identificazione e nella determinazione delle particelle inferiori ai 10 micrometri. Ad oggi, infatti, le metodologie di estrazione si basano principalmente su un processo di filtrazione per la raccolta delle microparticelle e delle microfibre plastiche, un processo che procede grazie ad un’esclusiva “selezione dimensionale” che, in quanto tale, non consente di riconoscere le particelle con diametro inferiore ai pori del filtro utilizzato. In questo modo, e necessariamente, rilevanti quantità di micro e nanoplastiche possono andare perse.
Il brevetto, che era già stato ottenuto in Italia ottenendo successivamente l’estensione a livello internazionale, rende il LIAA l’unico laboratorio in grado di individuare le microplastiche con dimensione inferiore ai 10 micrometri a livello mondiale, permettendo così all’Università di Catania di siglare collaborazioni scientifiche con altri atenei italiano e con centri di ricerca in Tunisia e Austria.
fonte: www.rinnovabili.it