Rifiuti organici: Italia terza in Europa per trattamento

Utilitalia: “Il nostro Paese è all’avanguardia nella gestione del rifiuto organico, ma servono misure concrete a sostegno della filiera”


















Quando si tratta di gestire i rifiuti organici, l’Italia non ha bisogno di lezioni da terze parti. Il Belpaese, infatti, è terzo in Europa per quantità di frazione organica urbana trattata, subito dopo Germania e Regno Unito, e quinto per numero di impianti presenti sul territorio. Buoni piazzamenti dietro cui si trovano una cultura sempre più attenta al problema e specifiche politiche incentivanti, che hanno aiutato il comparto nell’ultimo anno e mezzo.Tra un primo e un terzo posto, però, la differenza esiste e il gap va cercato in quei nodi strutturali ancora da sciogliere. A fare conti con le difficoltà, che tuttora assillano la gestione nazionale dei rifiuti organici, è oggi Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, in occasione di Ecomondo-Key Energy 2019.

L’Italia ha avviato prima di molti altri la raccolta differenziata dell’umido e del verde urbano, raggiungendo importanti tassi di intercettazione (si registra un valore medio di 107 kg procapite l’anno) ed elevati livelli qualitativi. Attualmente l’organico rappresenta la principale frazione merceologica dei rifiuti urbani sia dal lato produzione che da quello della raccolta (più del 40% del totale) e, soprattutto, la quota che cresce più velocemente. Peccato che le centrali di trattamento non stiano aumentando con la stessa velocità: gli impianti non sono ancora diffusi in maniera omogenea sul territorio nazionale, andando incontro in alcuni casi a vere e proprie carenze.
Ciò fa emergere diversi dubbi sulla capacità di tenere il passo con dettami verdi dell’Unione Europea. Il pacchetto di norme sull’Economia circolare – voluto da Bruxelles – impone di alzare progressivamente riciclo dei rifiuti urbani, per arrivare una quota del 65% sul totale raccolto entro il 2035 (leggi anche Ok al Pacchetto economia circolare: riciclo al 65% entro il 2035).
Gestire il comparto, anche in vista degli obiettivi UE, richiede un nuovo approccio sistemico, come spiega Alberto Ferro, responsabile Raccolte Differenziate e Riciclo di Utilitalia “Occorre ragionare in termini di filiera, una filiera composta da Comuni e aziende che, con la fondamentale collaborazione dei cittadini, raccolgono i rifiuti organici in modo differenziato, da impianti di trattamento che trasformano i rifiuti organici in fertilizzanti organici e biometano, fino al comparto agricolo e all’industria dei trasporti in cui questi prodotti vengono valorizzati”
Chi oggi è riuscito già a chiudere il cerchio, è anche stato in grado di ridare ai territori le risorse, contenute in questi scarti, sotto forma di energia rinnovabile e fertilizzanti organici. “Il biometano in particolare rappresenta un’opportunità di crescita in termini industriali e di sostenibilità dei servizi erogati dalle utility nazionali –  ha sottolineato il Vice Presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini […] può valorizzare le reti territoriali di distribuzione del gas e rappresentare un’occasione di rinnovamento delle flotte aziendali e del trasporto pubblico verso un ridotto impatto ambientale”.
L’approccio suggerito dalla Federazione permetterebbe di limitare i viaggi dei rifiuti tra le diverse aree del Paese, dando così la possibilità ad ogni territorio di chiudere il cerchio e ottenere i relativi vantaggi. Perché ciò succeda, tuttavia, è anche necessario eliminare l’incertezza normativa. È, ad esempio, il caso dell’End of Waste: il ritardo ha frenato in questi anni l’iter autorizzativo (e quindi la realizzazione) di impianti innovativi di trattamento dell’organico. “Alla luce dei ritardi dati da questa incertezza normativa e per sfruttare al massimo il potenziale dato dal biometano nella transizione all’economia circolare – ha concluso Brandolini – Utilitalia chiede che la scadenza al 31 dicembre 2022 per l’accesso agli incentivi sia adeguatamente posticipata”.

fonte: www.rinnovabili.it