
La mobilità elettrica ha iniziato la sua fase ascendente e la domanda che si fanno in molti è se l’Italia riuscirà o meno a ritagliarsi un ruolo di primo piano in questo campo, come è stato negli scorsi decenni a livello motoristico, o se sta rischiando di perdere un treno che non ripasserà. Tra tutto ciò che riguarda la produzione di veicoli elettrici, la filiera delle batterie rappresenta forse l’aspetto più importante. L’Italia, pronta a diventare un punto di riferimento nel riciclo delle batterie, potrebbe anche diventare un produttore di litio, e quindi di celle destinate ad accumulatori sia per auto elettriche che altro. Come? Ce lo spiega Gianfranco Pizzuto, esperto del settore ed imprenditore recentemente intervenuto alla nona edizione di No Smog Mobility tenutasi a Palermo.
Quando si parla di mobilità elettrica, non si può fare a meno di parlare del litio e delle sue riserve, che però in Italia non ci sono. Ma è davvero così?
Assolutamente no, nei nostri mari sono disciolte quantità nell’ordine di centinaia di milioni di tonnellate di litio, attualmente la produzione mondiale di litio è di t. 43.000 (dati del 2017). In Italia potremmo estrarre il litio dalle nostre saline. Certo il processo di estrazione sarebbe un po’ più lungo e costoso di quello del Salar de Atacama (grande lago salato nelle Ande cilene) ma se per farlo si utilizzasse esclusivamente energia rigenerativa prodotta da impianti fotovoltaici, visto che in Sicilia di sole ce n’è, il costo di produzione calerebbe di molto. Ma non solo, poco distante dalle saline di Trapani, a Termini Imerese, in provincia di Palermo, si trova un’ex fabbrica Fiat che da molti anni non viene utilizzata (o comunque molto poco, con quasi 1000 dipendenti in cassa integrazione straordinaria da 9 anni) che sarebbe perfetta per installare un impianto per la produzione di celle.
Come si può dalle saline ottenere litio utile alla produzione di celle per batterie?
Prima dell'effettivo processo di separazione del litio, la salamoia delle saline viene pompata in vasche supplementari e concentrata ulteriormente per mezzo dell’evaporazione. Infine, la soluzione concentrata subisce un secondo processo in cui viene purificata e il litio può essere separato meccanicamente, con una serie di speciali filtri, o chimicamente, utilizzando una soluzione organica insolubile.
Produrre litio dalle saline sulle nostre coste non sarebbe eccessivamente impattante a livello ambientale?
Assolutamente no. Se lo fosse lo sarebbe anche estrarre il sale, cosa che si fa senza particolari pericoli per l’ambiente fin dall’antichità.
Cosa comporterebbe un utilizzo di questo tipo delle saline in termini economici ed occupazionali?
Bloomberg prevede che la domanda di litio, e batterie al litio, da qui al 2030 crescerà di almeno 10 volte rispetto alla domanda attuale, fino a raggiungere una produzione mondiale di almeno 2.000 GWh/anno. L’accoppiata mobilità elettrica e produzione di energia da fonti rigenerative richiederà una sempre maggiore quantità di sistemi di accumulo a batteria dove il litio avrà ancora per molti anni un ruolo primario. Nella sola Sicilia potrebbero trovare impiego molte migliaia di lavoratori e se si calcola che un kWh di batteria Li-ion oggi viene acquistato dalle case automobilistiche a circa € 150, anche in prospettiva di una riduzione del 50% del prezzo attuale (previsto nei prossimi anni, quindi € 75 per kWh) il fatturato annuale - con una produzione stimata di 30 GWh - fabbisogno odierno della sola Tesla - arriverebbe a ben oltre 2 miliardi di euro.
Secondo alcuni l’Italia potrà presto giocare un ruolo importante nel riciclo delle batterie, più che nella produzione delle stesse. È d’accordo?
Se abbiamo la pazienza di aspettare altri 10 anni, forse. Al momento non ci sono abbastanza batterie Li-ion da riciclare perché una volta terminata la vita utile in un’auto elettrica (8-10 anni) vengono riutilizzate per progetti “second life”, come per esempio le batterie di 150 Nissan Leaf di prima generazione che oggi fungono da “back up” allo stadio Amsterdam Arena in Olanda. Nel caso mancasse l’energia elettrica durante una manifestazione, rimpiazzano i tradizionali generatori diesel. La vita utile di una batteria Li-ion è quindi di almeno 20 anni prima di doverla riciclare per recuperare fino al 97% i materiali utilizzati in origine (come dimostra il progetto di Volkswagen presso l'impianto di Salzgitter, dove il gruppo tedesco si sta dedicando alla produzione di celle).
Ma le batterie ed i materiali di cui sono composte le batterie sono veramente riciclabili?
Dipende dal costruttore delle celle e dai materiali che si sono scelti per la produzione. La maggior parte dei componenti delle celle sono metalli come litio, rame, alluminio, cobalto, che possono essere riutilizzati per fabbricare altre celle o altri componenti. Nel progetto Northvolt, per esempio, le celle sono prodotte solo con materiali riciclabili al 100%, riducendo al minimo l’utilizzo di terre rare.

Cita spesso il progetto Northvolt. Di cosa si tratta?
Northvolt è un’azienda svedese fondata nel 2016 da alcuni ex-manager Tesla che hanno deciso di dar vita ad un progetto totalmente sostenibile per produrre celle Li-ion in Svezia ed in altri Paesi europei. Hanno già ottenuto importanti partnership con aziende di livello mondiale come per esempio Siemens, ABB, BMW e Volkswagen giusto per nominarne alcuni. Il loro progetto prevede la costruzione di una prima “Gigafactory” da 32 GWh di celle/anno con inizio della produzione prevista per il 2021 e hanno in pratica già venduto la loro capacità produttiva per i prossimi anni benché la fabbrica non sia ancora in funzione, tanto è l’interesse da parte di alcune case automobilistiche di avere un fornitore di celle e batterie europeo.
Pensa quindi che, tornando alle saline siciliane, in Italia si possa parlare della creazione di una “Southvolt”?
Si potrebbe chiedere a Northvolt di formare una joint venture per la produzione di celle anche in sud Italia, perché no. Di certo ci sarebbe bisogno dell’appoggio del governo italiano, unitamente ad un primario gruppo industriale privato interessato ad investire nel progetto.
Se le sue proposte non verranno accolte in Italia, pensa di orientarsi altrove?
In effetti questa estate ho ricevuto un’offerta da un Paese sudamericano per andare ad organizzare una fabbrica per assemblare moduli per batterie per poi passare, in una fase successiva, ad un progetto molto più ambizioso che prevede anche la produzione di celle. La cosa mi stimola molto e dovrò prendere una decisione a breve.
Per quello che vede nel suo campo, l’Italia rischia di accumulare ritardi nello sviluppo di queste nuove tecnologie e quindi nelle opportunità che queste offrono, oppure siamo al passo con gli altri Paesi?
Rispetto ai leader mondiali (Cina, Corea, Giappone e Stati Uniti) l’Italia è indietro di 10 anni, mentre con il resto dell’Europa il gap è meno evidente, ma comunque c’è. Quello che manca in Italia è la presenza di una grande azienda che con lungimiranza capisca l’importanza strategica che, oggi più che mai, le batterie avranno in un futuro prossimo in realtà già arrivato. Quello che vediamo oggi non è neppure la punta dell’iceberg. Ogni tanto penso, con amarezza, al fatto che nonostante noi italiani siamo stati gli inventori della “pila”, con Alessandro Volta più di 200 anni fa, non ne abbiamo ancora capito l’importanza.
fonte: www.lastampa.it