La settimana scorsa il prezzo del petrolio al barile ha raggiunto, per la prima volta nella storia, un valore negativo di meno 40 dollari. Un prezzo negativo equivale, in termini pratici, a pagare qualcuno affinché compri i vostri prodotti. E’ un po’ come andare al ristorante ed essere pagati per mangiare e bere! Il motivo è che le scorte di petrolio stanno saturando rapidamente a causa della riduzione della domanda in settori quali trasporto ed energia. I produttori di petrolio si trovano, così, nella condizione di - letteralmente - dovere dar via le scorte accumulate per fare spazio alle nuove quantità in produzione, che continua imperterrita.
L'impatto sul futuro
Ridurre la produzione di petrolio in maniera drastica o interromperla non è un’operazione semplice. Molti depositi di petrolio si trovano in rocce porose, dove una pressione costante deve essere applicata per forzare la fuoriuscita del greggio. L’estrazione diventa sempre più costosa man mano che un pozzo “invecchia”. Per tale motivo, la riduzione o interruzione della produzione richiede un enorme investimento economico, sia in fase di chiusura che di riapertura dei pozzi. In sintesi: se è vero che la nostra società dipende (o dipendeva fino a pochi mesi fa) da un flusso costante di petrolio, è anche vero che l'industria petrolifera stessa dipende da enormi iniezioni di capitale per finanziarne l'esplorazione e la produzione. Quale sarà l’impatto di tutto ciò sul futuro del cambiamento climatico è una partita aperta che si gioca su più campi, inclusi quello finanziario ed economico, e che non ha un esito scontato.
Le ipotesi
Alcuni ritengono che i cambiamenti nel nostro comportamento introdotti a causa del coronavirus potrebbero rimanere con noi, riducendo così le emissioni legate alla mobilità di tutti i giorni. Le emissioni potrebbero, però, aumentare quando la domanda di viaggi aerei nei mercati emergenti ricomincerà a crescere. Altri, come Nick Stansbury, della Legal & Geneal Investment Management (LGIM, compagnia di investimenti basata a Londra) ritengono che l'attuale crollo dei prezzi del petrolio debba essere considerato, a conti fatti, un male per l'ambiente poiché stimola l’acquisto di automobili con cilindrate maggiori, come accadde alcuni anni fa. Su un altro fronte, Goldman Sachs (una delle maggiori banche d’investimento mondiale) afferma in un rapporto pubblicato di recente che il crollo della domanda causata dall'attuale crisi potrebbe portare a un massiccio aumento dei prezzi del petrolio il prossimo anno, perché l'industria petrolifera non sarà in grado di tenere il nuovo passo, lasciando un vuoto da riempire da parte delle energie rinnovabili.
Le energie rinnovabili
L’assenza di liquidità potrebbe far chiudere molte compagnie petrolifere minori, lasciando sul mercato solo quelle compagnie maggiori che possono assorbire lo shock economico e finanziario. Inoltre, la maggiore stabilità delle compagnie che producono energie rinnovabili, sempre secondo il rapporto, potrebbe incentivare i governi ad investire in tali attività con programmi di stimolo. A questo si aggiunge poi il fatto che negli anni passati molti istituti finanziari hanno spostato parte degli investimenti verso le energie rinnovabili o la cattura di anidride carbonica, anche a causa delle nuove leve di giovani ricchi che chiedono sempre più di investire i loro soldi in tecnologie verdi e sostenibilità per l’ambiente.
Le stime di rischio
A questo poi bisogna aggiungere che molti istituti finanziari (tra i quali la Banca d’Inghilterra) hanno cominciato ad integrare le conseguenze del cambiamento climatico (e quindi delle emissioni legate al petrolio) nelle loro stime di rischio e, di conseguenza, aumentando gli investimenti in compagnie legate alla produzione di energie rinnovabili, a scapito di quelle ancora legate alle industrie del petrolio. Parafrasando una frase dal magnifico film “Il Petroliere” con Daniel Day-Lewis “Ci sarà avidità. Ci sarà vendetta”. Contro chi stiamo operando questa vendetta ? Contro noi stessi e il nostro pianeta. Pensiamoci bene quando usciremo dal tunnel del Covid19 e faremo i conti per far ripartire la nostra società. La scelta è nostra.
fonte: www.repubblica.it
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