
A fine febbraio molti attivisti ambientali scrivevano sui social media che forse c’era speranza. Per far fronte alla pandemia di COVID-19 i governi stavano prendendo misure eccezionali e investendo cifre impensabili fino al giorno prima. “Non si potrà più dire che non ci possiamo permettere la lotta climatica”, questo era il pensiero comune. Ma nella fase post-coronavirus la questione ambientale rischia invece di tornare secondaria. Con il pretesto della crisi economica vari settori industriali e alcuni politici hanno già chiesto di ridimensionare gli obiettivi del Green New Deal europeo, nel frattempo l’Agenzia per la Protezione Ambientale statunitense e il Ministero dell’Ambiente cinese hanno introdotto misure che limitano le ispezioni ambientali nelle fabbriche o allentano le direttive anti-inquinamento, mentre in Italia l’industria della plastica chiede di rimuovere la plastic tax che dovrebbe entrare in vigore dal luglio 2020.
Secondo il climatologo e divulgatore scientifico televisivo Luca Mercalli la ripartenza sarebbe il momento adatto per avviare riforme green radicali e strutturali, “ma non sono ottimista. Nella task force vedo dei manager e competenti, ma l’approccio è orientato a riportare tutto com’era prima. Sarebbe stato utile includere qualcuno con un pensiero più orientato alla sostenibilità”. Mercalli vedrebbe di buon occhio un intervento sul traffico aereo: “anche se è impopolare dirlo, non ci possiamo permettere di volare così frequentemente, di certo bisognerebbe ripartire da un turismo più domestico e a raggio ridotto”. L’aviazione civile è attualmente una tra le fonti di emissioni dalla crescita più rapida, lo stop ai voli di queste settimane potrebbe rimodellare le nostre abitudini di viaggio, ma serviranno investimenti in alternative sostenibili come treni e bus a lunga percorrenza.
Per quanto riguarda la questione energetica il docente di chimica e fisica all’Università di Firenze Ugo Bardi è convinto che l'industria petrolifera potrebbe non riprendersi dal crollo del prezzo del barile, a meno che non venga sostenuta artificialmente dai governi per la sua rilevanza militare: “la riduzione della produzione porterà ad avere meno combustibili per riscaldamento e carburanti, ecco perché bisogna continuare a puntare sulle rinnovabili, tra l’altro sembra abbastanza accertato che la diffusione del coronavirus sia favorita dall'inquinamento in forma di microparticelle e ossidi di azoto”. Bardi vede dei segnali positivi nelle misure del governo che incentivano gli impianti fotovoltaici condominiali.
C’è poi la questione del telelavoro, metterlo in pratica su larga scala potrebbe avere implicazioni sociali e ambientali molto ampie: “la qualità della vita di migliaia di pendolari migliorerebbe se andare in ufficio diventasse necessario solo alcuni giorni della settimana. In più molti sceglierebbero di vivere in campagna o in zone in via di spopolamento, piuttosto che in città con affitti alle stelle”, riflette Giovanni Montagnani della piattaforma di divulgazione climatica Crowdforest. Secondo Montagnani le aree alpine vanno incontro a un cambiamento anche in caso di aumento delle temperature di 1,5°, ciò sarà drammatico per gli ecosistemi e le attività tradizionali, ma apre le porte a nuove possibilità: “questi territori sono più resilienti al cambiamento climatico rispetto alle città o alle coste, e potrebbero ospitare un numero maggiore di residenti. Ma ciò avverrà solo con il lavoro in remoto”.
Lo smart working è legato al problema della mobilità urbana, si prevede che la paura del contagio e la necessità di garantire il distanziamento sociale ridurranno drasticamente la domanda e l'offerta del trasporto pubblico. Non a caso l’amministratore delegato di BMW Italia Massimiliano di Silvestre ha dichiarato che l’automobile avrà una rivincita come mezzo di trasporto. Uno scenario che rischia di far compiere alle nostre città enormi passi indietro in termini ambientali e di qualità dell’aria. Fortunatamente la stagione calda alle porte sta favorendo in Europa le iniziative governative e comunali che incentivano gli spostamenti sicuri a piedi e in bicicletta, si va dal raddoppio della larghezza dei marciapiedi alla chiusura di corsie stradali per trasformarle in ciclabili ad uso esclusivo.
Secondo Mercalli il mondo post-coronavirus dipenderà tutta dalla risposta collettiva nel cuore delle persone: “la pandemia di COVID-19 non ha niente di positivo, ci mancherebbe. Allo stesso tempo eravamo come dei criceti in una ruota, volevamo uscirne ma non sapevamo come. Ci è voluta questa crisi per fermare la ruota. Ora dovremmo farla ripartire, ma diversamente”. La lettera all’Italia diffusa da Fridays for Future il 17 aprile, sottoscritta da 50 scienziati ed esperti, chiede proprio questo: un piano di ricostruzione che possa sconfiggere tanto la crisi climatica quanto quella economica. È anche un modo per ricordarci che in una prospettiva di lungo termine la crisi ambientale provoca più instabilità, vittime e danni economici di qualsiasi epidemia.
fonte: www.lastampa.it
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