L’economia della riparazione salva il Pianeta e genera lavoro

Un passo necessario per ridurre i rifiuti è rimuovere gli ostacoli alla riparabilità e all'estensione della vita utile dei prodotti elettrici ed elettronici. Obiettivi al centro della campagna internazionale Repair.eu che da anni lotta per il riconoscimento del diritto alla riparazione










La settimana europea della riduzione dei rifiuti, da poco conclusa, ha portato l’attenzione sui rifiuti “invisibili”. E sono invisibili quei rifiuti che non solo, evidentemente, non si vedono. Ma anche quelli di cui non comprendiamo l’importanza, e il vero peso.

Un discorso d’insieme sull’economia circolare non può prescindere dalla comprensione di cosa succede prima che i nostri amati smartphone vengano accesi per la prima volta, e dopo che decidiamo di “riciclarli”. Le materie prime critiche usate per la produzione vengono spesso estratte da paesi diversi da quelli in cui vengono poi lavorate e commercializzate, motivo per cui l’impatto dell’attività di estrazione è invisibile ai nostri occhi.

L’estrazione richiede una complessa gestione dell’ambiente e i costi a essa associati sono elevati: per questo viene condotta in altre regioni del mondo. Se l’estrazione avviene in Paesi senza una regolamentazione robusta e senza una corretta applicazione delle norme, aumenta notevolmente i rischi, non solo per l’ambiente. L’uso di sostanze acide e chimiche durante l’estrazione può, per esempio, minacciare la salute delle comunità limitrofe all’area.

La maggior parte di queste materie prime critiche semplicemente non può essere riciclata in maniera efficace: molte hanno infatti tassi di riciclo praticamente insignificanti. Il ciclo di produzione diventa sempre più veloce, vengono continuamente creati nuovi prodotti, con nuovi materiali e nuove tecnologie, costringendo i centri di riciclo a cercare nuove tecniche e modelli di business per trattare le apparecchiature esauste. Ciò significa che la domanda di materie prime critiche vergini continuerà ad aumentare a ogni nuovo prodotto che acquistiamo.

Inoltre, alcuni dei materiali nei nostri oggetti elettronici sono usati anche per produrre energia da fonti rinnovabili. Per esempio, il gallio (presente nei circuiti integrati) e l’indio (presente nei touchscreen) sono necessari per la produzione di celle fotovoltaiche, mentre il neodimio (utilizzato nei microfoni) è impiegato per la produzione delle turbine eoliche.

Questo significa che è fondamentale estendere la durata dei prodotti che acquistiamo, eliminando tutte le barriere alla riparazione e al riuso dei prodotti. Anche queste sono spesso invisibili per i consumatori: per esempio, la mancanza di informazioni standardizzate e verificabili sulla riparabilità dei prodotti, è una tipica asimmetria informativa. E ancora meno visibile e trasparente è il problema che vediamo in preoccupante crescita: le barriere causate dalla mancanza di supporto software da parte delle case produttrici. Nulla vieta a un produttore di smartphone di smettere di rilasciare aggiornamenti software o di sicurezza, mentre le autorità antitrust italiane hanno già sanzionato casi in cui gli aggiornamenti alterano negativamente le prestazioni dei prodotti in nostro possesso.

Purtroppo il mercato da solo non riesce a cambiare questo sistema, e multare non basta. Gli esempi virtuosi di prodotti costruiti per essere facilmente riparabili, riusabili e poi smaltibili, esistono ma non riescono a fare breccia e diventare la norma. È per questo che regolamentare il sistema è necessario e strategico, per indirizzare l’innovazione tecnologica nella giusta direzione. Innovare nel 2020 non può’ che significare mettere le persone e il pianeta al centro, quindi costruire prodotti che abbiano una lunga durata.


Ridurre la produzione di prodotti usa e getta, e focalizzarsi invece sull’economia della riparazione, del riuso e del ricondizionamento dei prodotti, può anche creare nuovi e veri posti di lavoro.

Per questo, insieme a organizzazioni di 15 Paesi europei membri della Campagna europea per il Diritto alla Riparazione ci battiamo per regolamenti ecodesign europei che eliminino dal mercato i prodotti più dannosi e meno riparabili. Non solo, vogliamo anche nuovi diritti per i consumatori, come quello a un’informazione trasparente, per esempio attraverso un punteggio di riparabilità obbligatorio, che riduca l’invisibilità di elementi importanti nel guidare le nostre scelte.

L’Europa è in ritardo su questo fronte, ma spingiamo affinché l’esempio della Francia – che dal 2021 avrà un indice di riparabilità per 5 iniziali categorie di prodotti – venga seguito tempestivamente, in Italia e a livello europeo.

fonte: economiacircolare.com/


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