Come riciclare e recuperare il 95% dei materiali di cui è composta un’auto da rottamare. In 6 passi

Di un’auto da rottamare, in teoria, non si butta via niente, o quasi! È infatti possibile recuperare, reimpiegare o riciclare fino al 95% dei materiali di un veicolo fuori uso. Ma è necessario l’impianto giusto











Quando si parla dell’impatto in termini ambientali di un veicolo, spesso si finisce col pensare solo al suo utilizzo e all’alimentazione: elettrico, ibrido o a combustibili fossili? Invece nel LCA, life cycle assessment, vi sono ricompresi sia la costruzione che il fine vita. Con questo approfondimento partiremo proprio dal capire cosa accade quando decido di rottamare un’auto.

Cosa avviene esattamente dopo aver portato il veicolo ad un impianto di trattamento VFU (veicoli fuori uso)? Cosa è recuperabile? In che modo? Cosa c’entra tutto ciò con l’economia circolare? Andiamolo ad approfondire assieme.
Perché un veicolo viene rottamato

Un veicolo viene avviato a demolizione quando giunge al termine del suo ciclo di vita utile. Ciò può accadere per vetustà degli stessi o per eventi o incidenti che ne abbiano compromesso le funzioni. In alcuni casi chi decide di rottamare il veicolo lo fa per incompatibilità dello stesso con le disposizioni locali, come quelle sulla qualità dell’aria che impongono limiti alla circolazione a veicoli non conformi alle disposizioni di legge.

Quanta parte di un’auto si può riciclare o recuperare

Un veicolo è potenzialmente recuperabile, nelle sue componenti, per più del 95% del suo peso. Solo il 5%, in teoria, quindi rientrerebbe nella parte non riciclabile o riutilizzabile.

La direttiva 2000/53/CE (“direttiva ELV”) sui veicoli fuori uso mira a far sì che questo recupero da potenziale diventi reale. Ciò che il legislatore europeo vuole, è rendere le attività di demolizione e di riciclaggio dei veicoli fuori uso più rispettosi dell’ambiente.

Andando a vedere le disposizioni comunitarie, entro il 1º gennaio 2015 gli Stati membri dovevano aver raggiunto i seguenti obiettivi:

– il 95% di reimpiego e recupero (del peso medio per veicolo e per anno)

– l’85% di reimpiego e riciclaggio (del peso medio per veicolo e per anno).

Cosa si può recuperare in un impianto di autodemolizione

Il veicolo fuori uso, all’interno di un impianto, viene innanzitutto privato dei componenti pericolosi, tramite operazione di messa in sicurezza. Dopodiché vengono estratti tutti i pezzi di ricambio reimpiegabili nel mercato dell’usato. Si provvede poi a selezionare i rifiuti non pericolosi (es. plastiche, pneumatici fuori uso, ecc.) destinati al riciclaggio e al recupero di materia.

Cosa altro prevede l’Europa per favorire il recupero e il riciclo dei veicoli fuori uso

Come chi segue i dettami dell’economia circolare sa, perché un oggetto sia disassemblabile, è necessario che sia pensato in certo modo a monte. Partendo da tali fondamentali considerazioni la normativa europea spinge i produttori a fabbricare nuovi modelli “circolari”, privi di sostanze pericolose (in particolare piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente), favorendo il riutilizzo, la riciclabilità e il recupero dei rifiuti dei veicoli, riducendo così l’impiego di sostanze e materiali la cui unica forma di gestione nel fine vita sarebbe lo smaltimento.

Come migliorare nel recupero dei veicoli da demolire

Dati gli obiettivi europei e le regole per i produttori, un altro importante tassello riguarda il come migliorare l’efficienza nei processi di de-montaggio e riciclaggio. Parliamo qui della fondamentale funzione degli impianti. Quale dimensionamento devono avere? Cosa è necessario per ottimizzare i processi di trasformazioni propri ai principi di economia circolare?

“La ricerca di cui sono coautore insieme all’ingegner Luca Pomili ha avuto l’obiettivo di individuare il dimensionamento ideale di un impianto di autodemolizione. Determinare la corretta ripartizione degli spazi, quali tipologie di trattamento siano realizzabili in loco, la capacità massima sia dei veicoli da gestire in entrata ma anche delle quantità delle materie prime seconde in uscita, è fondamentale per poter realizzare un impianto di demolizione che sia esempio virtuoso di economia circolare” ci ha spiegato Alessio Fabrizi, co-autore della pubblicazione, New Media Senior Account Manager per Pomili Demolizioni Speciali S.R.L.

Un impianto di trattamento di veicoli fuori uso in tal senso – come si sottolinea nella pubblicazione scientifica – deve garantire la totale tracciabilità del veicolo, dall’ingresso fino alle singole parti ricavate successivamente e alle materie prime seconde estratte. Richiede poi l’impiego di operatori con elevate competenze professionali, come quelle meccaniche, logistiche, di magazzino, nonché la certificazione del trattamento in termini di qualità, ambiente e sicurezza.

Auto elettriche e ibride, come cambieranno gli impianti di demolizione

Come evidenziato anche dalla pubblicazione, uno dei prossimi passi sarà l’organizzare gli impianti con linee specifiche e dedicate per il trattamento dei veicoli fuori uso a combustione interna e per i veicoli elettrici e ibridi. Quest’ultimi rappresentano, oggi, i rifiuti di domani e sarà quindi necessario che le linee di trattamento siano strutturate per gestire il rischio elettrico che nasce con le operazioni di messa in sicurezza e smontaggio di questi veicoli e le nuove tipologie di rifiuti prodotti e avviati al recupero e riciclo.

fonte: economiacircolare.com


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