La guerra del combustibile dai rifiuti. I comitati del no scrivono anche al Papa

Dopo la sentenza del Tar che ha riconfermato la validità del decreto del 2013 si organizzano le associazioni contrarie all’uso del Combustibile solido secondario


Dopo la sentenza del Tar Lazio, 60 comitati di tutt’Italia contrari all’uso del combustibile solido secondario si organizzano e scrivono lettere aperte al ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e otto di questi comitati si sono rivolti perfino al Papa Francesco. Chiedono che venga annullato il decreto che nel 2013 ne aveva definito le modalità d’uso.

Il decreto del 2013
Nel 2013 il ministro dell’Ambiente (era Corrado Clini) emanò un decreto applicativo per determinare gli standard di produzione e utilizzo del combustibile solido secondario (Css) in linea con il resto d’Europa. Il Css deve essere ottenuto da rifiuti selezionati, come carta e plastica, privi di componenti pericolose, e può essere utilizzato in sostituzione di combustibili più inquinanti come carbone o pet coke da petrolio in impianti come cementifici e centrali elettriche, a patto che le emissioni non siano quelle permissive consentite ai combustibili fossili negli impianti industriali bensì quelle molto rigorose imposte alla combustione di rifiuti.

La sentenza del Tar
Circa 180 cittadini della val d’Arda (Piacenza) insieme con alcune associazioni avevano fatto ricorso al Tar contro la Regione Emilia-Romagna per l’autorizzazione concessa in base al decreto al cementificio Buzzi Unicem di Vernasca. Il Tar ha invece dato ragione al cementificio e alla Regione, bocciando in modo netto la posizione dei comitati piacentini, per esempio rigettando la definizione estensiva di principio di precauzione. Secondo i giudici amministrativi, l’impatto sulla salute umana è documentato dagli atti e “non è contraddetto con argomenti specifici di segno contrario”. Le contestazioni sull’aumento del traffico di camion per alimentare il forno di cementeria riguarderebbero “6/8 mezzi al giorno nell’ipotesi estrema, ritenendola pienamente sostenibile dal punto di vista dell’ambientale e della salute”. Secondo i giudici l’accusa che il combustibile solido secondario avrebbe prodotto emissioni peggiori rispetto al pet coke è stata smentita dall’andamento delle emissioni: le “conseguenti variazioni negative”, dicono i magistrati, “sono smentiti dal rilievo effettuato a processo avviato”.

La lettera aperta di 60 comitati
Per questo motivo, 60 comitati hanno mandato una lettera aperta al ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, e per conoscenza a quello della Salute, Roberto Speranza.
I comitati sottoscrittori sono di ogni tipo e tra i promotori vi sono gli attivissimi comitati di Gubbio, quelli di Monselice e ovviamente quelli di Piacenza, ma la lettera è stata sottoscritta anche da altre associazioni. Qualche nome: Acqua Bene Comune di Pistoia, Antipuzza di Assisi, Basta Nocività in Val d’Arda, Coppula Tisa, Giustizia per Taranto, Gubbio Salute Ambiente, Isde, Lasciateci Respirare, Legamjonici, Legge Rifiuti Zero, Mamme contro l’Inceneritore, Mamme Libere per la Tutela dei Figli, Mamme No Pfas, Medicina Democratica, Movimento Sconforto Generale, No Antenna, Obiettivo Periferia, Rete Mamme da Nord a Sud, Salute Pubblica, Stop Solvay, Stop Veleni, Umbria Rifiuti Zero, Wwf Perugia, Wwf Salento, Zero Waste Lazio.

Che cosa dicono
Nella lunga e dettagliata lettera, 16 pagine di cui la metà di testo e la metà di firme, si chiede di abrogare il decreto del ministero dell'Ambiente n° 22 del 14 febbraio 2013 e di scongiurare l’approvazione di qualunque altro provvedimento per l’incenerimento e il coincenerimento di rifiuti e loro derivati.
A parere dei comitati, “la combustione di Css nei cementifici non è affatto un contributo alla gestione dei rifiuti e non può configurarsi come la “chiusura del ciclo”. Essa non rappresenta neanche una soluzione migliorativa riguardo all'inquinamento da CO2 prodotto dagli impianti di produzione del cemento, alimentati purtroppo con combustibili derivati per lo più dagli scarti del petrolio, perché più economici rispetto ad altri. Sostituire con i CSS una quota di pet-coke, il peggiore tra i combustibili fossili (a sua volta, in ultima analisi, un “rifiuto”), anche se il più utilizzato nei cementifici, potrebbe ridurre alcuni inquinanti gassosi, come gli ossidi di azoto, ma questa riduzione non è affatto significativa”.
Oltre alle emissioni, andrebbe considerato l’inglobamento delle ceneri prodotte dalla combustione dei rifiuti nel prodotto finale, “vale a dire quel cemento che ritroviamo poi nelle nostre case, scuole, ospedali e strade”.

Chi usa questo combustibile
Sono più di 20 le cementerie italiane autorizzate a sostituire il pet coke con Css e, secondo l’industria del cemento, il nostro Paese è arretrato rispetto agli altri dell’Unione europea: il tasso di sostituzione calorica con combustibili di recupero è oggi al 20,7%, mentre in Germania i combustibili derivati dai rifiuti rappresentano due terzi dei consumi. È un contributo a ridurre la pressione dei rifiuti nelle discariche. Secondo Federbeton, usare questi combustibili alternativo “nel solco dell’economia circolare e dell’impegno alla mitigazione dei cambiamenti climatici” è necessario “un intervento da parte della politica a favore del superamento della sindrome Nimby (acronimo di Not in my back yard), così come la semplificazione dei processi autorizzativi, di durata incerta, che scoraggiano le aziende dal porre in essere investimenti, anche economicamente onerosi, senza alcuna ragionevole certezza sugli esiti dei procedimenti”.

fonte: www.e-gazette.it

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