I ricercatori dell’Università di Gottinga, in Germania, hanno realizzato una nuova bioplastica dalle ...caratteristiche quasi ideali: ottenuta a partire dalla cellulosa, cioè dal polimero più presente in natura, richiede solo acqua a temperatura ambiente più una sostanza innocua, l’acido cinnamico, e può essere rimodellata in diverse dimensioni teoricamente all’infinito.
Come riferito su Nature Sustainability il risultato, chiamato cinnamato di cellulosa, è una membrana estremamente duttile, trasparente, molto resistente, con prestazioni che vanno anche oltre quelle di alcune delle più comuni plastiche derivate dagli idrocarburi, e può essere plasmata in 2 o 3 dimensioni semplicemente ricorrendo all’acqua, cioè immergendo la pellicola, dandole forma e poi facendola asciugare. In base ai test riportati, i prodotti così ottenuti mostrano di restare pressoché immutati per 16 mesi, anche se arrivano da materiale nel frattempo più volte rimodellato.
Il segreto di questa bioplastica è in un tipo di reazione chimica chiamata hydrosetting, che sfrutta le proprietà chimico-fisiche della cellulosa modificata con il cinnamato, e quelle delle interazioni con l’acqua. Oltre a essere riciclabile e a non utilizzare idrocarburi, inoltre, non consuma grandi quantità di energia nel momento della produzione, e anche questo la rende un composto dalle caratteristiche quasi ideali per un’infinità di potenziali applicazioni.
Del resto, la necessità di sviluppare e diffondere bioplastiche realmente eco-friendly è sempre più evidente, e diventa drammaticamente chiara quando si verificano situazioni come quella di Taiwan, di cui ha parlato un reportage della Reuters. Sull’isola, come in molti paesi del mondo, per lunghi mesi è stato vietato mangiare al ristorante e in certi periodi uscire, e questo ha dato un enorme impulso alla vendita online di cibo e di pasti pronti. Ma nonostante lì come altrove sia ormai vietata la vendita di stoviglie e strumenti monouso in plastica, i piccoli esercizi commerciali e i singoli ristoranti sono esentati dal rispetto di tali norme, e per questo hanno utilizzato un po’ di tutto. Il risultato è stato che, tra gennaio e maggio di quest’anno, solo nella capitale Taipei la quantità di plastiche da imballo e packaging alimentare gettate via è aumentata dell’85%, e quella di rifiuti definiti riciclabili di ogni tipo è passata dalle 7 tonnellate dell’anno scorso alle 10,7 tonnellate di quest’anno.
Tutto ciò rischia di far compiere un grave passo indietro a una città che, come altre, stava cercando di abbattere la quantità di imballi di plastica, anche perché ha alimentato un fenomenale business, che è cresciuto del 14% in pochi mesi. Se tutti i materiali monouso fosse già in bioplastica, totalmente riciclabile, la situazione sarebbe diversa e non ci si dovrebbe preoccupare di come raccoglierla e smaltirla.
fonte: www.ilfattoalimentare.it