La mappa dell’inquinamento da plastica nel Mediterraneo









Ogni anno finiscono nel Mare Nostrum 17.600 t di rifiuti di plastica. Di questi, l’84% viene riportato a spiaggia dalle correnti, mentre il resto si distribuisce in tutta la colonna d’acqua. Un nuovo studio è riuscito a determinare quanto, dove e come si accumulano micro- e macroplastiche

Dalle discariche ai rifiuti abbandonati a bordo strada, da quelli trascinati via dalla corrente dei fiumi, a quelli che ritornano sulle spiagge. Senza dimenticare le micro- e macroplastiche che scendono lungo tutta la colonna d’acqua e finiscono sul fondale marino. Secondo l’Onu, l’inquinamento da plastica è uno dei problemi più urgenti e complessi da affrontare, che colpisce in modo sproporzionato le comunità più vulnerabili. Un fenomeno così esteso e multiforme che è persino difficile avere stime realistiche sulla quantità di rifiuti con cui fare i conti e dove andarli a cercare.

Con un nuovo modello predittivo e una simulazione fatta sull’inquinamento da plastica in Europa tra il 2010 e il 2017, l’istituto di Oceanografia di Anavyssos, in Grecia, e l’università nazionale capodistriana di Atene provano a tracciare la prima mappa completa dei rifiuti plastici che finiscono nel mar Mediterraneo.

Ogni anno il Mare Nostrum viene invaso da almeno 17.600 tonnellate di plastica. Non tutta resta in acqua. Anzi, la maggior parte (l’84 per cento) viene sospinto di nuovo a riva dalle correnti. Il restante 16% si distribuisce tra la superficie marina, la colonna d’acqua e il fondale mediterraneo. In ogni caso, l’inquinamento da plastica rappresenta un rischio enorme per la biodiversità.

“Le microplastiche sono meno abbondanti nella superficie del mare perché affondano più rapidamente a causa dell’accumulo su organismi marini più pesanti (biofouling), e si accumulano più in profondità nella colonna d’acqua e nel fondo marino”, spiega la prima firma della ricerca Kostas Tsiaras. “D’altra parte, le macroplastiche, come i sacchetti di plastica e il polistirolo, possono galleggiare intorno per periodi di tempo più lunghi e percorrono lunghe distanze dalle loro fonti”.

Il modello messo a punto dai ricercatori greci riesce a tenere insieme un ventaglio piuttosto ampio di variabili di dispersione dei frammenti di plastica come l’affondamento, il rimescolamento orizzontale e verticale, i venti e le correnti marine. Grazie a questi calcoli, lo studio non offre solo una stima della quantità totale di rifiuti presenti in mare, ma definisce anche dei possibili pattern di accumulazione a diverse altezze della colonna d’acqua e sulle spiagge.

fonte: www.rinnovabili.it


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