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L'Australia lancia piano sulla plastica

Tra i punti del programma limitazioni per alcuni imballaggi monouso, potenziamento di raccolta differenziata e riciclo, informazione ai consumatori.









Il Governo australiano ha annunciato, attraverso il ministro per l'Ambiente Sussan Ley, l'avvio di un programma nazionale contro la diffusione dei rifiuti plastici nell'ambiente (National Plastics Plan), che mette ordine nella raccolta differenziata dei rifiuti e impone limiti alla distribuzione di alcuni prodotti monouso.

“Gli australiani consumano ogni anno 1 milione di tonnellate di plastica monouso, un volume insostenibile", ha spiegato Ley nel presentare il piano, che si articola su cinque livelli: legislazione, investimenti, obiettivi di settore, ricerca e sviluppo, educazione dei cittadini.
Gli obiettivi sono ridurre la quantità di rifiuti plastici e potenziarne il riciclo, trovare alternative alla plastica ove non necessaria (ed eliminare quelle più problematiche) e ridurre l'impatto sull'ambiente. Attualmente solo il 13% delle plastiche monouso viene riciclata, mentre il resto finisce in discarica o nell'ambiente. Secondo il governo australiano, sarebbero 130mila le tonnellate di plastica che finiscono ogni anno in mare.


Tra le azioni individuate nel piano, che si dipanerà tra il 2021 e il 2030, ci sono iniziative per ripulire le spiagge dai rifiuti plastici, nuove linee guida sull'etichettatura per informare i consumatori, restrizioni alla vendita di imballaggi e contenitori per alimenti e bevande in polistirene espanso, potenziamento della raccolta differenziata, costituzione di una task force per affrontare la dispersione dei mozziconi di sigaretta, introduzione di filtri nelle lavatrici per evitare il rilascio di microplastiche dai tessuti, passaggio a imballaggi riutilizzabili, riciclabili o compostabili. Sarà anche organizzato un summit sulla plastica incentrato sul design sostenibile.

Per quanto concerne le restrizioni sugli imballaggi in plastica, la road map prevede la messa al bando, dal luglio 2022, dei packaging oxodegradabili, ovvero di tutti quelli biodegradabili che non rispettano gli standard internazionali (AS4736-2006, AS5810-2010 e EN13432) e dei flakes di EPS per il riempimento protettivo; da dicembre 2022 saranno vietati anche gli imballaggi per alimenti e bevande in polistirene espanso; infine, sempre a partire da dicembre 2022, saranno messe al bando le etichette in PVC per packaging.

fonte: www.polimerica.it


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Un po' di cultura sul riciclo dell’EPS

Il polistirene espanso sinterizzato è una materia plastica riciclabile meccanicamente un numero infinto di volte. Vediamone pregi e limiti.



Il polistirene espanso (EPS) è una materia plastica riciclabile meccanicamente un numero infinto di volte, poiché è una termoplastica e non una termoindurente. Il suo numero identificativo è 6, secondo il sistema di numerazione e abbreviazione che identifica i diversi materiali e comunemente si ritrova all’interno “ciclo di Mobius”, il simbolo che rappresenta la riciclabilità. Questa indicazione facilita l’individuazione del materiale ai fini della raccolta, del riutilizzo e del recupero e prescrizione per quanto riguarda gli imballaggi in plastica.
Il circuito di riciclo dei manufatti in EPS nel post-uso comincia con il recupero sul territorio, sia a livello industriale/commerciale, che domestico. In questa fase, uno dei punti di forza dell’EPS, ovvero la sua leggerezza, diventa invece una criticità, perché comporta problemi di ingombro durante il trasporto del materiale di scarto. Infatti, il polistirene ha una densità variabile tra 15 e 25 kg/m3; la densità apparente degli scarti oscilla fra 5 e 15 kg/m3, ma questi valori valgono solo se il materiale è perfettamente collocato nel mezzo di trasporto.

Riciclo dei prodotti post-uso in EPS nel settore industriale e commerciale
Esiste una notevole produzione di scarti a livello commerciale ed industriale; ambiti di facile gestione dal punto di vista della raccolta, sia per la concentrazione di grandi quantità di scarti in relativamente pochi punti, sia perché le aziende devono comunque sostenere un costo di smaltimento, passando attraverso un raccoglitore degli scarti prodotti.
L’ambito produttivo e commerciale sono i settori principali su cui puntare per un sistema di recupero strutturato dell’EPS, anche per la “pulizia” del materiale recuperato. Infatti, il polistirene raccolto da questo tipo di utenze può presentarsi “inquinato” principalmente da parti in legno o metallo e da nastri ed etichette, che è sempre possibile separare prima della macinazione dell’EPS in fase di riciclo. In questi contesti è inoltre più facile istituire modalità di raccolta controllate ed individuare le fonti di scarti più o meno idonee.
Tipici esempi di questi ambiti di raccolta sono le aziende che producono e trasformano il polistirene o le società che utilizzano o commercializzano materiali imballati in EPS (mobili, elettrodomestici ecc.).


Riciclo dei prodotti post-consumo a livello domestico

Più complicata può essere la raccolta a livello domestico. Le quantità sono infatti distribuite su un numero maggiore di utenze e, a questo livello, è anche più difficile tenere separati gli scarti sporchi – le confezioni impiegate per uso alimentare – dagli altri imballi, evitando commistioni con materiali diversi.
Nonostante queste criticità è fondamentale che venga comunque diffusa una buona cultura del polistirolo quale materiale riciclabile anche presso il privato cittadino, perché comprenda l’importanza di una corretta raccolta differenziata. Perché i prodotti post-uso in EPS a fine utilizzo, se conferiti nella raccolta differenziata possono essere riciclati all’100% generando nuovamente materia prima che darà vita a nuovi prodotti in polistirolo. E così all’infinito.

EPS nell'Economia Circolare

Un buon livello di raccolta, sia a livello domestico che industriale è il primo passo per realizzare nella filiera dell’EPS i principi dell’Economia Circolare. Già da prima che questo concetto divenisse un driver di sviluppo comunitario, il settore dell’EPS nel processo di trasformazione si caratterizzava già come circuito “a zero rifiuti”.
L’articolo 183 del D.Lgs 3 aprile 2006 n° 152, infatti, definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Gli sfridi di lavorazione e i ritagli che si generano dal processo di trasformazione dell’EPS e i prodotti eventualmente non conformi vengono riutilizzati nel ciclo di trasformazione stesso rappresentando nuova materia prima e sono più propriamente definiti nella legislazione vigente “sottoprodotti”.
Questi scarti pre-consumo derivanti dalla produzione possono anche essere immessi direttamente sul mercato senza pretrattamenti, salvo l’eventuale macinazione o altre operazioni di riduzione volumetrica per via meccanica (la compattazione, per esempio). Essi, infatti, rispondono già ai requisiti merceologici del settore per ulteriori attività di produzione/trasformazione delle materie plastiche, essendo “materie prime secondarie all’origine” che non subiscono nessuna contaminazione e che non contengono sostanze estranee.
L’operatore che li produce, li trasporta, li riceve e li utilizza non è tenuto a sottostare alla disciplina che regola la gestione dei rifiuti in quanto non sono considerati tali. Ecco perché la trasformazione dell’EPS costituisce un esempio di economia circolare ante litteram.
Diverso è lo scenario per l’EPS post-consumo, cioè dei manufatti provenienti dal settore dell’imballaggio o dell’edilizia, i due comparti principali in cui trova applicazione il polistirolo espanso.
Quelli provenienti dalle utenze domestiche, nei Comuni dove è attiva la raccolta differenziata, vengono raccolti insieme agli imballaggi in plastica, i privati possono depositare il polistirolo nei centri di raccolta comunali. Quelli provenienti da utenze professionali, in genere, devono essere gestiti e presi in carico da una azienda autorizzata. Le imprese che gestiscono i rifiuti di materie plastiche e che operano una prima trasformazione, ad esempio, macinazione o compattazione del polistirene espanso post-consumo possono porre sul mercato una materia prima seconda (MPS) dichiarandola quindi non più rifiuto in base alla UNI 10667.
La chiusura di questo circuito dimostra che, anche in questo caso, è possibile applicare il principio dell’economia circolare alla filiera dell’EPS.
Riciclare correttamente il polistirolo consente di evitare gli sprechi e dare infinite seconde vite all’EPS post-consumo, garantendo un vero processo circolare e un concreto contributo al benessere dell’uomo e dell’ambiente.


fonte: www.polimerica.it


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