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PNRR del Governo, ambientalisti: importante gap da colmare per puntare a decarbonizzazione e ripresa

WWF, Legambiente, Greenpeace, Kyoto Club e T&E: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per accedere ai fondi europei non può essere una somma di progetti che non impostano crescita necessaria e decarbonizzazione





Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) predisposto per accedere ai fondi europei di next generation EU (NGEU) deve essere una strategia che moltiplichi le risorse, non può essere una somma di progetti che possono anche passare il vaglio dell’Europa, ma senza impostare la crescita necessaria e assicurare la decarbonizzazione. Lo sottolineano in un comunicato WWF, Legambiente, Greenpeace, Kyoto Club e T&E.

Le associazioni chiedono un confronto e una procedura di consultazione:

1) sulle garanzie che l’impostazione del Piano corrisponda ad una visione strategia di decarbonizzazione nei settori chiavi della transizione energetica,

2) sulle riforme che devono includere l’introduzione di un programma di fiscalità ambientale a fronte di una riduzione del costo del lavoro, l’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi e una proposta di governance efficace sul clima per tutti i livelli di sussidiarietà,

3) sull’introduzione di criteri minimi per l’assegnazione delle risorse NGEU che prevedano una lista d’esclusione per progetti che impiegano combustibili fossili e la garanzia che i programmi di spesa, che rientrano nel computo della quota minima del 37% destinata alla decarbonizzazione, siano in grado di provare l’efficacia della spesa rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione.

Il PNRR deve essere uno strumento utile a superare la crisi economica e innescare la marcia per la ripresa e l’economia decarbonizzata, ma per questo mancano alcuni elementi chiave, sia di processo che di contenuto: una visione sistemica che assicuri una spesa coerente con gli obiettivi e che agisca da leva per l’innovazione e una procedura di consultazione su un documento chiave del futuro del paese per risollevarci dalla crisi Covid.


La bozza di Piano circolata risulta generica ed ancora priva di una visione complessiva. Non appare possibile sulla base della versione attuale dimostrare che il Piano presentato sia in grado di attivare le riforme e gli investimenti necessari alla ripresa economica auspicata né che le spese identificate siano significative rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal Green Deal.

Non troviamo nel testo il nesso tra la scelta degli interventi e la necessità che questi si traducano in moltiplicatori per la crescita, come gli investimenti nella decarbonizzazione permetterebbero.

Le spese in progetti non inquadrati in una strategia complessiva rischiano di non innescare lo sviluppo necessario a superare non tanto la crisi di oggi, ma quelle a cui la next generation dovrà fare fronte e per le quali il PNRR contrae un forte debito a loro carico.

L’innovazione connessa alla decarbonizzazione rappresenta l’elemento indispensabile per una crescita economica che permetta di superare la crisi Covid. L’innovazione necessaria non è solo quella tecnologica ma anche della policy che deve superare le fragilità del nostro sistema decisionale, riconoscere la decarbonizzazione come un’opportunità, tracciare una strategia coerente e solida nel tempo ed innescare l’effetto moltiplicativo degli investimenti privati. Questo a nostro avviso deve essere il PNRR.

WWF, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e T&E ritengono che la preparazione del Piano debba prevedere una procedura formale di consultazione e coinvolgimento delle parti sociali e della società civile, per innescare una visione condivisa di una green and just transition e un’azione collettiva che possa costituire la forza trainante delle riforme e della ripresa.


CLICCA QUI per la scheda di approfondimento

fonte: www.ecodallecitta.it

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ZeroWasteItaly: il Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti

 



fonte: zerowasteitaly


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Incentivi solo alle auto elettriche: le proposte di Kyoto Club per la mobilità

L'audizione presso la X commissione Industria del Senato. Sintesi e documento allegato.





Come favorire il più possibile la transizione dai veicoli a benzina/diesel verso quelli elettrici?

Diversi spunti sono stati forniti dal Kyoto Club durante l’audizione presso la X commissione Industria del Senato, per l’affare assegnato “sul settore dell’automotive italiano e le implicazioni in termini di competitività conseguenti alla transizione alla propulsione elettrica”.

“La transizione verso la mobilità elettrica è irreversibile, ma l’Italia è in forte ritardo sia sul fronte degli accumuli che nella produzione di veicoli elettrici”, ha commentato il direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini. “Nonostante questa nota dolente, le risorse europee del Recovery Fund (che per un terzo devono essere spese per contrastare l’emergenza climatica) sono un’eccezionale opportunità per recuperare i ritardi nella sfida della mobilità elettrica”.

Secondo Silvestrini, evidenzia Kyoto Club in una nota, è necessario che l’Italia metta in campo diverse misure per potenziare il settore della mobilità elettrica, anche in vista degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050.

Tra le proposte avanzate da Kyoto Club:
incentivi, come in Germania, solo alle auto elettriche;
fissare una data entro la quale scatterà il divieto di vendita di auto a benzina o diesel, come in molti altri Paesi Ue (nel 2030?);
entro il 2030 tutti gli autobus urbani dovranno essere elettrici;
necessario destinare risorse adeguate per attrarre nuove aziende nei settori della mobilità elettrica, degli accumuli, delle infrastrutture ricarica, e creare alleanze internazionali.

In allegato:
Le proposte di Kyoto Club sulla mobilità elettrica (pdf)


fonte: https://www.qualenergia.it/

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Nucleare italiano, Kyoto Club: «Tempi del decommissioning intollerabili»

Ferrante alla Commissione industria del Senato: «Nel frattempo aumentano i costi a carico dei cittadini»


















Durante l’audizione pubblica tenutasi ala Commissione industria, commercio, turismo del Senato, il Vicepresidente di Kyoto Club, Francesco Ferrante, ha sottolineato «i ritardi del decommissioning atomico del soggetto pubblico incaricato Sogin» e ha evidenziato che «Mentre la bonifica slitta di anno in anno, i costi aumentano sempre di più».
Ferrante ha ricordato che «Nonostante siano passati oltre 30 anni dalla chiusura delle centrali atomiche, il nostro Paese è ancora fermo nelle attività di bonifica, individuazione dei depositi per i rifiuti e smantellamento (decommissioning) dei siti nucleari».
Per Kyoto Club «Sul banco degli imputati c’è Sogin, la società pubblica responsabile incaricata del decommissioning», Ferrante ha ripercorso le vicende degli ultimi 10 anni, »contraddistinte da un continuo procrastinarsi degli impegni presi, accompagnato ad un costante aumento delle spese previste – e non solo.
Nel 2008, Sogin presentò un piano in cui il decommissioning che si sarebbe dovuto concludere entro il 2019 con una spesa totale di 4,5. Oggi l’ammontare previsto dalla stessa Sogin è lievitato sino a 7,2 miliardi e la fine del decommissioning è slittata al 2036, di ben 17 anni».
Il vicepresidente del Kyoto Club ha fatto notare ai senatori che «Gli ultimi due sono gli anni con il maggiore scostamento tra preventivo a inizio anno e consuntivo; nel 2016 e il 2017 sono state eseguite solo il 30% delle attività previste dal piano a vita intera di riferimento (agosto 2013); infine il preventivo 2018 è stato ridotto di ulteriori 70 milioni, rispetto al valore indicato nel programma quadriennale inviato da Sogin all’Autorità a febbraio 2016».
Poi Ferrante ha sollevato la questione relativa al rapporto tra le spese effettuate e quelle previste:  «Nel 2001 il costo previsto relativo del piano al 2019 ammontava  a circa 4,3 miliardi di euro – pari all’incirca a quello del 2008. Ma per ammissione degli stessi dirigenti di Sogin, i soldi spesi sarebbero di circa un quarto.
Anche nel 2017 peraltro Sogin non è riuscita a spendere i soldi che aveva previsto di impegnare (63 invece degli oltre 80 che aveva promesso, riducendo peraltro le previsioni che all’inizio di quell’anno indicavano per il 2017 130 milioni di attività di decommissioning).  E’ bene intendersi su questo punto: qui non spendere, non è un risparmio, perché vuol dire che non si fa niente e che i costi lieviteranno inevitabilmente. Infatti, quelli fissi (stipendi, mantenimento in sicurezza dei siti, funzionamento, ecc.) – che per questo definiamo “improduttivi” – continuano a lievitare e lo scorso anno hanno battuta il record superando i 130: più del doppio delle risorse concretamente spese per fare il lavoro che Sogin dovrebbe fare, mettere in sicurezza siti e scorie. Quindi ogni anno di ritardo fa aumentare i costi di circa 130 milioni (tanto si spende per il funzionamento della società: manutenzione dei siti, personale, costi di gestione)».
Poi c’è Saluggia, in provincia di Vercelli, dove sorge ancora la struttura di uno dei pochi ex impianti nucleari del nostro Paese, e «Dove Sogin – ricorda Ferrante – deve ancora cominciare la solidificazione dei rifiuti liquidi. A Saluggia c’è il rischio di esondazione, con conseguente pericolo di contaminazione dell’acqua: nonostante ciò, negli ultimi anni non si è proceduto a mettere in sicurezza il sito come chiedeva con urgenza l’allora Presidente dell’ENEA e Premio Nobel Carlo Rubbia nel 2001. Invece, nel 2017 siamo arrivati al paradosso che tra due società controllate dallo Stato si è scatenata una lite giudiziaria che inevitabilmente comporterà altri ritardi. Sogin infatti come è noto ha deciso di aprire una vertenza giudiziaria contro Saipem (azienda controllata dallo stesso governo, seppur indirettamente, tramite Cdp ed Eni, cui era stata appaltata la realizzazione degli impianti per la cementazione dei rifiuti liquidi proprio a Trisaia e Saluggia) con motivazioni a nostro parere anche discutibili. Un caso in cui la “nazionalizzazione” del problema non lo ha affatto risolto»,
Il vicepresidente di Kyoto Club ha concluso sottolineando che «L’estrema gravità del rischio cui il Paese è sottoposto  richiede un atto di responsabilità del Governo che ponga fine a questo balletto di tempi intollerabile e avvii immediatamente un radicale cambio di rotta nella gestione di Sogin non accettando più rinvii e ritardi incomprensibili».
fonte: www.greenreport.it

Dall’industria agli ambientalisti, le idee del Paese al servizio dell’economia circolare

Semplificazione normativa, leve fiscali, investimenti e campagne di sensibilizzazione i punti fondamentali 



















Due mesi per raccogliere spunti di riflessione e critiche costruttive da convogliarsi – si spera – in un rinnovato slancio fattivo: si è appena chiusa la consultazione pubblica avviata a luglio dal governo sul documentoVerso un modello di economia circolare per l’Italia”, presentato dal ministero dell’Ambiente come necessario per «fornire un inquadramento generale dell’economia circolare nonché di definire il posizionamento strategico del nostro paese sul tema, in continuità con gli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, in sede G7 e nell’Unione Europea».
I contributi arrivati al governo sul tema, a ulteriore dimostrazione di quanto questo sia trasversale, uniscono associazioni ambientaliste, ong come pure associazioni confindustriali, tra le quali spicca Assocarta: con 7 miliardi di fatturato e 200mila addetti (e altri 680mila nell’indotto), l’industria cartaria italiana rappresenta sia un robusto settore industriale sia un fondamentale attore nella filiera del riciclo. Le cartiere sono dei veri e propri impianti di recupero – il 48,1% delle materie prime impiegate nei loro processi produttivi sono costituiti da carta da riciclare – e al contempo, come ogni impianto industriale, a loro volta dei produttori di (nuovi) rifiuti che debbono essere gestiti: produrre 1 kg di carta riciclata vuol dire infatti produrre fino a 0,4-0,5 kg di pulper e fanghi.
Per questo Assocarta sottolinea nel documento inoltrato al ministero dell’Ambiente l’importanza della «gestione del “waste by waste”, ciò il recupero dei rifiuti dal riciclo. Se non teniamo conto di questo aspetto, c’è il rischio di una bella costruzione a monte che però non regge su fondamenta solide».
Più in generale, Assocarta sottolinea un dato ovvio ma che spesso sfugge: «I materiali riciclati devono competere sul mercato con i materiali vergini. Poiché la convenienza di un investimento in tecnologie e progetti di riciclo ha senso solo se la vendita o il costo di un materiale riciclato è in grado nel tempo di ripagare gli investimenti. Più a misure di compensazione e di equilibrio dei prezzi e dei costi, ad esempio attraverso interventi sulla fiscalità per consentire di mantenere vive le attività di riciclo, occorre spingere su un programma di investimenti che, analogamente a Industria 4.0, permetta di avanzare negli obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti e di utilizzo dei sottoprodotti. In questo senso la questione normativa è fondamentale, anzi è la “questione”». Una questione che fa rima con semplificazione: «Per incentivare e rendere più efficienti le attività di recupero degli scarti e dei residui sarebbe necessario semplificare e ridurre i vincoli normativi e amministrativi», in quanto «la normativa spesso richiede dei meri adempimenti formali che non rappresentano una garanzia per una maggior tutela dell’ambiente e causano un irrigidimento del sistema che di conseguenza non è incentivato a sviluppare progetti di miglioramento e riduzione dei rifiuti prodotti».
Si tratta di un punto molto sentito, nel mondo dell’industria come in quello dell’ambientalismo. Sulla necessità impellente di una semplificazione normativa che possa dare gambe al riciclo e all’ancor più vasto mondo dell’economia circolare insistono Confindustria e Fise Assoambiente come anche Legambiente e Kyoto club, il cui vicepresidente Francesco Ferrante ha recentemente definito il ritardo nell’adeguamento normativo italiano sul tema «ormai a livello patologico».
E all’urgenza della semplificazione normativa si affianca quella delle risorse e degli incentivi fiscali, sottolineata non solo da Assocarta ma anche in contributi come quello che proprio il Kyoto club ha offerto al governo. L’ong suggerisce all’esecutivo di «spostare tutti gli incentivi pubblici dai settori “non-circolari” / con bassa o nulla efficienza nell’uso delle risorse a quelli con maggiori caratteristiche di “circolarità”», anche tramite la «defiscalizzazione per gli interventi a sostegno di tutte le fasi della catena del valore, sul modello – che ha dato risultati positivi – già usato per favorire l’efficienza energetica». In concreto, questo si tradurrebbe in una «tassazione sempre più alta per la produzione e i consumi di “prodotti noncircolari”», riflesso di una «tassazione sempre più bassa per la produzione e i consumi di “prodotti circolari”».
Oggi tutto questo non è presente in Itali, dove anzi tra le barriere il Kyoto club sottolinea «l’assenza di provvedimenti legislativi a sostegno della transizione, per favorire, ben oltre il comparto dei rifiuti, il decollo dell’economia circolare», i «mancati successi, ad oggi, del Green public procurement» e – fattore trasversale – la «mancanza di informazione rispetto ai vantaggi che l’economia circolare può portare», dalla quale discende la necessità di sostenere «campagne informative di sensibilizzazione dedicate».
Il documento “Verso un modello di economia circolare per l’Italia” riuscirà a promuovere tutto questo? L’impostazione adottata dal governo al momento non è incoraggiante: si tratta di un documento in consultazione «“di inquadramento e di posizionamento strategico” (necessariamente?) ancora limitato alla teoria. La sfida è il salto di qualità verso la pratica», come osservano con amarezza dal Kyoto club.

fonte: www.greenreport.it

A Brescia nasce il Centro di Documentazione sull'Economia Circolare

Fondazione Cogeme, con il sostegno di Fondazione Cariplo ha allestito, all'interno del Castello di Padernello in provincia di Brescia, il Centro di Documentazione sull'Economia Circolare al fine di raccogliere e rendere fruibili documenti storici, divulgativi e umanistici relativi ai temi dell'economia circolare. Il Centro rientra nel progetto "Verso un'economia circolare" che vede Kyoto Club tra i partner.



















A giugno 2017 Fondazione Cogeme Onlus, con il contributo di Fondazione Cariplo, ha allestito all'interno del Castello di Padernello, in provincia di Brescia, il Centro di Documentazione sull'Economia Circolare al fine di raccogliere e rendere fruibili documenti storici, divulgativi e umanistici relativi ai temi dell'economia circolare.
Targa del centro di competenza per l'economia circolare


Il Centro rientra nell'ambito del progetto "Verso un'economia circolare" di cui Kyoto Club è partner. Nell'ambito del progetto, Kyoto Club e Fondazione Cogeme hanno lanciato il Premio "Verso un'economia circolare" con l'obiettivo di sostenere quei percorsi verso sistemi industriali che favoriscano il riciclo e riuso delle risorse.
Rivolto a Enti locali e aziende che negli anni 2016-2017, abbiano realizzato, avviato, o anche solo approvato ed autorizzato, interventi di diminuzione dei rifiuti e di uso efficiente dei materiali di scarto, il Premio si chiude il 15 settembre 2017.

fonte: https://www.kyotoclub.org

Il Premio "Verso un'economia circolare" di Fondazione Cogeme e Kyoto Club

Lanciato da Fondazione Cogeme Onlus e Kyoto Club, nell'ambito dell'omonimo progetto "Verso un'economia circolare" con il sostegno di Fondazione Cariplo, il Premio si rivolge a Enti locali e aziende che, negli anni 2016-2017, abbiano realizzato, avviato, o anche solo approvato ed autorizzato, interventi di diminuzione dei rifiuti e di uso efficiente dei materiali di scarto. Si può partecipare fino al 15 settembre.








Obiettivo del premio è sostenere quei percorsi verso sistemi industriali che favoriscano il riciclo e riuso delle risorse.
Lanciato nell’ambito dell’omonimo progetto che mira a un modello sostenibile in cui tutte le attività siano organizzate in maniera circolare, il premio è stato lanciato ufficialmente lo scorso 8 marzo durante l’evento fieristico Made expo – BuildSmart! a Milano al convegno "Verso un'economia circolare: la progettazione dei prodotti ecocompatibili in edilizia".
Con il premio si vuole sottolineare l’importanza del riciclo/riuso, dello scambio di risorse e della condivisione dei processi produttivi, che favoriscano percorsi verso sistemi eco-industriali che limitino al massimo i sottoprodotti non utilizzati, il loro smaltimento e la conseguente dispersione nell’ambiente.
I destinatari del premio sono: Enti locali e Aziende che, negli anni 2016-2017, abbiano realizzato, avviato, o anche solo approvato ed autorizzato, interventi di diminuzione dei rifiuti e di uso efficiente dei materiali di scarto.
I promotori assegneranno un premio per le seguenti categorie: Comuni categoria 1: comuni fino a 30.000 abitanti categoria 2: comuni oltre 30.000 abitanti Aziende categoria 1: fatturato fino a 100 milioni categoria 2: fatturato oltre i 100 milioni
Le domande di partecipazione al premio dovranno essere inviate entro venerdì 15 settembre 2017 a Enrico Marcon (Kyoto Club) - e.marcon@kyotoclub.org.
Consulta la domanda di partecipazione (pdf compilabile) da inviare sottoscritta insieme alla scheda riepilogativa di descrizione del progetto con cui si partecipa al premio.
Ai vincitori si riconoscerà un premio consistente in una targa e una bicicletta di ultima generazione a pedalata assistita (una per ogni vincitore/per categoria). Fondazione Cogeme e Kyoto Club diffonderanno la notizia di assegnazione del premio "Verso un’Economia circolare" attraverso i mezzi d’informazione e sui propri siti web e altri canali di comunicazione. I partner del progetto "Verso un’economia circolare": Kyoto Club, Fondazione Nymphe Castello di Padernello, Provincia di Brescia, Università degli Studi di Brescia, Università Cattolica del Sacro Cuore e Rete CAUTO.
Maggiori dettagli sul progetto e sul premio: www.kyotoclub.org/progetti/verso-economia-circolare
Regolamento (pdf) del Premio "Verso un'economia circolare".
Il Premio è patrocinato da: Ministero dell'Ambiente, Anci, Alleanza per il clima, Borghi Autentici d'Italia, Coordinamento Agende 21 Locali, Economondo-Key Energy. Media partner: La Stampa Tutto Green.

fonte: www.kyotoclub.org

Una carbon tax per accelerare la transizione energetica

Negli Usa e in Germania si propone una tassa sul carbonio. In Svezia già esiste. Grandi imprese la utilizzano per indirizzare i propri investimenti. In Italia una voce contro sul Corsera. Il Kyoto Club ha avanzato una proposta per l’Italia. A quanto dovrebbe ammontare e come utilizzarla? Una nota di Gianni Silvestrini.














Nel mondo si torna a parlare della necessità di una carbon tax.
Negli Stati Uniti ha stupito ad esempio la proposta degli ex ministri del tesoro di Nixon, Reagan e Bush a favore di una tassa da 40 $ a tonnellata di CO2 che consentirebbe di ridurre le emissioni di gas serra e distribuire alle famiglie 2.000 dollari all’anno.
In Europa, dove le associazioni tedesche delle rinnovabili ne auspicano l’introduzione, il dibattito si è riaperto con il fallimento del meccanismo previsto per le imprese energivore, l’Emissions Trading System, che ha portato ad un valore della CO2 così basso da non favorire l’utilizzo delle centrali a metano a scapito di quelle a carbone e da risultare poco incisivo anche per le altre industrie coinvolte.
Un quadro non ammissibile dopo l’Accordo sul Clima di Parigi che prevede un’accelerazione della decarbonizzazione delle economie.
La carbon tax rappresenta, invece, uno strumento efficace e la sua adozione è stata auspicata anche da molte istituzioni internazionali proprio ora che i prezzi dei combustibili sono bassi.
Ma quale valore considerare?
La stima del governo Usa per i danni climatici è di 37 $/t CO2, mentre molte grandi imprese già utilizzano, per orientare i propri investimenti, un prezzo che va da 25 a 45 $/t. 
Il Kyoto Club ha avanzato una proposta per l’Italia, volta a penalizzare l’impiego dei fossili in una logica di neutralità fiscale. Ipotizzando un livello iniziale di 20 €/t, le entrate sarebbero dell’ordine di 8 miliardi di euro, una cifra che consentirebbe di tagliare del 10% le bollette elettriche, ridurre il costo del lavoro e favorire interventi sulle emissioni.
Stefano Agnoli, in un articolo sul Corriere Economia del 27 febbraio ha raccolto invece alcune perplessità sulla proposta, a partire dalla già elevata tassazione sui carburanti.
In realtà, le attuali entrate fiscali riescono a malapena a compensare i danni causati dai trasporti. L’incremento proposto, 5 c€ a litro dovrebbe penalizzare principalmente il diesel e servirebbe in parte ad incentivare la mobilità elettrica, attualmente su livelli ridicoli, consentendo di avere mezzo milione di veicoli su strada entro cinque anni.
Sul versante della generazione elettrica il suo effetto sarebbe quello di scoraggiare le centrali a carbone a favore di metano, rinnovabili ed efficienza energetica.
Insomma, si tratta di uno strumento per accelerare la transizione energetica che, gestito in modo flessibile per tenere conto di specifiche controindicazioni, darebbe slancio ad una politica climatica inesistente.
Riqualificare energeticamente interi quartieri, passare alla mobilità elettrica, rilanciare le rinnovabili: alternative che andrebbero seriamente perseguite e che sarebbero facilitate da una carbon tax.
La Svezia, che l’ha introdotta nel 1991 portandola fino a 136 €/t, ha un’economia florida e si ripromette di uscire dai fossili in meno di trent’anni.
Cerchiamo anche noi di utilizzare gli strumenti che consentano di cogliere in maniera intelligente le straordinarie opportunità legate ad uno sviluppo low carbon.
(Gianni Silvestrini è anche direttore scientifico del Kyoto Club).

fonte: http://www.qualenergia.it

La strategia dell’Unione europea per l’economia circolare e la decarbonizzazione
















Convegno annuale di Kyoto Club, in occasione dell'anniversario dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto

Roma

Sala del Parlamentino – Ministero dello Sviluppo Economico
Via Molise, 2 – Roma
Giovedì 16 febbraio 2017 (ore 10-13)


Il convegno annuale di Kyoto Club quest'anno offre un approfondimento sul tema della decarbonizzazione e dell'economia circolare, che rappresentano una priorità per l’UE a favore di sviluppo sostenibile e lotta ai cambiamenti climatici.

Per informazioni e iscrizioni: Enrico Marcon - e.marcon@kyotoclub.org
Registrazioni entro martedì 14 febbraio (ore 14).
Per l'accesso alla sala è richiesto un documento di riconoscimento valido.

Clicca qui per il programma.

fonte: https://www.kyotoclub.org

Kyoto Club lancia il progetto "Sostenibilmente"

Immagine: Kyoto Club lancia il progetto
Kyoto Club lancia "Sostenibilmente", un progetto con il sostegno del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, un percorso gratuito informativo/divulgativo verso lo sviluppo sostenibile, dedicato a Comuni e Scuole
Kyoto Club lancia "Sostenibilmente", un progetto con il sostegno del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, un percorso gratuito informativo/divulgativo verso lo sviluppo sostenibile, dedicato a Comuni e Scuole, che sarà realizzato con strumenti interattivi attivati sul web: sarà possibile partecipare senza la necessità di spostarsi e spendere energie, tempo e denaro, riducendo anche la propria impronta ecologica.

"Sostenibilmente" mira a diffondere i temi della sostenibilità ambientale: mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, resilienza, efficienza energetica, bioeconomia ed economia circolare. Tra gli altri temi che saranno diffusi: Accordo di Parigi, Agenda 2030, lo stato di avanzamento della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e delle altre più recenti decisioni UE, internazionali e nazionali in tema di adattamento e mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici.

L'obiettivo è attivare cittadini, studenti, Enti locali e i media contro i cambiamenti climatici, favorendo la presa di coscienza dei partecipanti e delle istituzioni locali sull’importanza della futura priorità del loro lavoro per i prossimi anni e stimolando i partecipanti a diventare "agenti del cambiamento", facendosi promotori della sostenibilità verso i propri coetanei e colleghi.

I destinatari saranno quindi coinvolti e stimolati a diventare "agenti del cambiamento". In che modo? Attraverso momenti di informazione e incontri a distanza, grazie alla messa online dei materiali e di tutta la documentazione che sarà diffusa durante il progetto, per mezzo della visibilità in rete e con l’attivazione di progetti locali, focus groups e l’utilizzo di strumenti multimediali e proposte per nuovi interventi coerenti con gli obiettivi derivanti dall’accordo di Parigi (COP21), dall’Agenda 2030 e dalle altre decisioni a livello comunitario, nazionale e internazionale nei diversi ambiti dello sviluppo sostenibile, nonché con il percorso di aggiornamento della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, da parte dei Comuni, delle Province e delle Regioni.

A breve sarà possibile consultare il calendario dei webinar che si svolgeranno fino a dicembre 2016
 
 
fonte: www.ecodallecitta.it