L’estate d’autunno in Puglia, sulle colline tra Ostuni e Martina, da Paola e MarK.
Qualcuno costruisce una culla per l’acqua piovana, per sentire e richiamare memorie liquide, per toglierci i metalli pesanti, per renderla pura. Lo fa con leggerezza. Come se non ci fosse fatica. Naturale, è questo che penso mentre lo osservo. Intorno ci sono foglie, rami e sterpaglie che s’intrecciano nel biorollo per catturare la rugiada in terreni aridi. Intorno ci sono persone che s’intessono per sostenere la cura in relazioni senza scarto.
La culla dell’acqua è un filtro naturale fatto di pietre pulite, di ghiaia, di carbonio attivato, di piante acquatiche come il giacinto d’acqua, le orecchie d’elefante, la lenticchia, sì c’è pura quella d’acqua, che depurano. Un filtro d’amore, che si spera potente. C’è un po’ di fiaba in queste installazioni pratiche e poetiche in cui elementi della natura si accostano e interagiscono con materiali postmoderni. Quanta grazia semplice nel mettere insieme un velo verde sulla dimora dell’acqua, per cullarne il sonno e la vita. Anche quella che cresce nel seno di Paola. Lui è Luciano Furcas, permacultore di grandi virtù, mi dicono. Uno che osserva, aspetta e conosce. E più osserva più aspetta e più conosce. Che porta la sua conoscenza senza denaro.
«Mi sento sempre nell’inizio di ogni cosa» mi dice. E io mi riconosco, so bene che è questo il segreto dello stupore e della scoperta.
Intorno si sentono gli spari dei cacciatori. Ce la faranno i miei amici a combattere il piombo e l’entropia del mondo? Io ci conto.
Rosaria Gasparrofonte: http://comune-info.net/