L’olio di palma sostenibile non esiste. Lo spiega Roberto Cazzolla Gatti, denunciando l’operazione di greenwashing. Petizione del M5S contro gli spot tv
Prendendo spunto dalla campagna pubblicitaria promossa
in tv dalle principali aziende alimentari utilizzatrici di olio di
palma, Mirko Busto (deputato del Movimento 5 Stelle) ha dato vita al
sito Olio di Palma Insostenibile.
Il nuovo sito propone una parodia molto efficace dello spazio inventato
dalla neonata Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile per
dimostrare che l’olio di palma non fa male alla salute, non distrugge le
foreste e non nuoce agli oranghi e agli animali. Dichiarare che possa
esistere un olio di palma sostenibile è come dire che l’energia ottenuta
bruciando carbone non è inquinante. Il problema è che un olio di palma sostenibile prodotto senza tagliare le foreste dovrebbe avere origini conosciute e quindi tracciabili e questa è un’illusione. L’olio
di palma sostenibile prodotto senza distruggere le foreste dovrebbe
avere origini conosciute e tracciabili e questa è un’illusione
Il concetto è spiegato molto bene da Roberto Cazzola Gatti
biologo e docente universitario che da anni segue le vicissitudini
collegate alle piantagioni di olio di palma . “Ciò che in realtà accade
anche nel caso delle produzioni sostenibili – scrive Cazzola Gatti – è
che le foreste primarie vengono tagliate e bruciate, per essere
convertite in piantagioni da olio esattamente come quelle non
certificate, solo che questo avviene dopo che è trascorso qualche anno
dalla deforestazione illegale. Poiché nella maggior parte dei Paesi in
cui si producono gli oli tropicali non esistono leggi che obblighino le
autorità a redigere registri e a realizzare mappature aggiornate dei
cambiamenti di uso del suolo, che possano essere utilizzati per
sanzionare i tagli illegali ed evitare che un territorio inizialmente
coperto da foresta possa esser trasformato in un’area agricola, è
praticamente impossibile sapere se, dove ora cresce una piantagione di
palma “certificata sostenibile”, solo fino a qualche anno fa non ci
fosse una rigogliosa foresta”. Dopo
gli incendi, la deforestazione e la successiva trasformazione del
terreno in piantagione di palme arriva il certificato di sostenibilitàPoiché la maggior parte dei tagli e incendi passano
inosservati (considerata anche l’elevata frequenza e intensità) e
considerato che, spesso, gli stessi governi favoriscono la
deforestazione, con questi sistemi di certificazione non si fa altro che
dichiarare “sostenibili” piantagioni che solo fino a qualche prima
sarebbero state definite illegali e insostenibili, perché ricavate a
spese della foresta tropicale. “L’astuto escamotage della certificazione – prosegue
Cazzola Gatti – è che si fa passare per olio di palma sostenibile un
prodotto che non risulta proveniente dalla conversione in piantagioni di
aree sottoposte a incendi volontari o tagli solo perché gli incendi e
il taglio sono avvenuti qualche anno prima della richiesta di
certificazione da parte delle aziende”. Nel lungo articolo che vi consigliamo di leggere il
docente che da anni studia questi problemi spiega che i dopo gli
incendi, la deforestazione e la successiva trasformazione del terreno
in piantagione di palme arriva il certificato di sostenibilità. Un altro spunto interessante riguarda la dimostrazione di quanto sia poco attendibile la teoria sull’alta redditività del palma. M5S chiede all’Agcm la censura dello spot e promuove una petizioneL’altra novità riguarda la decisione di Mirko Busto
(deputato del Movimento 5 Stelle) di inviare una richiesta di censura
all’Autorità garante della concorrenza e del mercato contro lo spot tv e
di avviare una petizione online.
“Il fatto di sottolineare l’origine naturale – scrive Busto – non è un
segno distintivo specifico dell’olio di palma, perché tutti gli altri
prodotti similari (burro, margarina, strutto, burro di arachidi, olio di
mais, di oliva, di colza, di cotone, di ricino, di lino, di cocco, di
noci, di canapa, di Jojoba, di girasole, di riso, di sesamo, di soia, di
avocado, di mandorla, di nocciola, di argan,ecc) hanno la medesima
origine naturale. Mirko Busto del Movimento 5 Stelle ha avviato una petizione online contro lo spot tv
Per quanto riguarda gli aspetti salutistici, nell’olio di palma si
trova una concentrazione molto alta di olio palmitico, circa il 44%, a
cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) attribuisce
effetti aterogeni ed ipercolesterolemizzanti che aumentano il rischio
cardiovascolare. Allo stesso modo – continua Busto -il Center for
Science in the Public Interest (CSPI) ha confermato che l’olio di palma
aumenta i fattori di rischio cardiovascolare, poiché l’acido palmitico è
uno dei grassi saturi che più aumenta il rischio di coronaropatie”.
Anche la dichiarazione secondo cui l’olio di palma è rispettoso delle
foreste e delle comunità locali è altrettanto ingannevole. Il Global
Forest Watch nel 2015 sostiene che l’80% della deforestazione nel mondo è
attribuita all’impatto del sistema agricolo e, in questo senso, si
stima che in Malesia e Indonesia il 90% delle coltivazioni siano
riservate all’olio di palma.