La classifica dei paesi più "verdi" al mondo

Lo scorso gennaio è stato pubblicato l'indice di sostenibilità ambientale per il 2016 nel corso del forum economico mondiale, con 180 paesi analizzati
L'Indice di sostenibilità ambientale (Environmental Performance Index, EPI) è un metodo per quantificare le prestazioni ambientali di un paese, assegnando un punteggio sulla base di numerosi indicatori raggruppati in 9 tematiche, che riguardano principalmente due aree di interesse (la tutela della salute umana e quella degli ecosistemi):
  1. Impatti sulla salute (esposizione al rischio ambientale)
  2. Qualità dell'aria (esposizione media al biossido di azoto e al PM2.5, qualità dell'aria domestica e superamenti del PM2.5)
  3. Acqua e servizi igienico-sanitari (pericolosità dei servizi igienici, qualità dell'acqua potabile)
  4. Risorsa idrica (trattamento delle acque reflue)
  5. Agricoltura (efficienza uso dell'azoto, bilancio azoto)
  6. Foreste: dal 2000 al 2014 sono stati persi complessivamente 2,52 milioni di km2 di copertura arborea (una media di 180.749 km2 all'anno)
  7. Pesca (riserve di pesce)
  8. Habitat e biodiversità (aree protette terrestri e marine, protezione delle specie)
  9. Clima ed energia (accesso all'elettricità, andamento delle emissioni di CO2 per kWh e andamento dell'intensità di carbonio)
L'EPI è dunque una misura sintetica che permette di comprendere gli impegni di ogni nazione per la protezione e la salvaguardia dell'ambiente.
L'indice - pubblicato per la prima volta nel 2002 - è stato sviluppato dalla Yale University e dalla Columbia University in collaborazione con il Forum Economico Mondiale e con il Centro comune di ricerca della Commissione Europea.
Sulla base dell'indice viene dunque stilata una classifica dei paesi in base alle loro performance negli ambiti sopra indicati; i punteggi vengono assegnati in una scala da 0 a 100, dove 0 è il valore più lontano dal bersaglio/obiettivo di qualità e 100 più vicino.
La fonte dei dati (primari e secondari) utilizzati da EPI sono organizzazioni multilaterali, agenzie governative e collaborazioni accademiche.
L'indice tiene conto anche delle differenze tra paesi a livello di risorse naturali, caratteristiche fisiche e geografia: ad esempio per i paesi senza sbocco sul mare la pesca e la sostenibilità marina sono irrilevanti, oppure i paesi desertici e quelli con vaste foreste non sono paragonabili per l’indicatore relativo alla copertura arborea. EPI stabilisce che - nel calcolo del punteggio di un paese - un indicatore viene incluso solo se è rilevante in quel dato paese: nei casi di esclusione saranno allora altri indicatori della stessa categoria o di altre categorie a ricevere proporzionalmente maggiore peso nel calcolo del punteggio.
Indicatori
I principali risultati dell'edizione 2016 dell'Indice di sostenibilità ambientale
  1. Impatti sulla salute: a livello mondiale sono più i decessi che si verificano a causa della scarsa qualità dell'aria (10%) piuttosto che dell'acqua (2%). Lo sviluppo economico porta infatti ad un miglioramento in alcune aree ambientali, ma è anche associato ad un aumento dei rischi per la salute umana: le nazioni che diventano più ricche investono in infrastrutture igienico-sanitarie con conseguente calo di decessi per malattie trasmesse dall'acqua; allo stesso tempo l'aumento della produzione industriale, dell'urbanizzazione e del trasporto motorizzato espone la popolazione a composti atmosferici pericolosi.
  2. Qualità dell'aria: più di 3,5 miliardi di persone - metà della popolazione mondiale - vive in nazioni con livelli di qualità dell'aria non sicuri. Un terzo delle persone esposte alla cattiva qualità dell'aria (1,3 miliardi) vive in Asia orientale e regione del Pacifico; in Cina e Corea del Sud oltre il 50% della loro popolazione è esposta a livelli pericolosi di polveri sottili; in India e Nepal la percentuale è quasi del 75%.
  3. Acqua e servizi igienico-sanitari: il numero di persone che non ha accesso all'acqua pulita è stato quasi dimezzato dal 2000; ad oggi sono 2,4 miliardi le persone che non hanno accesso a servizi igienico-sanitari.
  4. Risorsa idrica: il 23% dei paesi non possiede alcun trattamento delle acque reflue. Più dell'80% delle acque reflue del mondo sono trattate una volta scaricate nell'ambiente.
  5. Agricoltura: solo il 20% dei paesi ha raggiunto gli obiettivi di efficienza d'uso dell'azoto; tale efficienza aumenta direttamente la produttività delle colture riducendo il deflusso dell'azoto e il degrado ambientale associato. L'inquinamento da azoto ha effetti negativi sulla qualità dell'aria e dell'acqua, porta alla riduzione dello strato di ozono e aggrava il cambiamento climatico.
  6. Foreste: nel 2014 sono stati persi 2,52 milioni di km2 di copertura arborea.
  7. Pesca: il 34% degli stock ittici mondiali sono sovrasfruttati o crollati.
  8. Habitat e biodiversità: nel 2014 il 15,4% degli habitat terrestri e l’8,4% di quelli marini sono stati protetti. C'è però un divario di circa il 3% tra la protezione degli habitat terrestri e la tutela degli habitat delle specie: questo vuol dire che le aree protette a livello nazionale non sempre sono associate alla conservazione delle specie.
  9. Clima ed energia: circa un terzo dei paesi giudicati sotto il profilo di questo indicatore sta riducendo la propria intensità di carbonio. I paesi stanno decarbonizzando la loro crescita economica, più di quanto le politiche climatiche stiano avendo un effetto tangibile.
Nella classifica dei 180 paesi, l'Italia risulta al 29° posto con un punteggio di 84.48, perdendo posizioni rispetto al 22° posto del 2014 e l’8° del 2012.
Il nostro Paese ha ottenuto però buoni risultati per quanto riguarda la biodiversità e la protezione di specie animali a rischio (14°) e l'accessibilità all'acqua potabile e i servizi igienici (15esima posizione). Se si parla di pesca arriviamo al 117° posto e al 124° per la qualità dell'aria.
In prima posizione in assoluto la Finlandia, seguita da Islanda, Svezia, Danimarca, Slovenia, Spagna, Portogallo, Estonia, Malta e Francia.

fonte: www.arpat.toscana.it