Lo scorso gennaio è stato pubblicato
l'indice di sostenibilità ambientale per il 2016 nel corso del forum
economico mondiale, con 180 paesi analizzati
L'Indice di sostenibilità ambientale (Environmental Performance Index, EPI) è un metodo per quantificare le prestazioni ambientali di un paese,
assegnando un punteggio sulla base di numerosi indicatori raggruppati
in 9 tematiche, che riguardano principalmente due aree di interesse (la
tutela della salute umana e quella degli ecosistemi):
L'indice - pubblicato per la prima volta nel 2002 - è stato sviluppato dalla Yale University e dalla Columbia University in collaborazione con il Forum Economico Mondiale e con il Centro comune di ricerca della Commissione Europea.
Sulla base dell'indice viene dunque stilata una classifica dei paesi in base alle loro performance negli ambiti sopra indicati; i punteggi vengono assegnati in una scala da 0 a 100, dove 0 è il valore più lontano dal bersaglio/obiettivo di qualità e 100 più vicino.
La fonte dei dati (primari e secondari) utilizzati da EPI sono organizzazioni multilaterali, agenzie governative e collaborazioni accademiche.
L'indice tiene conto anche delle differenze tra paesi a livello di risorse naturali, caratteristiche fisiche e geografia: ad esempio per i paesi senza sbocco sul mare la pesca e la sostenibilità marina sono irrilevanti, oppure i paesi desertici e quelli con vaste foreste non sono paragonabili per l’indicatore relativo alla copertura arborea. EPI stabilisce che - nel calcolo del punteggio di un paese - un indicatore viene incluso solo se è rilevante in quel dato paese: nei casi di esclusione saranno allora altri indicatori della stessa categoria o di altre categorie a ricevere proporzionalmente maggiore peso nel calcolo del punteggio.

I principali risultati dell'edizione 2016 dell'Indice di sostenibilità ambientale
Il nostro Paese ha ottenuto però buoni risultati per quanto riguarda la biodiversità e la protezione di specie animali a rischio (14°) e l'accessibilità all'acqua potabile e i servizi igienici (15esima posizione). Se si parla di pesca arriviamo al 117° posto e al 124° per la qualità dell'aria.
In prima posizione in assoluto la Finlandia, seguita da Islanda, Svezia, Danimarca, Slovenia, Spagna, Portogallo, Estonia, Malta e Francia.
fonte: www.arpat.toscana.it
- Impatti sulla salute (esposizione al rischio ambientale)
- Qualità dell'aria (esposizione media al biossido di azoto e al PM2.5, qualità dell'aria domestica e superamenti del PM2.5)
- Acqua e servizi igienico-sanitari (pericolosità dei servizi igienici, qualità dell'acqua potabile)
- Risorsa idrica (trattamento delle acque reflue)
- Agricoltura (efficienza uso dell'azoto, bilancio azoto)
- Foreste: dal 2000 al 2014 sono stati persi complessivamente 2,52 milioni di km2 di copertura arborea (una media di 180.749 km2 all'anno)
- Pesca (riserve di pesce)
- Habitat e biodiversità (aree protette terrestri e marine, protezione delle specie)
- Clima ed energia (accesso all'elettricità, andamento delle emissioni di CO2 per kWh e andamento dell'intensità di carbonio)
L'indice - pubblicato per la prima volta nel 2002 - è stato sviluppato dalla Yale University e dalla Columbia University in collaborazione con il Forum Economico Mondiale e con il Centro comune di ricerca della Commissione Europea.
Sulla base dell'indice viene dunque stilata una classifica dei paesi in base alle loro performance negli ambiti sopra indicati; i punteggi vengono assegnati in una scala da 0 a 100, dove 0 è il valore più lontano dal bersaglio/obiettivo di qualità e 100 più vicino.
La fonte dei dati (primari e secondari) utilizzati da EPI sono organizzazioni multilaterali, agenzie governative e collaborazioni accademiche.
L'indice tiene conto anche delle differenze tra paesi a livello di risorse naturali, caratteristiche fisiche e geografia: ad esempio per i paesi senza sbocco sul mare la pesca e la sostenibilità marina sono irrilevanti, oppure i paesi desertici e quelli con vaste foreste non sono paragonabili per l’indicatore relativo alla copertura arborea. EPI stabilisce che - nel calcolo del punteggio di un paese - un indicatore viene incluso solo se è rilevante in quel dato paese: nei casi di esclusione saranno allora altri indicatori della stessa categoria o di altre categorie a ricevere proporzionalmente maggiore peso nel calcolo del punteggio.
I principali risultati dell'edizione 2016 dell'Indice di sostenibilità ambientale
- Impatti sulla salute: a livello mondiale sono più i decessi che si verificano a causa della scarsa qualità dell'aria (10%) piuttosto che dell'acqua (2%). Lo sviluppo economico porta infatti ad un miglioramento in alcune aree ambientali, ma è anche associato ad un aumento dei rischi per la salute umana: le nazioni che diventano più ricche investono in infrastrutture igienico-sanitarie con conseguente calo di decessi per malattie trasmesse dall'acqua; allo stesso tempo l'aumento della produzione industriale, dell'urbanizzazione e del trasporto motorizzato espone la popolazione a composti atmosferici pericolosi.
- Qualità dell'aria: più di 3,5 miliardi di persone - metà della popolazione mondiale - vive in nazioni con livelli di qualità dell'aria non sicuri. Un terzo delle persone esposte alla cattiva qualità dell'aria (1,3 miliardi) vive in Asia orientale e regione del Pacifico; in Cina e Corea del Sud oltre il 50% della loro popolazione è esposta a livelli pericolosi di polveri sottili; in India e Nepal la percentuale è quasi del 75%.
- Acqua e servizi igienico-sanitari: il numero di persone che non ha accesso all'acqua pulita è stato quasi dimezzato dal 2000; ad oggi sono 2,4 miliardi le persone che non hanno accesso a servizi igienico-sanitari.
- Risorsa idrica: il 23% dei paesi non possiede alcun trattamento delle acque reflue. Più dell'80% delle acque reflue del mondo sono trattate una volta scaricate nell'ambiente.
- Agricoltura: solo il 20% dei paesi ha raggiunto gli obiettivi di efficienza d'uso dell'azoto; tale efficienza aumenta direttamente la produttività delle colture riducendo il deflusso dell'azoto e il degrado ambientale associato. L'inquinamento da azoto ha effetti negativi sulla qualità dell'aria e dell'acqua, porta alla riduzione dello strato di ozono e aggrava il cambiamento climatico.
- Foreste: nel 2014 sono stati persi 2,52 milioni di km2 di copertura arborea.
- Pesca: il 34% degli stock ittici mondiali sono sovrasfruttati o crollati.
- Habitat e biodiversità: nel 2014 il 15,4% degli habitat terrestri e l’8,4% di quelli marini sono stati protetti. C'è però un divario di circa il 3% tra la protezione degli habitat terrestri e la tutela degli habitat delle specie: questo vuol dire che le aree protette a livello nazionale non sempre sono associate alla conservazione delle specie.
- Clima ed energia: circa un terzo dei paesi giudicati sotto il profilo di questo indicatore sta riducendo la propria intensità di carbonio. I paesi stanno decarbonizzando la loro crescita economica, più di quanto le politiche climatiche stiano avendo un effetto tangibile.
Il nostro Paese ha ottenuto però buoni risultati per quanto riguarda la biodiversità e la protezione di specie animali a rischio (14°) e l'accessibilità all'acqua potabile e i servizi igienici (15esima posizione). Se si parla di pesca arriviamo al 117° posto e al 124° per la qualità dell'aria.
In prima posizione in assoluto la Finlandia, seguita da Islanda, Svezia, Danimarca, Slovenia, Spagna, Portogallo, Estonia, Malta e Francia.
fonte: www.arpat.toscana.it