Alla luce della molteplicità di fonti sia naturali che antropiche e, di conseguenza, dell’ampio ventaglio di utilizzi (due su tutti, l’attività mineraria e la composizione dell’amalgama dentale), il mercurio è praticamente diffuso in tutto il mondo, finendo, tuttavia, per porre seri problemi di carattere sanitario e ambientale. Tante sono, infatti, le patologie legate all’esposizione e all’ingestione del mercurio e relativi composti, con complicazioni gravissime per cervello, polmoni, reni e sistema immunitario, che spesso portano al decesso; tra queste, la malattia di Minamata prende il nome da una città giapponese che, a seguito un episodio di inquinamento persistente occorso a metà degli anni ’50 (rilascio di metilmercurio di fonte industriale nelle acqua della baia antistante la città), negli anni a seguire ha contato oltre 2.000 vittime umane e un numero incalcolabile di animali (di allevamento e selvatici) deceduti.
Sulla scorta di questo gravissimo episodio, nel 2013, dopo 4 anni di lavori preparatori sotto la direzione del programma delle nazioni unite per l’ambiente (UNEP – United Nations Environment Programme), è stata firmata da oltre 90 paesi (tra cui l’Italia) una convenzione, che ha preso proprio il nome di Convenzione di Minamata, finalizzata a tutelare proteggere l’uomo e l’ambiente dall’impatto negativo del mercurio. Tra i punti principali del documento, il divieto all’apertura di nuove miniere e un limite massimo di 15 anni dalla ratifica della Convenzione per quelle esistenti, severi limiti al commercio internazionale, la graduale dismissione di prodotti (termometri, lampade a fluorescenza) e processi (estrazione del carbone e dell’oro) che prevedono l’utilizzo di mercurio e composti e nuove regole per la gestione in sicurezza dei rifiuti contenenti questo elemento.
A livello comunitario, esiste un consolidato corpus legislativo in materia – del quale il regolamento (CE) n. 1102/2008 costituisce il “capofila” – che recepisce e attua le disposizioni della Convenzione, anche se non integralmente. Mentre, infatti, gli obblighi sul divieto di esportazione e sull’inquadramento come “rifiuto” e il conseguente stoccaggio per determinate forme possono considerarsi assolti, altri punti quali l’importazione e determinati processi produttivi che contemplano l’uso di mercurio, secondo una rilevazione della stessa Unione europea, restano ancora disallineati dal protocollo internazionale. Per colmare questo gap, a febbraio di quest’anno è stata formulata una proposta di un nuovo regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sul mercurio, abrogativo dell’attuale regolamento (CE) n. 1102/2008, la cui entrata in vigore è prevista a partire dal 1° gennaio 2018.
In conclusione, l’applicazione della convenzione di Minamata a un numero sempre maggiore di paesi dovrebbe garantire una sensibile diminuzione del livello complessivo di contaminazione da mercurio nei terreni, nelle falde acquifere e persino in atmosfera, vista l’elevata mobilità delle emissioni; requisito indispensabile è la volontà, da parte degli stati che hanno aderito alla Convenzione, di adottare le migliori tecniche disponibili ai fini di ridurre le emissioni dei grandi impianti industriali, oltre a tutto quanto espressamente previsto dal documento internazionale.
fonte: http://nonsoloambiente.it