I
liquidi fuoriusciti hanno un livello di radioattività di 590mila
becquerel: ha ceduto una delle cisterne di stoccaggio che – come le
altre – è tenuta insieme da semplici bulloni
Nuova perdita di acqua radioattiva dal reattore numero 1 della centrale nucleare di Fukushima, e questa volta la colpa è di un bullone. La fuoriuscita si è verificata ieri,
quando 32 litri di liquidi contaminati sono filtrati fuori da una delle
cisterne di stoccaggio. L’incidente quindi non riguarda, come spesso è
accaduto in passato, il reattore in sé. Riguarda invece quella che
doveva essere una delle soluzioni al problema, cioè quei contenitori al
cui interno vengono sversate le acque contaminate provenienti dal
reattore, proprio per evitare che si disperdano nell’ambiente.
Come è potuto accadere? A quanto pare, la Tokyo Electric Power Co. (Tepco) responsabile dell’impianto nucleare continua a usare cisterne imbullonate, meno sicure di quelle a pareti saldate
perché possono per l’appunto dar luogo a fuoriuscite come quella
avvenuta ieri. Il motivo di questa scelta rende bene l’idea dell’entità
della catastrofe ambientale
che è avvenuta a Fukushima e che è tutt’ora in corso, anche se lontano
dai riflettori. Infatti la Tepco sceglie cisterne imbullonate – più
semplici e veloci da assemblare – per il semplice fatto che non c’è il
tempo materiale di produrre abbastanza cisterne saldate: non saprebbe
dove stoccare l’acqua contaminata. I liquidi contaminati usciti dalla
cisterna hanno un livello di radioattività pari a 590mila becquerel al litro e consistono principalmente in acqua già trattata per la rimozione di stronzio e altre sostanze nocive.
È solo l’ultimo di una lunga serie di incidenti avvenuti a Fukushima in questi ultimi anni. Il più recente aveva riguardato il noto muro di ghiaccio,
ovvero quella barriera protettiva fortemente voluta da Tepco che
avrebbe dovuto impedire alle acque contaminate del reattore di filtrare
nel terreno e unirsi alla falda, o di arrivare direttamente in mare.
Precauzione inutile, visto che all’inizio di settembre è bastato un
tifone per aprire le prime crepe nella barriera ghiacciata.
Le operazioni di decommissioning restano
quindi in alto mare, nonostante i quasi 5 miliardi di dollari già spesi
dal governo giapponese e le continue rassicurazioni della Tepco. Oggi,
la radiazione presso l’impianto di Fukushima è ancora 35 volte superiore
ai limiti annui. Più di 8 mila lavoratori operano presso
l’impianto, per rimuovere detriti, costruire serbatoi, posare tubazioni e
smontare parti della centrale. Gran parte del lavoro risiede nel
pompaggio costante dell’acqua di un torrente nei reattori distrutti e
altamente irradiati, per raffreddarli. L’acqua contaminata viene poi
pompata fuori dall’impianto e stoccata in cisterne come quella da cui
proviene la fuoriuscita di ieri, che continuano ad aumentare intorno a
Fukushima.
fonte: www.rinnovabili.it