La campagna Meno rifiuti più risorse partecipa alla SERR per ricordare
alla aziende che prevenzione fa rima con ecoinnovazione e perché è
necessario fare bene da subito (con l’ecodesign) invece che limitare i
danni con interventi a posteriori
Non poteva mancare Meno Rifiuti più risorse in 10 mosse alla Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti -SERR quest’anno
dedicata alla prevenzione e riduzione dell’impatto ambientale degli
imballaggi. Dal 2012 l’iniziativa presidia il tema con particolare
riguardo al ruolo giocato dal mondo industriale perché la
prevenzione del rifiuto dipende in larga misura dalle scelte progettuali
applicate ai prodotti che le aziende immettono al commercio. C’è stato,
dal momento del lancio, un continuo coinvolgimento anche dei cittadini,
che hanno espresso sostegno alla campagna firmando la petizione abbinata che ora viaggia verso le 4000 firme. Tra i commenti arrivati dai firmatari è prevalsa la richiesta di poter compiere scelte di acquisto più sostenibili “sotto casa”,
senza dover stravolgere la propria routine. Un’offerta di prodotti e
opzioni di acquisto sostenibili è una leva imprescindibile per poter
passare dal dire al fare. La partecipazione alla SERR sarà l’occasione
per il rilancio di una nuova fase di sensibilizzazione per le aziende
utilizzatrici di packaging tramite l’invio di comunicazioni
personalizzate.
L’iniziativa è quanto mai
attuale perché diventa sempre più evidente che la crisi ambientale e
climatica può essere affrontata solamente se industria, governi e cittadini collaboreranno,
ognuno nel proprio ruolo, per cambiare il modello economico attuale che
ne è la principale causa. E’ necessario fare bene da subito (con
l’ecodesign) invece che ridurre il danno a posteriori.
Ecco perché la prima mossa chiede alla aziende produttrici di ridisegnare i prodotti (e cicli produttivi) in un’ottica di economia circolare.
Dando cioè vita a prodotti che siano efficienti nell’uso delle risorse,
non diventino rifiuti dopo un solo utilizzo e che, una volta arrivati
alla fine del loro ciclo di vita, le risorse che essi contengono possano
essere immesse in successivi cicli economici creando ulteriore valore.
Purtroppo,
nonostante dal 2012 si sia registrata nell’opinione pubblica, nei media
e nel mondo aziendale un’accresciuta sensibilità ambientale, non si può
dire che ci sia stato un aumento dell’offerta di prodotti e servizi
sostenibili.
In coerenza con la gerarchia europea di gestione
rifiuti l’iniziativa si spenderà in una nuova fase di sensibilizzazione e
promozione del riutilizzo che, dopo la prevenzione del rifiuto
attraverso la progettazione ecocompatibile, rappresenta la misura più
efficace per ridurre drasticamente l’impatto ambientale degli imballaggi
e altri beni.
“A questo proposito”- spiega Silvia Ricci
responsabile campagne dell’Associazione Comuni Virtuosi – “ci avvaleremo
della collaborazione di stakeholders con cui condividiamo l’obiettivo
del riutilizzo, a cominciare dal consorzio EURepack, nostro nuovo partner tecnico. Sia nel settore business to consumer con gli imballaggi primari, che nel business to business dove
opera EURepack per gli imballaggi secondari e terziari, è possibile
convertire al riutilizzo importanti quote di imballaggi a perdere” .
Il
riuso dei contenitori, come avveniva con il vuoto a rendere per il
vetro, è un’importante opzione che, secondo la campagna dei Comuni
Virtuosi, andrebbe reintrodotta perché il riuso è una componente della
prevenzione del packaging. Il riuso è necessario per controbilanciare il
trend di crescita degli imballaggi dovuto a due fattori: una maggiore
quantità di prodotti imballati immessi al commercio; una riduzione delle
dosi e porzioni – per limitare gli sprechi alimentari- che si traduce
in più imballaggio per unità di packaging.
Il deposito su cauzione ,
come fa sapere l’Associazione sul suo sito, si sta affermando, nella
teoria e nella pratica, come un sistema valido sotto il profilo
costi/benefici. Viene a questo proposito citato uno studio recente
condotto dalla piattaforma europea Reloop in cui sono stati analizzati 20 studi sull’impatto economico
e la fattibilità del cauzionamento. Un caso recente che confermerebbe
le conclusioni dello studio è quello della Lituania dove i produttori hanno preferito introdurre un deposito su cauzione da
loro gestito, piuttosto che pagare alle municipalità le spese di
raccolta dei contenitori a fine vita, secondo il principio dell’EPR
(Responsabilità Estesa del Produttore). Affidare all’industria la
gestione della raccolta degli imballaggi e la loro valorizzazione
economica a fine vita potrebbe rappresentare, sempre secondo
l’Associazione, la scelta vincente per ottenere un mercato degli
imballaggi più circolare anche in Italia.
“Esiste una
relazione tra il deposito su cauzione, il riutilizzo dei contenitori e
l’economia circolare applicata alla gestione degli imballaggi” -continua
Silvia Ricci- “L’introduzione del deposito su cauzione degli
imballaggi monouso garantisce ritorni economici ed ambientali
importanti diretti e indiretti . Rende possibile il ritorno quasi totale
di materiale di qualità rispetto dell’immesso al commercio, sottrae
all’ambiente e ai cestini stradali un 40% dei rifiuti totali costituiti
da imballaggi di bevande, riduce le spese di gestione rifiuti dei
Comuni, ma non solo. Come suggeriscono studi europei se in abbinamento
al cauzionamento si applicassero dei contributi ambientali per la
gestione del fine vita degli imballaggi a perdere e si stabilissero
degli obiettivi di riutilizzo per l’industria del beverage, si potrebbe
arrestare il declino del sistema refill e ampliare la quota di
imballaggi che vengono riutilizzati più volte. Se consideriamo
che i modelli di business circolari sono essenzialmente locali si aprono
nuove possibilità di adozione del sistema refill dei contenitori per
aziende che hanno una distribuzione diretta al consumatore finale
(famiglia o esercizio commerciale che sia)”.
Anche secondo l’Osservatorio dell’Associazione sul riciclo degli imballaggi è in atto un crescente processo di ingegnerizzazione dei materiali a
discapito della riciclabilità. Aumenta di fatto l’impiego di prodotti
multilayer costituiti da materiali eterogenei tra loro, così come di
etichette coprenti e altri accessori dell’imballo difficilmente
separabili come i tappi. Per non parlare di additivi opacizzanti e
coloranti, che hanno contribuito a far raddoppiare i costi di produzione
del riciclato in PET rispetto a 10 anni fa.
L’azienda campana Erreplast per
tornare alle rese di 15 anni fa, prima che queste etichette invadessero
il mercato, ha dovuto investire 1,5 milioni di euro in una linea per
eliminarle all’inizio del ciclo. Uno studio USA ha quantificato in 2/4 centesimi
di dollaro i maggiori costi di gestione per il riciclo di bottiglie con
sleeves per ogni 500 grammi di prodotto lavorato.
“Un esempio di nudge (o spinta gentile) che dovrebbe essere immediatamente accolto in Italia -continua Silvia Ricci- arriva
dal gigante del retail Walmart che si è impegnato per arrivare
all’obiettivo zero waste per tutti i prodotti commercializzati che si
estende dalla loro fase di produzione/coltivazione alla fase del fine
vita. In collaborazione con l’associazione dei riciclatori americani APR
( Association of Plastic Recyclers) ha lanciato recentemente The Sustainable Packaging Playbook un
documento di 20 pagine indirizzato ai suoi fornitori contenente le
linee guida per l’ecodesign del packaging. La sostenibilità del
packaging è uno dei parametri delWalmart Sustainability Index che ha l’adesione di oltre 3000 fornitori dell’insegna che possono così contare sul70% del volume di acquisti totale del retailer a loro riservato“.
fonte: www.ecodallecitta.it