Studi confermano che il deposito su cauzione è vantaggioso per i Comuni























Mentre sempre più paesi considerano il deposito su cauzione applicato ai contenitori di bevande il mezzo più efficace per ridurre i rifiuti nell’ambiente e aumentare i tassi di riciclo, ci si interroga sempre più frequentemente, e in diversi paesi, sull’impatto che il sistema avrebbe sui Comuni che hanno in essere un programma di raccolta differenziata. Il principale argomento addotto dagli oppositori del sistema è che il cauzionamento danneggi i Comuni. Vuoi perché li si priva delle risorse che derivano dalla vendita dei materiali, vuoi per la mancata corresponsione del contributo finanziario che l’industria utilizzatrice di packaging versa ai Comuni per sostenere la raccolta del packaging a fine vita, in osservanza del principio della responsabilità estesa del produttore EPR.
Tuttavia, uno degli elementi chiave mancanti nella maggior parte degli studi internazionali che hanno valutato l’impatto economico di una possibile introduzione del deposito su cauzione,  è proprio il risparmio derivante dai costi di raccolta, trattamento e smaltimento ridotti, o evitati, al sistema di gestione dei rifiuti urbani per questa tipologia di contenitori. Si parla di costi evitati per i Comuni perchè i contenitori di bevande soggetti al cauzionamento hanno un proprio circuito di consegna per lo più costituito, al giorno d’oggi, da macchine di reverse vending (RVM) posizionate presso i supermercati, che erogano per ogni imballaggio conferito, un buono corrispondente al deposito su cauzione in vigore. Tali studi sono infatti per lo più focalizzati sulla determinazione dei costi complessivi del sistema: costo delle RVM, costo della forza lavoro necessaria nei punti vendita della distribuzione organizzata, stima del valore economico degli spazi da destinare alle macchine o come deposito imballaggi, costo della struttura centrale che deve gestire il sistema e relative  risorse umane necessarie, costo dei trasporti, e via dicendo. Per calcolare i risparmi per i Comuni serve partire da una serie di dati come  le quantità dei contenitori immessi nel mercato e le quantità che vengono e non vengono intercettati dalle raccolte domiciliari (o di altro tipo) esistenti nei singoli paesi. La percentuale dei rifiuti da imballaggio ascrivibili ai contenitori per bevande nel rifiuto urbano viene stimata, nella maggioranza degli studi internazionali, intorno al 35/40% in peso. Ad esempio nelle Fiandre delle 7.500 tonnellate di rifiuti conferiti nei cestini o buttati nell’ambiente, che hanno generato nel 2013 un costo di oltre 60 milioni di euro per i Comuni, il 40% era costituito da bottiglie e lattine. Guardando invece al volume, che è un’altra variabile che influenza i costi delle raccolte, le lattine e le bottiglie di plastica  costituiscono il 30% del volume dei rifiuti abbandonati nei Paesi Bassi dove i contenitori di bevande in genere determinano il 50% del volume totale dei rifiuti.
Pertanto se questi contenitori rappresentano una fonte di entrate per i Comuni (per la percentuale che viene intercettata dalla raccolta differenziata) bisogna però considerare il bilancio completo tra entrate e uscite correlate ad una loro competa gestione. Non tutti i compliance scheme europei (in Italia i Consorzi Conai) coprono totalmente o parzialmente i costi di raccolta e selezione e garantiscono in aggiunta  ai Comuni le entrate derivanti dalla vendita dei materiali. Nel bilancio vanno considerati e quantificati quei costi che i Comuni spendono per la pulizia del territorio tra svuotamento dei cestini e rimozione del littering (per la quota riferibile ai contenitori), ma anche le spese di smaltimento di questi imballaggi che non vanno a riciclo ma ad incenerimento o discarica. Totalmente assenti dagli studi sono inoltre i costi ambientali e sanitari di una mancata gestione circolare di questi imballaggi difficilmente stimabili per singole aree territoriale che, specialmente per la plastica, sono ormai fuori controllo. L’incenerimento delle plastiche, ad esempio produce emissioni di diossine e l’inquinamento da plastica dei mari, gravissimo nel mediterraneo, ha conseguenze importanti sia a livello ambientale che sulla nostra salute quando mangiamo i prodotti del mare. Poi ci sono i costi economici, ben fotografati a livello globale dal rapporto della Ellen McArthur Foundation: The New Plastics economy (1) al quale abbiamo dedicato tre approfondimenti. Un dato eclatante fra i tanti del report è quello che il 95% del valore economico del packaging in plastica si perde in un solo utilizzo.











IL CAUZIONAMENTO APPORTA IMPORTANTI RISPARMI AI COMUNI
Reloop * ha recentemente prodotto uno studio che analizza l’impatto economico in termini di risparmio di costi per i Comuni che possono derivare dall’introduzione di un sistema di cauzionamento. Si tratta di una ricerca che analizzato sotto questo aspetto 20 studi internazionali realizzati in paesi diversi per determinare l’impatto economico di un tali sistemi.
La tabella scaricabile a questo link evidenzia che, anche se gli studi esaminati differivano in termini di portata, paese di attuazione, autori e anno di pubblicazione, tutti hanno stimato notevoli risparmi netti sui costi prima citati per la stragrande maggioranza dei Comuni.
Nella sola Scozia, la ricerca commissionata dal Governo ha calcolato che l’introduzione del cauzionamento comporterebbe un risparmio netto annuo di 13 milioni di sterline per i suoi 32 enti locali.
Ogni sistema di cauzionamento richiede ovviamento un’adozione tarata e progettata sulla base delle caratteristiche del paese dove viene introdotta. Nonostante l’industria del beverage con la Coca Cola in testa sia una forte oppositrice del cauzionamento (e altre legislazioni) e abbia cercato con tutti i mezzi, anche in Olanda, di eliminare il parziale sistema esistente, non tutto il mondo industriale del beverage è contro.
Un ruolo determinante per ottenere la collaborazione delle aziende è l’applicazione di sistemi di EPR che mettano in capo degli utilizzatori di imballaggi tutti i costi del fine vita dei propri beni/imballaggi immessi al commercio. Come dimostra il recente caso della Lituania, un paese relativamente piccolo nella parte settentrionale dell’Europa, si possono avere delle sorprese inaspettate. In Lituania l’industria delle bevande ha lanciato nel febbraio del 2016 un sistema da loro gestito dove viene applicata una cauzione di 10 cent di euro a quasi tutte le bevande. Il mondo dei produttori di birra e acqua in bottiglia ha preferito adottare questa soluzione per aumentare i tassi di raccolta e riciclo e come alternativa di finanziamento del precedente sistema di ERP che forniva prestazioni ritenute mediocri.
Anche le insegne della Grande Distribuzione che si sono dotate di moderne macchine di reverse vending come il gruppo LIDL o ALDI sono tutt’altro che contrarie al deposito su cauzione perchè il sistema garantisce dei guadagni che ripagano le insegne sia dagli investimenti che devono essere fatti come l’acquisizione delle RVM, che dei costi di gestione riferiti alle attività a loro carico. Per dare un idea semplificando al massimo la maggior parte dei sistemi adottati in Europa funziona così: il cauzionamento viene incluso nel prezzo della bevanda, i supermercati rendono ai clienti attraverso dei buoni scontabili sulla spesa l’intero importo del cauzionamento, i supermercati consegnano gli imballaggi ai riciclatori e ricevendo un corrispettivo economico e, infine attraverso un sistema contabile gestito da un ente centrale ricevono sia l’importo della cauzione che un corrispettivo economico per l’attività svolta. Il contributo che gli utilizzatori di imballaggi pagano alla centrale genera delle entrate milionarie di cui beneficiano solo i supermercati. Anche la percentuale dei contributi relativi ai contenitori che non vengono resi al sistema, poichè dispersi o confluiti nelle raccolte differenziate comunali, vengono suddivise tra i supermercati. L’amministratore centrale è garante della correttezza dei conteggi e del fatto che i supermercati, ad esempio, non prendano indietro più bottiglie di quello che vendono a discapito di altri supermercati.
Le bottiglie o lattine di deposito non essere consegnati puro profitto per i supermercati (non per i produttori di bevande). Al tasso di drop-off del 90% per flejses o lattine meritano supermercati così oltre il 95%. Si tratta di molti milioni. 10% bottiglie non restituiti fornisce supermercati nelle Fiandre tra i 38 milioni di euro (scenario 4) e 73 milioni in su (scenario 1). Se il tasso di drop-off è del 95%, dimezzare il reddito. Si veda anche la tabella a pagina 28 della valutazione d’impatto.
Anche per l’Italia l’applicazione del deposito su cauzione per le bevande porterebbe ingenti risparmi per i Comuni dal momento che il sistema attualmente in vigore che si basa sulla responsabilità condivisa (con i Consorzi Conai) ha determinato che l’80% dei costi necessari per sostenere la raccolta differenziata degli imballaggi sia a carico dei Comuni e quindi dei cittadini attraverso le bollette dei rifiuti.
*Post parzialmente tratto da materiali presenti sul sito di Reloop , un network composto da soggetti industriali, governativi e ONG per promuovere politiche che favoriscano l’applicazione di modelli economici circolari in Europa.

fonte: http://comunivirtuosi.org