L’imballaggio del futuro non può che essere riutilizzabile


















Mentre i rifiuti da imballaggio continuano ad aumentare, complice un aumento dei cibi confezionati tra piatti pronti, prodotti di quarta gamma e confezioni sempre più piccole,  non appare all’orizzonte alcun piano di prevenzione che fissi obiettivi stringenti di riduzione, riuso e riciclabilità per il packaging.
Come forse non tutti sanno non esiste in Italia un sistema di leve fiscali che incentivi le aziende utilizzatrici di packaging a scegliere imballaggi facilmente riciclabili, o realizzati con materia prima seconda o, ancor meglio, riutilizzabili. Pertanto spesso accade, e non solamente in Italia,  che  siano esclusivamente le ragioni del marketing ad avere la meglio quando si tratta di progettare un nuovo imballaggio.
Tuttavia l’aggravarsi di problemi ambientali come l’inquinamento diffuso, il riscaldamento climatico e la scarsità di risorse naturali, solamente per citarne qualcuno, rende più urgente che mai l’abbandono dell’attuale sistema economico lineare a favore di un sistema economico circolare e rigenerativo. Il riuso dei materiali, oltre ad essere una componente essenziale delle politiche ambientali europee sull’efficienza delle risorse e del pacchetto per l’economia circolare,  è oggetto di iniziative pubbliche e di nuovi (o rivisitati) modelli di business perché offre nuove efficienze operative e scenari di crescita economica. Sono diversi gli studi usciti negli ultimi anni che hanno stimato il potenziale economico che può derivare da un’applicazione di modelli economici circolari e un impulso importante è stato dato, in particolare dagli studi pubblicati dalla Ellen McArthur Foundation in collaborazione con il McKinsey Center for Business and Environment.
Quale opzione di imballaggio può maggiormente rispondere ai criteri di circolarità garantendo un allungamento del ciclo di vita, un uso efficiente delle risorse attraverso una drastica diminuzione del consumo di materie prime, se non l’imballaggio riutilizzabile?.
Perchè non mettere quindi  a regime su larga scala, e incentivare attraverso leve fiscali, alcune delle esperienze di riutilizzo già messe in pratica da alcune aziende con ottimi risultati, e nonostante le barriere esistenti?.
L’industria del packaging riutilizzabile contribuisce alla costruzione di modelli di economia circolare che spingono ad una collaborazione proficua tutti gli attori della supply chain. Attraverso il riuso vengono mantenute più a lungo nel tempo  le prestazioni e il valore economico del packaging, si riducono i costi di approvvigionamento di nuovo materiale e si evita che gli imballaggi diventino rifiuti dopo un solo utilizzo.
Reloop ha pubblicato lo studio The Business Case for Reusable Packaging che analizza alcuni casi di successo internazionali del settore B2B che può essere scaricato qui.
La diffusione dell’imballaggio riutilizzabile, in Italia, è oggi particolarmente concentrata nel settore B2B (Business to Business) tra secondari e terziari: dalla cassetta in plastica per l’ortofrutta, all’interfalda per il trasporto delle bottiglie, ai pallet.
Per quanto riguarda il settore ortofrutta il 50% delle movimentazioni di merci nel settore della Grande Distribuzione avviene in cassette di plastica riutilizzabili quando, secondo il nostro partner tecnico EURepack si potrebbe facilmente arrivare ad una copertura del 75% interessando anche altri settori merceologici del fresco oltre all’ortofrutta. Un progetto importante per portare il sistema delle cassette ortofrutta riutilizzabili anche nei mercati rionali è in avanzata fase di sperimentazione a Torino.
Qualora ci fosse la volontà politica e aziendale, l’imballaggio riutilizzabile potrebbe conquistare nuove e importanti quote di mercato anche nel settore business to consumer (B2C). Abbiamo recentemente raccontato del progetto berlinese Tiffin Project, che prevede l’acquisto di cibo da asporto in un contenitore a rendere e delle condizioni che renderebbero possibile un ritorno del vuoto a rendere per latte e bevande. Persino per un settore come quello del commercio online, che poteva sembrare un contesto di difficile adozione per un sistema riutilizzabile, è attivo dal 2011 in Finlandia un progetto che ha dimostrato di poter essere implementato ovunque.
REPACK L’IMBALLAGGIO RIUTILIZZABILE PER L’E-COMMERCE
Per affrontare anche in questo segmento l’aumento del packaging una start up finlandese ha lanciato nel 2011 Repack un sistema che rende possibile ricevere merce ordinata online confezionata con un imballaggio riutilizzabile. Le aziende che aderiscono al sistema sviluppano con RePack la tipologia e i formati più adatti alle merci che vengono vendute. Al cliente che richiede un imballaggio riutilizzabile viene addebitato un piccolo importo/cauzione. Una volta che il cliente riceve l’ordine per ottenere l’accredito della cauzione deve rispedire l’imballaggio imbucandolo in una buca delle lettere senza nulla pagare (vedi video). Al momento la percentuale di restituzione delle confezioni arriva al 95%.
Gli acquisti effettuati con RePack vengono incentivati con un buono sconto che può essere speso presso le 21 aziende di E-commerce che hanno aderito alla piattaforma.
Gli imballaggi di RePack sono realizzati con materiale riciclato, e possono essere riusati almeno 20 volte. Uno studio LCA scaricabile dal sito ha stimato che l’impronta ecologica degli imballaggi riutilizzabili di RePack è del 50% inferiore rispetto ad equivalenti versioni monouso.  Anche in Italia dove lo shopping sulla rete è cresciuto e, a sentire l’Istat, ha conquistato un italiano su due, un sistema simile dovrebbe entrare di diritto in un piano di prevenzione rifiuti nazionale insieme all’adozione di imballaggi riutilizzabili in gran parte del comparto B2B. Tali provvedimenti devono avvenire a livello nazionale se davvero si vuole promuovere nuovi modelli di gestione dei rifiuti circolari e incidere sulle emergenze rifiuti di tante città, e a cominciare dalla capitale.











fonte: http://comunivirtuosi.org