Guidato dall'università di Roma l'obiettivo del progetto europeo è
quello di convertire gli scarti organici urbani in bioplastiche, con
applicazioni nei settori dell'imballaggi, dell'elettronica e del
risanamento ambientale
Sarà l'Universita Sapienza di Roma, attraverso il suo Centro Interdipartimentale CIABC, a guidare il Progetto europeo RES URBIS
(REsources from URban Bio-Waste). Si tratta di un programma di ricerca e
innovazione finalizzato a sviluppare una filiera tecnologica innovativa
per la valorizzazione integrata dei diversi scarti organici di origine urbana (quali i rifiuti municipali e i fanghi di depurazione delle acque reflue municipali).
L'obiettivo principale è quello di convertire queste tipologie di scarti urbani in bioplastiche,
con applicazioni nei settori dell'imballaggio (film biodegradabili e
compositi), della produzione di beni di consumo durevole (quali ad
esempio i telai di computer, tablet e telefoni) e del risanamento
ambientale (quali materiali a rilascio controllato per la bonifica di
falde sotterranee contaminate).
Il progetto, finanziato per 3 anni e con circa 3 milioni di euro dalla Comunità europea nell'ambito del programma Horizon 2020
(call 2016-2017), si inquadra nelle azioni di ricerca e sviluppo
specificamente finalizzate a promuovere l'Economia circolare, con il
duplice obiettivo di minimizzare i quantitativi di rifiuti da smaltire
in discarica e di ottenere nuovi prodotti bio- ed eco-compatibili
usando gli stessi scarti come risorse rinnovabili alternative al
petrolio. E' stato presentato mercoledì 25 gennaio alle ore 14 nell'Aula A “S Cannizzaro” del dipartimento di Chimica in Piazzale Aldo Moro 5, Roma
Come sottolineato da Mauro Majone, coordinatore del progetto, “il potenziale impatto applicativo di RES URBIS è molto elevato se si pensa che
più di 300 milioni di europei vivono in aree urbane o metropolitane e
che ognuno di questi abitanti europeo produce in media ogni giorno più
di 100 grammi di sostanza organica di scarto, il cui recupero e
valorizzazione è attualmente piuttosto limitato; sono quindi evidenti le
positive ricadute ambientali, economico e occupazionali che possono
derivare dalla messa a punto di tecnologie innovative che consentano la trasformazione di quest’enorme flusso di materiale organico
in prodotti utili e con effettivo valore di mercato. Allo stesso
tempo, il progetto punta a sviluppare tali tecnologie in modo da
consentirne l’integrazione con la riqualificazione di impianti
tradizionali per la depurazione delle acque e/o il trattamento dei
rifiuti”.
Per conseguire quest’ambizioso obiettivo,
all’iniziativa partecipano 21 partner, che includono università,
imprese, associazioni e amministrazioni pubbliche provenienti da 8 paesi
europei.
fonte: http://www.ecodallecitta.it