Fossa delle Marianne, uno squarcio profondo 11mila metri negli abissi dell’Oceano Pacifico. Uno dei luoghi più inaccessibili al mondo. Ma non il più incontaminato. Tutt’altro. Gli esemplari di piccoli crostacei che vivono sul fondale presentano livelli di contaminazione da sostanze chimiche prodotte dall’uomo 50 volte più alti dei loro simili che abitano i fiumi più inquinati della Cina. Un risultato scioccante, così l’hanno definito senza giri di parole gli scienziati del team che ha condotto la ricerca sull’inquinamento dei mari più profondi, appena pubblicata sulla rivista Nature Ecology and Evolution.
“Pensiamo ancora che le profondità
dell’oceano siano un regno remoto e primordiale, al sicuro dall’impatto
dell’uomo, ma la nostra ricerca mostra che, tristemente, nulla potrebbe
essere più lontano dal vero”, commenta Alan Jamieson dell’università di Newcastle, autore dello studio.
Il suo team ha identificato in particolare due sostanze chimiche di produzione industriale, che sono state in commercio tra gli anni ’30 e gli anni ’70 del secolo scorso. Si tratta dei policlorobifenili (PCB), usati nei trasformatori e nelle vernici, e dei polibromodifenileteri (PBDE), impiegati principalmente nei ritardanti di fiamma. Entrambi fanno parte della categoria degli inquinanti organici persistenti (POPs), che non si degradano nell’ambiente e possono danneggiare gravemente il ciclo riproduttivo degli animali.
I ricercatori spiegano che si
aspettavano di trovare questi inquinanti, proprio a causa della loro
natura persistente, ma che la vera sorpresa è stata rinvenire
concentrazioni così alte. Nel caso dei PCB, ad esempio, i valori sono
uguali a quelli registrati nella baia giapponese di Suruga, un’area
particolarmente nota per l’elevato inquinamento.
Il monitoraggio è stato ripetuto anche nella fossa di Kermadec,
al largo della Nuova Zelanda, con risultati paragonabili. Come nella
fossa delle Marianne, anche in questo caso sono stati prelevati sia
esemplari di diverse specie di crostacei, sia campioni del fondale
marino. Gli agenti inquinanti, hanno rivelato le analisi, erano presenti
ovunque, sia negli animali che nell’ambiente, a prescindere dalla
profondità.
fonte: www.rinnovabili.it