Ispra: «Lo conferiamo in Germania ma ci hanno fatto sapere che presto
non lo accetteranno più». Sul territorio imperano giungla normativa e
mancanza d’impianti
La legge n. 257 del 27 marzo 1992 stabiliva in Italia le Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto,
vietandone la vendita su tutto il suolo nazionale. Le celebrazioni per
il 25esimo compleanno della normativa, nel corso di un convegno
nazionale organizzato alla Camera dal Movimento 5 Stelle,
non sono state però all’insegna dei festeggiamenti: i pentastellati lo
definiscono anzi «un compleanno amaro», per una legge che prevede «la
messa al bando dell’amianto, lo stop alla commercializzazione ma non
includeva obbligo di rimozione. E ancora oggi in Italia ci sono 32
milioni di tonnellate di amianto in Italia» stando alle stime Cnr-Inail,
che arrivano a 40 milioni di tonnellate secondo l’Osservatorio nazionale amianto (Ona). Con conseguente pesanti dal punto di vista della salute pubblica.
Intervenendo in aula è stato proprio il presidente dell’Osservatorio,
Enzo Bonanni, a parlare di «6.000 nuovi casi ogni anno in Italia di
malattie legate all’esposizione a questo materiale: 1.800 di
mesotelioma, 3.600 di tumori al polmone e 600 di asbestosi (fibrosi
polmonare legata all’amianto). Questo senza contare i casi di tumore
alla laringe e alle ovaie, legati spesso all’esposizione».
Un’esposizione che non conosce limiti d’età, considerate le «2400 scuole
con amianto in Italia, come ha raccontato anche il documentario
AsbeSchool (di Stefania Divertito con la regia di Luca Signorelli)
proiettato in anteprima nazionale ieri durante il convegno».
Sono tre le fondamentali mancanze che, a venticinque anni di distanza
dalla legge del 1992, ancora impediscono di rendere effettivo il bando
dell’amianto dall’Italia: l’assenza di una normativa chiara e univoca in
materia, l’assenza dei fondi necessari per le bonifiche, l’assenza
delle discariche necessarie per ospitare l’amianto una volta effettuate
le bonifiche. Tutti elementi affrontai alla Camera con dovizia di
particolari.
«Uno dei principali problemi è che mancano le discariche: a volte i
monitoraggi non vengono effettuati perché poi nasce il problema di dove
poter smaltire l’amianto – ha spiegato Laura D’Aprile, dal ministero
dell’Ambiente – Ci sono regioni che hanno fatto delibere definendosi a
discarica zero e quindi quando faremo la programmazione del conferimento
a livello nazionale ci andremo a scontrare con queste regioni. Qualcosa
poi non ha funzionato nel fondo amianto: infatti sono disponibili 368
mila euro di finanziamenti ma sarà impiegato solo il 6,5% della
disponibilità del fondo nel 2016. C’è scarsa sensibilizzazione, scarsa
informazione, ancora oggi».
Sulle discariche la posizione del ministero dell’Ambiente coincide
con quella dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione
ambientale, che nel suo ultimo rapporto sui rifiuti speciali ha individuato
156mila tonnellate/anno d’amianto esportate fuori dall’Italia,
prevalentemente in Germania. Un percorso ambientalmente ed
economicamente costoso, che tra l’altro sembra farsi sempre più stretto:
«Conferiamo l’amianto in Germania ma – hanno sottolineato dall’Ispra –
ci hanno fatto sapere che presto non lo accetteranno più e non esistono
altre possibilità che creare dei luoghi di conferimento in Italia.
Sarebbe poi auspicabile che i metodo in via di sperimentazione
dell’inertizzazione dell’amianto fossero utilizzati su scala
industriale».
Come si muove il legislatore di fronte a queste crescenti urgenze? Il
convegno parlamentare è stata l’occasione per fare il punto sul Testo
unico sull’amianto, in via di definizione al Senato, grazie
all’intervento del magistrato Bruno Giordano che vi sta lavorando per
conto della Commissione d’inchiesta sugli infortuni del lavoro del
Senato: «Ci sono 240 leggi statali e circa 400 atti normativi regionali
sull’amianto che il testo unico sta cercando di razionalizzare ma che
non potranno essere toccate da legge statale. Una proliferazione
certamente problematica. I numeri del problema sono largamente
sottostimati: basti dire che la Calabria fino al 2014 non aveva alcun
sito con amianto monitorato. E non abbiamo una norma che tuteli la
collettività. Invece l’amianto è un problema di tutela della salute
pubblica non solo dei singoli individui». Un problema che sul territorio
si preferisce rifiutare, senza realizzare gli impianti e le discariche
necessarie per porvi fine una volta per tutte.
fonte: http://www.greenreport.it