Il nuovo documentario dell'ex Vicepresidente Usa si scaglia contro Donald Trump e tenta un bilancio.
Dal 1993 al 2001 Al Gore era stato ‘solo’ il
Vicepresidente degli Stati Uniti d’America almeno fino a quando, dieci
anni fa, il suo nome è diventato sinonimo di denuncia e impegno ambientale grazie all’uscita e alla diffusione internazionale del documentario “Una scomoda verità” vincitore del Premio Oscar di categoria e che lo ha spinto verso il Premio Nobel per la Pace del 2007. E del quale oggi stiamo per scoprire il seguito: “An Inconvenient Sequel: Truth to Power”.
Dal trailer appena distribuito, prevedibilmente, emerge la figura del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump come vero e proprio ‘cattivo’, l’avversario per antonomasia nella guerra contro i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, che si prepara a invadere anche internet con l’hashtag #BeInconvenient e con il ‘claim’: “Climate changes, truth does not”
(ossia ‘Il clima cambia, la verità no’). Uno dei problemi evidenziati
è, infatti, proprio la tendenza negazionista del neo inquilino della
Casa Bianca, che rischia di vanificare i miliardi spesi
nel tentativo di trovare una soluzione anche a causa dell’Energy
Independence firmato dal Presidente che cancella molte delle iniziative
adottate dall’amministrazione Obama sul cambiamento climatico.
A luglio in sala il nuovo documentario di Al Gore
Il film, diretto da Jon Shenk e Bonni Cohen, racconta gli ultimi dieci anni del nostro Pianeta,
tanto per quel che riguarda i risultati ottenuti negli investimenti in
energie rinnovabili quanto per le tanto criticate previsioni negative di
allora poi verificatesi. Ma ce ne accorgeremo a partire dal 28 luglio, quando sarà nelle sale di tutto il mondo
dopo esser stato presentato al Sundance Film Festival dello scorso
gennaio, come accaduto con il precedente nel 2005. Allora il
documentario sollevò grandi polemiche, ma ancor più diede un grande
aiuto alla creazione di una sensibilità ambientale tematica e di
movimenti spontanei che si rivolsero ai governi di tutto il mondo perché
si impegnassero nell’identificare le azioni da compiere per correre ai
ripari.
Oggi, quelle determinazioni e protocolli sembrano non essere
sufficienti, o comunque a rischio, nonostante le maggiori attenzione e
consapevolezza. Anche per questo Gore ha deciso di rimettersi in viaggio, dalla Groenlandia alla Cina, fino alla COP21 di Parigi,
dove 196 paesi hanno firmato il controverso accordo per la riduzione
dei gas serra entro la fine del secolo. E di raccontarlo, per cambiare ancora una volta
– forse l’ultima a nostra disposizione – le cose. Per conquistare
ancora più adepti alla sua ‘Rivoluzione Energetica’, convinto che ci
siano “ancora motivi per essere speranzosi – come ha dichiarato, – le soluzioni alla crisi sono a portata di mano”.
fonte: http://www.lastampa.it