Così com’è il decreto End of Waste
«rappresenterebbe una perdita di credibilità clamorosa per la stessa
scelta politica dell’economia circolare»
L’industria nazionale del riciclo degli pneumatici fuori uso (Pfu)
costituisce di per sé un’attività dagli ampi margini di crescita, utile
al raggiungimento dell’agognato modello di economia circolare. Secondo
quanto emerso a Roma nel corso del convegno “La gestione degli
pneumatici fuori uso tra presente e futuro”, promosso da Unirigom –
Unione recuperatori italiani della gomma aderente a Fise Unire, Unione
imprese del recupero – ogni anno (dati 2015) in Italia si recuperano
quasi 340mila tonnellate di pneumatici fuori uso: che fine fanno?
Meno della metà di queste tonnellate (il 45%) viene avviato a
recupero di materia, da cui si ottiene il 76,3% di granulato di gomma,
il 23,5% di acciaio e lo 0,2% di fibra tessile. Il restante 55% viene
«destinato al recupero energetico, soprattutto presso i cementifici».
Impianti che come noto non hanno l’obbligo di sottostare agli stessi
standard ambientali imposti ai termovalorizzatori: perché dunque
rivolgersi ai cementifici? Una parziale risposta arriva sommando un dato
in più: quasi la metà di quel 55% destinato a recupero energetico
«viene già oggi esportato, essendo ormai saturo il mercato nazionale a
causa dell’insufficienza dei canali di sbocco». In altre parole, mancano
gli impianti.
Di fronte a tale, già precario quadro, le prossime mosse del
legislatore mettono ulteriormente in allarme i riciclatori. Il comparto è
oggi «a un bivio con due normative di settore – evidenziano da Unirigom
– La revisione del Decreto Ministeriale 82/2011 e il Decreto End of
Waste, che presto vedranno la luce e che, soprattutto per quanto
concerne la seconda, generano preoccupazioni per le imprese che in
questo settore hanno fortemente investito negli ultimi anni nella
produzione di innovativi materiali riciclati utilizzati in molteplici
campi. Se il lavoro di revisione del DM 82 da parte del Ministero
dell’Ambiente procede positivamente, le aziende temono che al tavolo
tecnico sul Decreto EoW prevalga una visione restrittiva sull’uso dei
materiali riciclati».
L’impiego di gomma riciclata da Pfu non sembra avere alcuna
controindicazione per la salute umana rispetto all’utilizzo di materiali
vergini, come recentemente ha confermato anche un’analisi presentata al ministero dell’Ambiente,
e anche «le normative di altri Paesi europei vanno in una opposta
direzione di sicurezza nell’utilizzo per le classiche applicazioni come
l’intaso di campi con erba sintetica e i fondi per piste di atletica o
tappeti antitrauma per aree gioco». Eppure non sembra questa la via
intrapresa anche dal legislatore italiano.
«La nostra associazione – dichiara il presidente Unirigom, Andrea
Fluttero – sta monitorando con attenzione gli sviluppi di questa
normativa cercando di scongiurare quello che sarebbe non solo un colpo
durissimo per gli imprenditori del nostro settore, ma che
rappresenterebbe una perdita di credibilità clamorosa per la stessa
scelta politica dell’economia circolare, che privilegia il recupero di
materia rispetto a quello di energia». Non solo dunque non si
avvantaggerebbe la creazione di un mercato di sbocco sufficientemente
ampio per i materiali riciclati – che ad oggi non godono di nessun
incentivo – ma se ne ritarderebbe lo sviluppo.
Senza un’inversione di rotta il decreto End of Waste, anziché
incentivare il riciclo effettivo, produrrebbe infatti paradossalmente
«una drastica riduzione della produzione di “granulo da Pfu” con gravi
ripercussioni sul settore, riduzione dell’occupazione e rischi di
chiusura per inutilizzo di costosi impianti ancora non ammortizzati. In
sostanza – avvertono i riciclatori – sarà il fallimento di anni di
impegno degli operatori di tutta la filiera tesi ad aumentare il
recupero di materia e si avrà un forte aumento del recupero di energia
in impianti esteri, essendo bassissima la dotazione impiantistica per
tale soluzione presente in Italia».
fonte: www.greenreport.it